“Ci dev’essere una qualche sostanza, o una o più di una, da cui le altre cose vengono all’esistenza, mentre essa permane … Talete, il fondatore di tale forma di filosofia,dice che è l’acqua e perciò sosteneva che anche la Terra è sull’acqua”. (Aristotele, Metafisica 983 b)
Se pure dagli antichi fosti dei sette sapienti celebrato come il più saggio e della natura con le stelle fosti con la geometria da tutti riconosciuto come il primo grande, vero osservatore e nella sua affollata “Scuola di Atene” facendo vanto a tanti oscuri pensatori non ti tenne a gloria Raffaello … non ti crucciare, maestro, che con la fama urbinate non muore il tuo genio e se furono tempi allora di Papi dritti e ti fu fatale, forse, la corsa degli eventi e la stessa commenda della chiesa, non temere perché tu, maestro Talete, sei e rimani, oltre ogni muro, il primo grande “filosofo” che guardando alla natura, a quella prima “physis” con occhio nuovo per primo avviasti della conoscenza scientifica quel fecondo cammino che più mai non si è spento! Non più con Omero o con Esiodo e la sua la Teogonia a spiegare l’origine del mondo ma con “ottimo la misura” osservando, annotando e calcolando con rette, segmenti e qualche angolo svelare i segreti della natura e andare oltre a predire, maestro, non solo delle stelle e del sole il cammino ma ancor di più alla difesa delle città la distanza delle navi nemiche al porto o lo stesso andamento del tempo e delle stagioni, non più una narrazione mitologica dell’ordine del mondo ma una spiegazione argomentata e razionale, radice prima del nostro sapere occidentale. Scrive il filosofo Emanuele Severino, che Talete con il suo nuovo modo di guardare la realtà apre uno “spazio ” nel quale verranno “a muoversi ed ad articolarsi non solo le forme della cultura occidentale ma le istituzioni sociali in cui tali forme si incarnano e infine il comportamento stesso delle masse”. Un modo nuovo di porsi davanti allo stupore del mondo il tuo, maestro, che andando oltre il mito, che pure nella sua accezione etimologica voleva essere parola, annunzio, conoscenza consegnata agli uomini dai maghi e dai poeti, potesse guardare la realtà con un occhio nuovo. Un occhio indagatore che andando alla ricerca della “verità” in greco ”aletheia” ovvero di quel “non essere nascosto” potesse davanti agli uomini ed agli dei dirsi “innegabile” e uscendo, come avrebbe scritto il più grande di tutti i filosofi, finalmente dalla “minorità” della narrazione mitologica si avviasse per quel cammino sapienziale che chiamiamo oggi con orgoglio la “scienza moderna”. E fosti tu, maestro, e non Galileo, che andando alla ricerca razionale di quel primo principio originario capace di accomunare in sé la molteplicità delle cose, ti mettesti in cammino “aprendo” alla storia della conoscenza umana per la prima volta quel “libro della natura” che altrimenti tenuto nascosto dal “mythos” si rivelava per la prima volta per la forza del tuo non ancora “logos” ma già principio indagatore ed unico solenne ordinatore e signore supremo della scienza che verrà! Perché la tua ricerca, maestro, nasceva dalla cultura dell’”agorà” quella nuova cultura che opponendosi al sapere sapienziale e mitico dell’ “acron” si vota invece alla soluzione concreta dei problemi rendendosi utile allo sviluppo economico, sociale e politico della città e checché ne diranno i tuoi detrattori, fa ricco l’uomo che la possiede, come potesti dimostrare e fu il grande Aristotele a tramandarne il ricordo, quando, atterrandolo nella sua ignoranza, rispondesti a quel borioso saccente che ti rinfacciava la tua povertà. Scrive infatti Aristotele: ”siccome, povero com’era, gli rinfacciavano l’inutilità della filosofia, avendo previsto in base a calcoli astronomici un’abbondante raccolta di olive, ancora in pieno inverno, pur disponendo di poco denaro, si accaparrò tutti i frantoi di Mileto e di Chio per una cifra irrisoria, dal momento che non ve n’era alcuna richiesta; quando giunse il tempo della raccolta, cercando in tanti urgentemente tutti i frantoi disponibili, egli li affittò al prezzo che volle imporre, raccogliendo così molte ricchezze e dimostrando che per i filosofi è molto facile arricchirsi, ma tuttavia non si preoccupano di questo” dimostrando quanto per i filosofi fosse importante non la ricchezza che avrebbero potuto procurarsi facilmente quanto piuttosto il nuovo modo di guardare, osservare, scrutare la natura. Natura che per te, maestro, a differenza di noi oggi che la abbiamo ridotta a mera totalità delle cose generate nell’universo, era molto di più, perché se per noi la parola natura deriva dal verbo latino “nasco” e significa solo e solamente generare, in greco dove la natura si dice“physis” e deriva dal verbo “phyein” molto e di più e oltre che generare sta significare, investendo il suo senso etimologico lo stesso stato del crescere e del divenire e quindi non di “cosa”, di un oggetto dato una volta per sempre si predicherà ma di un essere vivente, (non si parlerà forse, maestro, della tua filosofia di “materialismo stilistico”?) di un soggetto che in continua evoluzione si porrà come forza vitale di tutte le cose diventandone il principio fondamentale ed unico in cui tutta la materia troverà la sua origine e finalmente oltre la narrazione mitologica la realtà troverà finalmente la sua verità … e il tutto che era nascosto finalmente sarà illuminato dalla cura della filosofia (la parola “physis” in greco è costruita,scrive il filosofo Severino, sulla radice indoeuropea “bhu”, che significa “essere” e la radice “bhu” è strettamente legata ( anche se non esclusivamente ma innanzitutto) alla radice “bha”, che significa luce ( e sulla quale è appunto costruita la filosofia). E se accadde all’inizio della storia della filosofia che il termine “archè” che in greco significa principio, inizio si identificasse spesso con physis” questo fu dovuto proprio alla tua rivoluzione, maestro, che ponendo l’acqua, non certamente l’acqua empirica che concretamente scorre, ma l’acqua in sé, astratta come principio di tutte le cose tanto ti avvicinasti alla natura poliedrica del termine “archè” da toccarne con il suo primo significato di inizio e di principio anche la accettata estensione etimologica di dominio della realtà e quindi di governo di una natura che raccogliendosi in un unico elemento (perché per te, maestro, ”l’uno, da cui le differenze provengono, è la stessa identità del diverso“) diventerà nel tempo, con la scienza, dominio dell’uomo. E non fu poca cosa, straordinaria e grandiosa la tua “mistica intuizione” di porre a principio di tutte le cose l’acqua, se ancora dopo tanti secoli il grande filosofo Federico Nietzsche non poté esimersi dallo scrivere di te che: “La filosofia greca sembra cominciare con un’idea inconsistente, cioè con l’affermazione che l’acqua è l’origine e il grembo materno di tutte le cose. È veramente necessario soffermarci su questo punto, e prenderlo sul serio? Sì, e per tre ragioni. In primo luogo perché tale proposizione dichiara qualcosa riguardo all’origine delle cose; in secondo luogo, perché fa ciò prescindendo dalle immagini e dalle favole; in terzo luogo, infine, perché in tale proposizione è contenuto, sia pure allo stato embrionale, il pensiero: tutto è uno. La prima delle ragioni nominate lascia ancora Talete in compagnia della religione e della superstizione, mentre la seconda lo fa uscire da questa compagnia, mostrandolo come indagatore della natura: in base alla terza ragione, peraltro, Talete viene considerato come il primo filosofo greco. Se egli avesse detto: dall’acqua deriva la terra, noi avremmo soltanto un’ipotesi scientifica, falsa, ma difficilmente confutabile. Ma egli andò oltre l’aspetto scientifico. Talete, presentando questa idea di unità attraverso l’ipotesi dell’acqua, non ha superato scientificamente, ma tutt’al più ha oltrepassato con un balzo il basso livello delle concezioni fisiche del suo tempo. Le misere e disordinate osservazioni di natura empirica fatte da Talete sugli stati e le trasformazioni dell’acqua, o più precisamente dell’elemento umido, non avrebbero certo permesso, né tanto meno consigliato, una siffatta generalizzazione assoluta. Ciò che spingeva verso una tale generalizzazione era una proposizione metafisica di fede, la cui origine va ricercata in una intuizione mistica. Noi incontriamo in tutte le filosofie questa proposizione, assieme ai tentativi sempre rinnovati di esprimerla meglio: si tratta della proposizione «tutto è uno». Una intuizione mistica, straordinaria e grandiosa, inaudita che continuando a fecondare un cammino iniziato tanti secoli fa presso una piccola città della Ionia ancora oggi dura alto e solenne giustificando non solo la nostra umile ammirazione ma sopra ogni cosa il tempo e lo spazio che gli abbiamo dedicato, perché ed è ancora una volta in conclusione il nostro grande filosofo contemporaneo a confortarci scrivendo: “Forse il il (nostro) lettore può pensare che stiamo troppo indugiando sull’inizio del pensiero filosofico e su Talete, quando la strada (della storia della filosofia) da percorre è ancora molta. Eppure questo inizio contiene in forma pregnante tutto ciò che nella storia del pensiero filosofico andrà rendendosi esplicito. Per quanto riguarda l’identità del diverso,esso è addirittura la sostanza della stessa “dialettica” egheliana,la sostanza cioè del nucleo del pensiero che sta al termine dello sviluppo storico della filosofia!) Questo, maestro, nei giorni imprevisti del marzo che muore l’amore a primavera, il fiore che ti … porto!
(Chiusa nelle prime ore antimeridiane del giorno di mercoledì 4 Aprile 2018)