La cantilenante musica dell’acqua ed il tappeto viola rosato dei ciclamini nei fossati annunzia che siamo a fondovalle con il corso del Calore a far da guida nel gioco a nascondino con la strada che prende la salita. Ed eccola la cittadina, che, ad una svolta, è miraggio di oasi di sogni con il miracolo di case a crinale di collina. È spettacolo da sbrigliare fantasie e scatenare emozioni a poeti e pittori se, nell’autunno/inverno, gioca a nascondino con nuvole leggere a sfrangiare azzurro di cielo o, in primavera/estate, brilla nella gloria del sole a dominio verde della vallata. È conquista ardita a tornanti ariosi che s’aprono ad orizzonti di arabeschi allegri di contrade fresche di boschi e d’acque.
È d’obbligo una sosta a Ponte Rotto con il riso d’argento sul corso ciottoloso, regno di trote per pescatori pazienti. Un vecchio mulino abbandonato potrebbe diventare un ristorante di prestigio a gustare sapori di montagna a specchio d’acqua tersa e chiacchierina. Gorgoglia rumoroso nella gola il fiume che ha raccolto su per i monti le storie di briganti a rifugio di grotte inaccessibili e le preghiere della Santa anacoreta macerata dai digiuni a nuda pietra a conquista di paradiso promesso. È terra di santi e di briganti, di duchi arroganti e di rivoluzionari eroi, questa. E quel Palazzo feudale, che, minaccioso, domina la valle, testimonia di “signori” potenti dai vasti possedimenti. E la Chiesa Collegiata custodisce, con orgoglio di fede, le Sacre Spoglie della Vergine Protettrice, Santa Elena, ostenta un prezioso coro ligneo e vanta sinodi di vescovi dotti, attenti a regolare il governo delle anime. Ed il convento di Sant’Antonio, fresco di intelligente restauro, ripropone tesori d’arte di pittura e architettura nella genealogia dei monaci colti e santi. Ed un teatro bomboniera, dalle linee di tardo rococò contenuto, mostra segni di un passato prestigioso di cultura. Ed il “seggio” nello slargo del centro storico esalta un lungo esercizio alla democrazia rappresentativa e partecipativa nelle amministrazioni locali. E la Chiesa dell’Annunziata è una sorpresa tutta da gustare con mosaici policromi a documento di passaggi di gloriosa civiltà di monachesimo orientale. È la storia nobile dello Stato di Laurino che bussa alle porte della mente e del cuore ed inanella i suoi tasselli ad esaltare un territorio dalle inesauribili sorprese sono le tante bellezze, nascoste o quasi del Parco del Cilento, che si mostra al visitatore non solo nella bellezza e varietà della flora e della fauna, ma anche, e, forse, soprattutto nelle tracce straordinarie del vissuto dell’uomo
E a LAURINO I segni della storia sono visibili in lapidi e monumenti disseminati un po’ dappertutto nel centro storico. Qui esplose con inaudita violenza la rivolta con conseguente repressione legate l’una e l’altra alle sorti della Repubblica Napoletana del 1799. Qui si distinsero per atti di eroismo i rivoluzionari del 1820, 1828 – del 1848 entusiasti ai richiami delle gesta gloriose di Morelli e Silvati, prima, del canonico De Lu, poi, e di Costabile Carducci successivamente quasi per rispondere ad un insopprimibile bisogno di libertà e giustizia sociale. Quante pagine di storia minuta, ma ricca di appassionate ed appassionati testimonianze umane, attende la liberazione dalle polveri degli scaffali delle biblioteche e degli archivi pubblici e privati per attivare ricerche di giovami studiosi ed animare percorsi didattici per scuole di ogni ordine e grado alla conquista orgogliosa della identità di una comunità. E, tanto per fare alcuni esempi, Agostino Magliani, severo negli occhi vivaci testimonia nella mole dei suoi scritti di economista di valore, il contributo di questa terra al governo del nascente Regno d’Italia Così come storia da recuperare ed esaltare reclamano Vincenzo Ippoliti e Girolamo Consulmagno. Insuperati ed insuperabili maestri incisori che trasformarono in arte sublime di cesello informi tronchi strappati, forse, a castagni, ontani e faggi dai monti dove ancora oggi si aggira famelico il lupo o irrompe devastante il cinghiale o canta il picchio nero o plana a caccia di preda lo sparviero o flauta inascoltati messaggi d’amore il passero solitario. Intanto il sole a penetrazione di lieve nuvolaglia accende bagliori su scalinate, logge e balconate di case ben tenute nel rispetto della grazia di un agglomerato in cui è passata la Storia, Bisognerebbe scriverlo, e non è detto che non lo farò, un elogio alla bellezza nei paesi dell’interno, che hanno conservato il gusto dell’eleganza senza supponenza e del bon ton nella semplicità della struttura urbanistica compatta tra dimore gentilizie, chiese monumentali e povere dimore. Sono le stimmate di una grande civiltà e suppongo che il cuore del l’amico Bartolo Scandizzo che mi accompagna in questo viaggio ricco di sorprese verso Il Cervati nel polipaio dei vicoli prima di riprendere la provinciale perso Piaggine, pulsi forte per amore malcelato di infanzia e giovinezza per monti e vallate a rifrangenza di corso del fiume. Ed anche la macchina avanza più spedita tra le campagne a gloria di primavera colorata e profumata.