Da giorni si assiste ad uno stillicidio di furti nel Cilento, in un “tam tam” che non conosce sosta. Una banda spregiudicata e sfrontata che riesce a portare a termine i suoi colpi con straordinaria destrezza e rapidità. Aumenta la psicosi della popolazione e la sfiducia nei confronti dello Stato, così zelante nel punire i cittadini per un eccesso di velocità o per un divieto di sosta, scoprendosi impotente nei confronti di tre o quattro balordi, capaci di tenere sotto scacco le forze dell’ordine, quasi come fossero l’invincibile Spectre.
Droni, auto civetta che di giorno pedinano gli automobilisti allo scopo di fare cassa, telecamere di sorveglianza, impianti satellitari e tutte le diavolerie che impazzano nella nostra vita quotidiana, al punto che non esiste più una vera privacy, sembrano del tutto inutili o assenti in queste circostanze.
Durante la gestione della pandemia si era invece visto uno sforzo corale di tutte le forze dell’ordine, Carabinieri, Polizia di Stato, Guardia di Finanza con il coinvolgimento dei Vigili Urbani e della Protezione Civile, riuscendo a coprire capillarmente ogni angolo di strada.
Perchè oggi non si recupera quel metodo? Come se la sicurezza dei cittadini non avesse la stessa priorità rispetto all’emergenza sanitaria.
Il rischio, oltre ai danni materiali e morali alle vittime dei furti, è che si inneschi una spirale di vendetta e di maldestri tentativi di farsi giustizia da soli, con ronde improvvisate e, peggio ancora, con l’uso delle armi.
Il Cilento nella sua storia millenaria ha conosciuto epoche di violenze e di repressioni, di sfruttamenti e di ribellismo, al punto da guadagnarsi la fama di “terra dei tristi”.
Un rischio da evitare, quello di un rigurgito oramai sopito, ma sempre capace di svegliarsi, come un istinto primordiale ed irrazionale.
Bisogna quindi mettere un freno a questa deriva, coinvolgendo le Istituzioni a tutti i livelli, dal Prefetto di Salerno al Ministero degli Interni, coordinando tutti gli sforzi, al fine di ristabilire quelle basilari esigenze di sicurezza e di tranquillità su cui si basa la convivenza civile.
Recuperando quella serenità tipica di questi posti dove, le distanze dai grandi centri, le carenze di infrastrutture hanno garantito da certe spiacevoli contaminazioni.
E’ lontano il tempo in cui i nostri anziani nei centri storici vivevano con le chiavi inserite all’esterno delle porte di casa, rivelando quella sana socialità ed un livello di protezione degli abitanti che hanno scandito per secoli la nostra vita.
Un’epoca che non tornerà più, ma che non ci deve far smarrire il lume della ragione, riponendo la massima fiducia nelle istituzioni, proprio in momenti difficili come questo.