“Che cos’è un Poliziotto Locale.
Come tutti gli uomini, è un impasto di “santo” e “peccatore”.
Fra tutti è il più desiderato, una creatura senza nome che lavora “sotto traccia”.
È chiamato “Comandante” quando lo si ha davanti, “bastardo” appena ci volta le spalle.
Deve essere un diplomatico, capace di distinguere le persone, se è cortese è un adulatore, se è “freddo” è un “montato”.
Se indossa l’uniforme in modo IMPECCABILE è un vanitoso, s’è “ordinario” è un “invisibile chiamato vigile” ma per un retaggio per molti va bene.
Deve prendere istantaneamente decisioni che altri soggetti prenderebbero in una settimana.
Il poliziotto locale tutti lo criticano, ma poi TUTTI lo cercano per emettere sentenze infallibili.
Deve essere capace di neutralizzare l’offesa, gestire il giudizio facendo attenzione a non essere ESUBERANTE.
Se fa bene il suo lavoro è meschinamente invidiato, se non ci riesce invece è un incapace.
Il poliziotto locale deve essere un sacerdote, un assistente sociale, un diplomatico, uno psicologo, un simpatico “ragazzo/a”, un gentiluomo/gentildonna e deve anche essere un genio per riuscire a mantenere la sua famiglia con lo stipendio da poliziotto locale.
Servitore del Popolo per vocazione, nondimeno MAI servo.”
Leggere questa sintetica ma esauriente descrizione del “Vigile Urbano” mi ha fatto molto riflettere sull’evoluzione che ha avuto il ruolo nel corso del tempo e l’assestamento in cui è incorso alle diverse latitudini dell’Italia.
Chi viaggia e osserva con attenzione gli atteggiamenti che assumono i “poliziotti locali” come li definisce Gaetana Amirante, non può fare a meno di notare le differenze tra il “vigile di Città, e quello di “paese” in quanto le casistiche che devono affrontare sono molto diversificate, come la complessità della catena di comando.
Poi c’è da tenere nel conto il fatto che nelle regioni governate da decenni dal Centrodestra a guida Lega Nord, con l’avvento del “poliziotto urbano” armato, si è voluta creare un ennesimo corpo di “polizia” che desse soddisfazione alla vulgata “lombarda”, prima, per poi “copiata” ad ogni latitudine.
Dopotutto, in ogni dove, oggi la direzione del traffico è regolata da migliaia di “rotatorie” e dai pochi semafori che ancora “brillano” delle tre luci: Rosso, Giallo e Verde.
Nella nostra realtà, i “poliziotti urbani” sono comandati davanti alle scuole, al controllo della velocità sulle strade comunali (con qualche sconfinamento su quelle statali) e a una serie di funzioni burocratiche che ne hanno snaturato il ruolo che rassomigliava più al Buon padremadre di famiglia che un agende con la “pistola” nella fondina dalla quale fa derivare un surplus di “potere” nei confronti di chi dovrebbe proteggere.
Il cambiamento di “status” ha portato ad un’alterazione dei rapporti anche tra il ruolo di garanzia sociale basato più sul “prestigio” conquistato sul campo con le azioni che rivendica Gaetana, che dalla divisa e dal “potere” di poter far valere le proprie decisioni con l’ausilio delle “armi” ben in mostra nella fondina che, evidentemente, lì sono destinate a restare come un inutile e pittoresco “orpello”.
In fondo, anche lo scritto di Gaetana Amirante, donna, madre, animatrice sociale e che “vigila” sul rispetto delle regole che la comunità si è data a garanzia dei diritti di tutti, non fa altro che dimostrare il disagio che vivono anche i tutori delle “legge” in divisa.
Pertanto, una Vigilessa è tanto più “urbano” quanto più è “rispettosoa” delle regole di convivenza civile che la comunità si è data democraticamente e glile riconosce il diritto di farle rispettate …
Buon lavoro e grazie a chi, indossando la divisa, sa interpretare con umana saggezza i casi delle centinaia di vite dei cittadini che incrociano nel loro difficile lavoro.