L’immagine del parente povero ed abbandonato, un po’ arretrato se non proprio bifolco ha rappresentato un luogo comune duro a morire da parte di alcuni habitués, attratti dalle bellezze locali a prezzo stracciato, ugualmente disinteressati al nostro progresso, felici di lasciarci distanti da certi standard ed infine, vittime del nostro stesso complesso di inferiorità.
Il Boom degli anni ’60, oltre ai danni estetici ed urbanistici, le cui cicatrici sono presenti ovunque, ha segnato anche la voglia di riscatto e di emancipazione sociale. Un’intera generazione di professionisti è nata allora, realizzando il passaggio dal lavoro nelle campagne a quello dei colletti bianchi.
L’errore fu non comprendere che un’economia forte non potesse prescindere dal settore primario.
Non avendo avuto nemmeno il secondario, le industrie, era prevedibile che questo equilibrio non potesse esistere.
Come un tavolo dove mancano due gambe.
È così in tutto il mondo, negli Usa, in Canada, in Francia. Anche in Italia dove le regioni ricche hanno un’agricoltura fiorente: Emilia, Veneto, Toscana.
Avere la consapevolezza dei propri limiti e delle potenzialità mai pienamente espresse serve a chiunque.
Come pure che un ciclo legato all’edilizia speculativa ed al pubblico impiego è finito per sempre.
Occorre oggi riannodare i fili della storia con quelli dell’ambiente e dell’agricoltura.
Parmenide ed Ancel Keys devono essere i nostri fari.
Due grandi uomini vissuti in epoche diverse proprio in questi luoghi e che hanno lasciato una traccia nell’umanità.
Il pensiero filosofico e la qualità della vita debbono essere le linee guida della nostra esistenza.
Con tutte le derivazioni socio economiche.
Questa terra, racchiusa nei confini del Parco del Cilento,Vallo di Diano e Alburni, dovrebbe essere pensata e gestita unitariamente.
Liberandoci dal complesso del parente povero, lavorando insieme per realizzare centri di ricerca, corsi di studio universitari, valorizzando e potenziando il lavoro di chi già opera o ha strutture dedicate.
Si parla in questi mesi di rivalutazione dei borghi e di ripopolamento.
Quale migliore occasione per decentrare strutture universitarie in loco o collaborazioni stabili e continuative? Penso al Centro per la Biodiversità del Parco, alla Fondazione Alario ad Ascea a due passi da Velia, alle ricerche scientifiche che da anni il Centro D’Arena a Vallo della Lucania svolge con alcune Università di fama mondiale.
Unitamente a ciò, l’Agricoltura di qualità rappresenta un’opportunità straordinaria.
Come può la culla della dieta mediterranea non diventare essa stessa risorsa economica e Maestra nel mondo?
Per questo non bisogna smettere di ringraziare quegli imprenditori coraggiosi che ogni giorno portano avanti le aziende del settore agroalimentare e che, allo stesso tempo, sono i nostri migliori ambasciatori in Italia e nel Mondo.
Se solo fossimo capaci di vendere ai turisti esclusivamente i nostri prodotti, avremmo sicuramente un nuovo boom economico.
Si sentono spesso le lamentele degli operatori del settore che non trovano trattoristi, potatori, casari.
Si resta allibiti pensando a chi preferisce lavori poco specializzati ed anche poco remunerati (parcheggiatori, inservienti etc) rispetto a questi lavori antichi e nobili, di tecnica e di tradizione.
La qualità deve essere il nostro credo, aspetto che ci premierà sempre : nel pensiero, nelle produzioni e nel restauro dei nostri cento borghi.
Un lavoro immenso per tecnici, maestranze, architetti, ingegneri, imprese. Sostenuto magari da una fiscalità agevolata.
Esistono dei cicli economici ed anche storici, che vanno armonizzati con i processi sociali e politici. Remare contro corrente è un esercizio inutile e faticoso.
Indispensabile poi avere la piena consapevolezza della nostra storia e l’orgoglio dei propri valori.
Questa è l’unica vera opportunità. Non coglierla significherà morire lentamente.
E con ignominia.