Al centro di una parete del mio soggiorno risalta un quadro dipinto da una zia di mio padre, con l’hobby della pittura. Nel quadro è raffigurato un gregge che pascola in un prato ricco di erba fresca sotto l’occhio vigile del pastore che, seduto ai piedi di un albero, con accanto il suo bastone, suona uno zufolo.
Sin da bambina il soggetto di questa tela ad olio mi ha sempre trasmesso serenità e pace e spinta a tante riflessioni. Le pecore non sono animali mai abbandonati a sé stessi. Il pastore le guida e le orienta conducendole su pascoli ubertosi da lui individuati dove possono nutrirsi. Fra il pastore e il gregge esiste un legame fortissimo. Il pastore è disposto a dare la vita per le sue pecore, chiama ognuna per nome e queste riconoscono la sua voce e, fiduciose, lo seguono. Mentre pascolano, se qualcuna si allontana, il pastore è pronto a richiamarla per riunirla alle altre. Poi le riaccompagna, guidandole passo dopo passo, all’ovile dove trovano rifugio e sicurezza. Il pericolo maggiore per il gregge infatti non sta nella fragilità dei singoli componenti, ma nel fatto che potrebbero non essere ben custoditi da chi ne dovrebbe avere cura.
Sul quadro si posa il mio sguardo mentre scrivo la riflessione sul passo, breve e intriso di tanta tenerezza, del Vangelo odierno di Giovanni, che propone una similitudine piena di profondo significato. Gesù, la cui vita per la maggior parte si svolse nella Giudea, una regione adatta alla pastorizia, si definisce Pastore e Porta dell’ovile. E’ infatti la guida di noi, suo gregge che accompagna nel tragitto della vita conferendole senso ed è la Porta della casa sicura del gregge da dove si può entrare e uscire liberamente per la direzione giusta verso pascoli abbondanti.
Egli ci conosce, conosce i nostri pensieri, le nostre necessità e si prende cura di noi, consapevole che abbiamo bisogno di essere sorretti e guidati. Senza di Lui saremmo delle pecorelle smarrite. Tutti, possiamo ammetterlo, viviamo in un mondo che ci mette insieme in spazi, tempi, azioni, che ci fa condividere desideri comuni, fragilità, speranze, in un mondo dove troviamo la forza proprio nell’essere uniti, dove nessuno può fare a meno dell’altro, pur vivendo la libertà personale. Siamo un immenso gregge di cui il guardiano è Dio, un Pastore che ci custodisce ma nello stesso tempo non esercita un dominio incontrastato perché ci vuole liberi e felici.
Spesso però ci perdiamo nelle false sicurezze, nella molteplicità delle illusioni. Poniamo fede solo nelle nostre limitate capacità. Preferiamo essere pastori ciascuno di noi stessi lasciandoci prendere dalla presunzione e dall’orgoglio. Non riusciamo a fidarci della voce di Dio, prigionieri di tante altre voci. Solo nei momenti di smarrimento, di difficoltà, ci lamentiamo di essere poi pecore senza pastore. Ma vogliamo veramente un pastore che ci indichi la via sicura? Siamo in grado di accettarlo senza riserve?
Gesù può qualificarsi Pastore perché ha condiviso la nostra situazione di pecorelle smarrite, ha preso sulle sue spalle il peso della debolezza, ha accettato di essere Agnello innocente per il nostro riscatto, ha sconfitto la morte per essere in grado di soddisfare le nostre attese. È un Pastore Buono che condivide ogni cosa con il suo gregge; che gli indica la strada da percorrere e lo sollecita verso orizzonti sconosciuti ma finalizzati al vero bene. Solo camminando dietro di Lui possiamo conoscere la verità, ciò che ci dona gioia e che ci porta vita, sicurezza, speranza.
Gesù è la voce da ascoltare, da riconoscere e da seguire, è la porta attraverso cui possiamo uscire verso la luce della vita, la porta della misericordia, del perdono, dell’amore, una porta sempre aperta. Per entrare non dobbiamo bussare!
Buona meditazione in famiglia!