Se nel mese di ottobre del 2017 propongo a Gina, mia moglie, di effettuare questo viaggio in Argentina, è perché la lettura dell’“Immigrante sconosciuto”, un libro scritto da Biagio Pingaro (poi diventato Blas) nel quale racconta la sua storia di vita vissuta tra Fonte di Roccadaspide, il Brasile e l’Argentina, mi ha veramente toccato nel profondo. I luoghi descritti da Biagio quando bambino vive tra Seude e Rovitelle, frazioni di Roccadaspide, prima che la strada cominci a salire verso Serra per poi inoltrarsi nella Valle del Calore attraversando il capoluogo, sono da tempo diventati i miei posti. I discendenti della gente dei suoi primi 20 anni, sono diventati familiari alla mia vista. I suoi nipoti o pronipoti sono diventati miei amici e, alcuni dei loro figli, miei alunni nella scuola di Tempa San Paolo. Biagio racconta la sua vita di bambino vissuta tra partenze di fratelli e l’arrivo del padre già migranti nella terra con i fiumi e laghi argentati. Vive la sua vita di bambino tra custode di maiali e qualche libro ricevuto dalle sue due maestre arrivate da Napoli che scorgono il lui un’attitudine allo studio inusuale da intravedere nei figli dei contadini di questi luoghi all’inizio del 1900. Racconta le pene della mamma e i rapporti con il mondo agricolo pastorale che non produce abbastanza per sfamare le innumerevoli bocche che vengono al mondo. Rende evidente le difficoltà che deve superare un ragazzo deciso a darsi una cultura nel divedersi tra la porcilaia disseminata nei querceti e la scuola affollata da bambini scalzi e senza alcuna vista sulla vita futura. Descrive il rapporto con le due maestre che vogliono dargli un’opportunità per sollevarlo dall’ignoranza: la signorina Cesario, che percorre a piedi i 12 Km che separano la frazione di Fonte dal capoluogo dove si tengono gli esami, che riesce a fargli conseguire la licenza che gli consentirebbe di accedere alla scuola secondaria. Mentre la signorina Enzini, la maestra dove Biagio va a “prendere la sua razione quotidiana di conoscenze e spiritualità” lo accompagnerà negli studi fino a quando non decide di seguire le orme del padre, prima, e dei fratelli dopo emigranti in Argentina. Biagio, per ironia della sorte, si trova di fronte ad un bivio: il parroco del paese lo vorrebbe seminarista dai Salesiani e il fato emigrante in Argentina. Aspetta per diverso tempo la lettera di risposta con l’assenso a farlo entrare il seminario a quella inviata dal parroco, Don Lorenzo De Angelis. Intanto lui è già sulla rampa di lancio per andare nell’altro “mondo”. La famiglia, per quanto disillusa, non può opporsi alla “legge” di quel tempo: vita di stenti o tentare la carta dell’emigrazione. Arriva a Napoli qualche giorno prima della partenza ed è ospite a casa della sua maestra Olga Enzini che si fa in quattro a farle visitare la Città, quasi a trattenerlo … Si imbarca sulla Sofia, una nave da guerra riconvertita a nave da trasporto passeggeri per le Americhe. Il viaggio è un misto di speranze e paure ma anche di chiarimenti con se stesso e riscontri positivi alle lezioni di geografia che ricorda alla perfezione. La destinazione di Biagio è il Brasile, dove ha dei parenti che dovrebbero accoglierlo e dargli un primo lavoro. L’accoglienza è degna della aspettative, infatti una suo zia riceve Biagio e i suoi cugini a Santos. Con i cugini, Eugenio e Michele, prendono il treno che lo porteranno a San Paolo, dove risiede sua zia Rachela. Comincia a lavorare nell’azienda di famiglia ma le cose non vanno bene ai suoi cugini e, ben preso, si ritrova senza lavoro. La ricerca di un’occupazione alternativa è infruttuosa, pertanto si decide a raggiungere i suoi due fratelli a Buenos Aires. Si imbarca su una nave proveniente dall’Italia e sbarca nella terra che Biagio benedirà mille volte nella sua vita. I primi tempi rischia di cedere alla disperazione per i troppi insuccessi lavorativi e le tante delusioni dovute ai rapporti con i due fratelli che già vivono in Argentina e dai quali si sarebbe aspettato un aiuto che non sono in grado di assicurargli. Né va bene il rapporto con altri parenti che hanno già piccole attività avviate. Tra una prova e un’altra impara il mestiere di comporre mosaici di ceramica. All’arrivo di un suo terzo fratello dall’Italia decidono di mettersi in società. Comprano un terreno e costruiscono un locale dove posizionare le macchine e gli attrezzi da lavoro. Insieme riescono, tra mille difficoltà, a pagare le rate del prestito e a crescere sia nella produzione sia nelle vendite. Torna a lavorare da solo dopo una separazione consensuale con il fratello e riparte acquistando un altro terreno e con un’altra costruzione. Incontra la futura moglie che gli darà due figli, Roberto ed Emma, e si sistemano al piano superiore del deposito e della fabbrica appena eretta. Intanto, Biagio avvia anche l’attività di rivendita di materiale necessario all’edilizia, affitta le attrezzature e il laboratorio ad una terza persona e si concentra ad allargare l’attività commerciale di materiale e attrezzi per le costruzioni che lo renderà solido economicamente e gli concederà tempo per accrescere la sua cultura. “L’immigrante sconosciuto”, per la verità, non abbandona mai la lettura. Infatti si iscrive, fin dai primi anni, alla biblioteca di Buenos Aires versano la sua quota di 3 pesos al mese e può ritirare e leggere tutti i libri che vuole. Biagio ha frequenti mal di testa che, nonostante il fatto che si sottopone a decine di visite mediche e accertamenti clinici, non riesce a venirne a capo. Infine decide di conviverci. Intanto nel 1934, l’azienda cresce e la moglie lo convince a prendere in società suo fratello, il cognato. Questo fatto rende Biagio più libero di dedicarsi anche ad attività sociali come accade alla fine della 2^ guerra mondiale. Infatti, è ben conosciuto nell’ambiente degli imprenditori e viene chiamato a far parte della Commissione di aiuti per l’Italia presieduta dal rettore dell’università di Buenos Aires che si articola in sottocommissioni che hanno competenza ciascuna per una zona della città. Biagio viene acclamato presidente di quella dell’area dove risiede e dove gode di un prestigio che sorprende anche lui. Si impegna e anella raccolta di fondi da destinare all’acquisto di beni di prima necessità (cibo, vestiti e scarpe) da inviare in Italia via mare. Decide anche di rimettersi a studiare per allargare i suoi orizzonti culturali e perfezionare il suo italiano. Confida alla sua maestra di italiano di voler scrivere un libro per raccontare la sua vita: quella vissuta in Italia e l’altra in Argentina. L’insegnate gli rappresenta tutte le difficoltà dell’impresa, ma Biagio non è un uomo che si arrende facilmente e si mette a scrivere. Dopo qualche mese consegna una prima bozza alla docente che ne apprezza la freschezza espressiva e trova interessante la storia. Con determinazione, Biagio porta a compimento l’opera della sua vita mettendo in fila fatti, sentimenti e luoghi. La sua storia di vita vissuta si è srotolata come una pellicola di un film rivisto mille volte per non perderne nemmeno un fotogramma. Il titolo, “l’Immigrante sconosciuto”, tradisce l’ansia di non voler lasciar cadere nell’oblio quello che è stato. Infatti, devo confessarlo, pur avendo in tutti i modi cercato di trovare tracce dei suoi figli, Roberto ed Emma, o i suoi nipoti per confrontare le vicende scritte nel libro con i ricordi di una vita, a tutt’oggi, non ho riscontri. Ecco perché, sono contento di poter dare la possibilità a chi legge queste pagine di riconoscere il diritto alla memoria di un ragazzo coraggioso e determinato che non lascia niente di intentato per farsi uomo.
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