Domenica 21 gennaio. Ore 4.00 del mattino mettiamo piede in terra Argentina all’aeroporto di Buenos Aires. Si sente tanto calore e colore. La gente intorno lo trasmette con lo sguardo, le parole; si vede dall’abbigliamento; sembra che una parte dell’Italia del sud e della vecchia Europa che ci sia venuta dietro e come noi con la voglia di conoscere ma anche di conferme. Il chiacchierio che si sente è quello di casa nostra: caldo, esplicito, che abbraccia. Tutto intorno in aeroporto c’è vita: è il popolo argentino, figlio della vecchia Europa, quello che ci circonda. Ad attenderci con un grande sorriso Raul e Liliana amici scoperti in Italia e ritrovati compagni in questo viaggio. Non sembra che sono le 4.30 del mattino, quando lasciamo l’aeroporto di Buenos Aires diretti a La Plata. L’alba ci accoglie con i suoi colori rosati sfumati di azzurro. La giornata si presenta subito solare, serena, calda, estiva. Un breve giro turistico nel silenzio mattutino di una domenica come tante di questa città e poi a casa di Raul a gustare una ricca colazione con una squisita torta preparata da Graziella, la sorella. Ore 8.00, siamo a La Plata a casa di Raoul. Tanta armonia intorno e tanta voglia di raccontare. La giornata è calda ma noi, a bordo piscina, stiamo bene tra un tuffo e una chiacchierata in attesa del pranzo. Raul traffica col barbecue, sta preparando la brace per un gustoso arrosto tipico argentino. Intanto, per noi che siamo in attesa, è tutto un ricordare, commentare, programmare e progettare incontri con i nostri connazionali che vivono qui in Argentina, per i prossimi giorni. Il pranzo è pronto. Assaporiamo una specialità a base di polenta, capicollo di maiale alla brace a cottura lenta, verdure saltate, insalata frutta e dolce. Siamo tutti un po’ stanchi e allora, prima di procedere, un piccolo riposino non ce lo toglie nessuno! Il primo giorno abbiamo potuto avere conferma che la scritta posta all’ingresso della città di La Plata che si dichiara pronta ad “abbracciare” chi arriva non è stato scelto a caso!
27 gennaio. La partenza per Montevideo in Uruguay stamattina ci dà una sensazione di vacanza nella vacanza perché dobbiamo attraversare la frontiera e poi una navigazione sul delta del fiume che si è “fatto mare” tanto sono distanti le sponde che separano l’Argentina dall’Uruguay. Levataccia alle 4.00 di mattina, percorso in auto da La Plata a Buenos Aires e poi al porto dove la compagnia Bokebus ci attende per assisterci ed accompagnarci dall’altra parte del Rio de La Plata, dal territorio argentino a quello uruguaiano. Dobbiamo espletare tutte le formalità di rito alla dogana, per poter andare in un’altra nazione ed è un susseguirsi di azioni… ma il fatto di vedere un posto nuovo e di conoscere nuova gente ci entusiasma e ci da la carica. Montevideo, una strana città dove l’antico si scontra col moderno: case nel centro storico cadenti, abbandonate, alti palazzi di nuova costruzione che si alzano verso il cielo sempre un po’ grigio. Sembra una città tranquilla, un po’ assonnata ed anche un po’ vecchia. Montevideo, la città dove, uno zio di Bartolo, Demetrio, è stato in gioventù e che io ho sempre immaginato che fosse una città frenetica, lui ne parlava con entusiasmo e con reverenza.
La nostra camera d’albergo ci da un’ottima visuale sul Rio ma all’orizzonte non si vede, come potremmo immaginare, l’altra sponda sulla quale sorge Buenos Aires. Acqua, tanta acqua, dal colore verdastro sempre leggermente increspata. Due giorni a Montevideo passano velocemente tra passeggiate per le vie del centro e non solo alla scoperta di angoli interessanti e ad incontrare i nostri connazionali che riceviamo nella hall dell’albergo come se fosse il salotto di casa nostra. Sembra di conoscerle da sempre le persone che incontriamo e che ci raccontano le loro vite con trasporto e senza reticenza e soprattutto, amano il paese che li ha accolti tanto temp