Una testimonianza forte quella che è stata l’emigrazione dall’Europa verso la terra Argentina nel corso degli ultimi due secoli. Numerosi i reperti che lo testimoniano, le documentazioni scritte, le foto, i filmati ma soprattutto le testimonianze di persone che raccontano le loro storie fatte di momenti tristi e di conquiste, di ricordi e speranze, di sogni e delusioni. Il grande popolo dei migranti, che per secoli ha visto protagonisti gli Europei abbandonare le loro case e una vita che non intravedeva sbocchi in un continente dilaniato da guerre e miseria, affidare all’incerto la loro opportunità di sopravvivenza, sperare in un futuro migliore la loro triste vita. Perché lo facevano? Perché erano poveri e ignoranti, non avevano di che vivere, ma avevano la speranza che forse qualcosa di meglio, oltre oceano, poteva esserci, anche se non sapevano che cosa ci potesse essere e come fossero queste terre lontane ma erano ottimisti perché contavano sulla solidarietà di chi li aveva preceduti.
L’Argentina, a quel tempo alla fine dell’800 una repubblica federale lanciata verso un glorioso futuro, decise di innalzare un grandioso edificio strutturato per dare una prima accoglienza a migliaia di emigranti che arrivavano a ritmo incalzante. Dormitori, sale di attesa, mensa e servizi igienici, informazioni e avviamento alle prime occupazioni, disbrigo delle pratiche doganali … insomma un “centro di accoglienza” degno di questo nome già alla fine del 19° secolo! Anche oggi i migranti vanno verso terre di speranza ma resta alto il dubbio per il loro futuro perché manca lo spirito di accoglienza. L’albergo dell’emigrante a Buenos Aires è una struttura imponente, solida, semplice, essenziale nella sua sobrietà … per i nostri emigranti, che arrivavano in terra argentina, l’accoglienza che ricevevano doveva sembrare agli occhi di chi la riceveva un bagno di umanità di una nazione in pieno sviluppo economico. Entrare nell’albergo dell’emigrante era il primo passo verso un futuro più roseo sognato e anelato, anche se la strada da percorrere non sarebbe stata libera da incognite e difficoltà. Dopo l’accoglienza e l’essersi guardati intorno, bisognava mettere in campo ognuno la propria capacità e, con un po’ di fortuna, cominciare a costruire il proprio futuro, giorno dopo giorno, sapendo che comunque la comunità intorno non era ostile. Non è stato facile ma comunque in tantissimi ce l’hanno fatta. Il museo allestito proprio nella struttura dedicata all’accoglienza appena scesi dalla nave sulla quale si attraversava l’Oceano Atlantico racconta tutto ciò ed è molto visitato. La cosa che colpisce è vedere tanta gente interessata a conoscere e come i giovani genitori, figli e nipoti di emigranti invitavano i loro figli a guardare, ascoltare, capire le storie di chi li aveva preceduti e che, per tanti aspetti, è molto simile a quelle da cui anche loro sono figli.