Non so perché Giancarlo Gorrasi abbia voluto rendere pubblico il suo stato d’animo “sconquassato” dal pauroso incidente di cui lui descrive le conseguenze che ha dovuto subire e il “calvario” che ha dovuto patire per poterlo raccontare a tutti noi. Ma ritengo sia molto utile diffonderlo perché aiuta giovani e meno giovani ad “educarsi o rieducarsi” su come ci si comporta sulle strade …
Ero amico di suo padre Giuseppe, di sua madre Graziella e Carmela, sua sorella. la sua famiglia era di casa presso Maria e Giuseppe Chiacchiaro, i genitori di mia moglie Gina. Giuseppe, viaggiava su e giù per l’Italia con il camion della “restanza”, che è quella voglia di non voler recidere del tutto i legami con la terra natia che accomuna centinaia di Rocchesi.
Giancarlo, che ricordavo bambino, l’ho incontrato in piazza San Carlo, a Torino mentre facevo riscaldamento prima della partenza della mia prima Maratona: mi sentii chiamare per nome da un poderoso giovane atleta che era già avvezzo alle gare. Ho continuato a seguirlo come atleta fino a quando l’incidente non ha stroncato la sua passione sportiva. Mi sono interessato della sua sfortunata vicenda ed ho seguito la sua “resurrezione” alla vita con trepidazione ma anche rispettando l’impegno di svolgere anche una campagna di comunicazione di educazione al rispetto del codice della strada sia a scuola sia tramite i giornali che ho fondato e diretto.
Giancarlo ha avuto coraggio a non ritirarsi nel dolore, ha spostare in alto l’asticella della sfida che la sorte gli ha riservato, ha rilanciare la sua sfortunata vicenda in “faccia” a tutti noi per poter raccogliere energie di rimbalzo utili ad affrontare le tante sfide che ha vinto finora … Vincerà anche questa volta perché è consapevole di essere sulla strada giusta per andare nella direzione che lui ha già scelto … quella di vivere!
“Quando si sopravvive, ad un incidente stradale, oltre a sopportare il dolore fisico, l’infinita degenza in ospedale, ci si ritrova anche ad affrontare il lungo percorso del recupero fisico, le dolorose sedute fisioterapiche, le mille visite, la ricostruzione delle dinamiche, le sedute dagli psicologi.
Un percorso massacrante durante il quale, anche se sei molto forte, inciampi spesso, nei brutti ricordi, nei momenti più dolorosi e tristi, vissuti con te stesso, con la forza che non ti spieghi da dove hai tirato fuori; nei rimpianti di quello che non puoi più fare!
Cosa ricordo del tremendo incidente?
Praticamente nulla, mi sono risvegliato in Terapia Intensiva, improvvisamente, con la maggior parte delle ossa fratturate, la faccia da mostro, la bocca gonfia, i denti strappati via dal casco, le braccia ingessate, i fissatori alla gamba dx, facevo fatica a respirare per le costole fratturate, il naso rotto e gli innumerevoli ematomi.
Dello schianto contro il furgone che mi ha tagliato la strada (da quanto ricostruito dalle forze dell’ordine) della corsa in Elisoccorso al NOCSAE di Baggiovara, dei medici che si sono presi cura di me, strappandomi alla morte, il vuoto più totale, 72 ore lì in bilico tra la vita e la morte, ricostruito dai racconti dei miei cari e degli Amici!
Ma una cosa la ricordo bene: un tunnel buio, una luce fioca in fondo, e quando l’ho raggiunta, ho visto mio papà, che guardandomi in faccia con il suo sguardo più serio che io possa ricordare, mi ha detto di tornare indietro da dove ero venuto, perché era presto per restare lì con lui!
Se qualcosa dopo la vita esiste, io l’ho vista con i miei occhi, e la ricordo bene!
Fisicamente mi hanno riscontrato un sacco di fratture, ho subito 15 interventi, e altri dovrò subirne a breve e negli anni per le varie protesi!
Ma grazie alla determinazione, alla forza di volontà e grazie agli angeli di Ortopedia e Traumatologia e di Medicina Riabilitativa, sono tornato in piedi, anche se barcollante, a guidare, anche se, con la paura, che da un momento all’altro qualcuno mi si schianti addosso!
Psicologicamente non mi sono mai ripreso completamente, anche se ho reagito fin da subito, cercando di rendermi utile agli altri, supportando, ed aiutando moralmente i miei compagni di stanza, ma quello che l’incidente mi ha portato via, e che mi manca tantissimo, è la normalità, la mia vita, che non riavrò mai più!
Il riuscire a dormire serenamente, senza incubi, senza paura, senza dolori, che sono diventati parte della mia esistenza!
Il potermi svegliare e andare a fare il mio allenamento quotidiano all’alba.
Partecipare alle gare podistiche!
Il poter cucinare per ore, come un tempo, senza dovermi sedere perché non riesco a stare in piedi più di tanto!
Il riuscire ad usare le mani, le dita, come facevo prima di quel maledetto 1 Luglio 2021 … invece sono qui che mi preparo al 16mo intervento e nonostante tutto, cerco di essere propositivo, ma mi tocca affrontare la realtà e valutare i mille rischi possibili che potrebbero peggiorare ancora di più la mia vita, la mia quotidianità già in gran parte compromessa!
Vorrei solo poter tornare indietro, e rispondere a quella telefonata, o accettare quel caffè, che probabilmente avrebbero dato il tempo a quel corriere, di passare prima che io raggiungessi quel km, quel punto maledetto della SS12!
AD UN INCIDENTE SI SOPRAVVIVE, MA ANCHE SE SOPRAVVIVIAMO, QUALCOSA MUORE!”