Oggi è la “domenica Laetare”, domenica della gioia, di rinnovato slancio, di senso più vivo della nostra solidarietà con gli altri. La liturgia ci offre il racconto della guarigione miracolosa di un cieco nato, un escluso perché sconta ,secondo la società del tempo, con la sua infermità, i peccati suoi e dei suoi genitori , un uomo che non è degno di entrare nel tempio , un uomo costretto a mendicare. Tanti gli elementi su cui siamo chiamati a meditare contenuti nel passo di Giovanni.
Innanzitutto vediamo Gesù, Luce del mondo, sempre attento verso chi soffre e impegnato a contrastare il male. Vede il cieco e non aspetta che gli chieda aiuto. Anche stavolta l’iniziativa è sempre sua. Vede chi non può vedere e si manifesta nella sua vita. Nel cieco individua qualcuno in cui si possono manifestare “le opere di Dio”. Fa perciò una poltiglia con fango e saliva e gliela spalma sugli occhi. Poi lo invia a lavarsi nella piscina di Siloe.
Il cieco ascolta, obbedisce fiducioso, si lava e torna guarito. La guarigione non solo lo rende vedente perché gli ha aperto gli occhi ma lo rende libero, credente in Gesù e testimone.
La conclusione dell’episodio mette in evidenza le reazioni al miracolo e la differenza tra la visione degli occhi e la visione del cuore. Quelli che vedevano o credevano di vedere, appaiono ciechi, non capiscono, negano e contestano colui che si è aperto all’azione sanante di Gesù, colui che ha scoperto di essere amato, che ha riconosciuto in chi l’ha salvato l’inviato di Dio, che si sente abilitato a una nuova vita. La sua guarigione è avvenuta in modo graduale così come cresce in modo graduale la sua fede. Durante l’interrogatorio a cui è sottoposto prima definisce Gesù uomo, poi profeta, poi un inviato di Dio, poi il Signore. Il povero cieco però adesso vede intorno a sé solo ostilità e cattiveria.
Infatti i farisei e il popolo tutto non vogliono credere alla guarigione, operata da uno sconosciuto, per di più di sabato, il giorno del riposo. Secondo la loro logica antepongono l’interpretazione della Legge al bene dell’uomo. Anche i genitori del cieco, per paura, dicono di non sapere come sia avvenuto il miracolo. Il cieco, alla fine, viene allontanato dalla comunità. Quando Gesù viene a sapere ciò, si mette alla sua ricerca. Non gli basta averlo guarito, va a incontrarlo di nuovo. La domanda che gli rivolge “Tu credi nel Figlio dell’uomo?” è una domanda che fa ad ognuno di noi. Rispondiamo anche noi come il cieco: “Credo Signore” e prostriamoci dinanzi a Lui. Saremo salvi!
Nel cieco nato possiamo riconoscerci tutti noi. Veniamo in questo mondo e vi entriamo con il peccato originale che il battesimo cancella dando a chi lo riceve il dono della luce, che ci permetterà di fare esperienza di Dio, di incontrarLo nel nostro quotidiano, di aprirci al suo amore. Spesso però questa Luce può spegnersi; viviamo nell’oscurità; non riusciamo ad accorgerci delle cose belle che continuano ad accadere attorno a noi.
Ci sembra di brancolare nel buio senza via di uscita, perderci senza trovare riferimenti, camminare alla ricerca di qualcosa che sembra sfuggire in continuazione, non riuscire a capire e accettare i nostri fratelli. Diventiamo” ciechi” pur vedendo. Possiamo però cambiare! Gesù non smette mai di cercarci. Nonostante la nostra cecità per la quale non possiamo vederLo, Lui ci scorge e può guarirci. Se lo vogliamo!
Se seguiamo la sua Luce potremo ”vedere con gli occhi del cuore” la realtà oltre l’apparenza, e aiutare gli altri a fare lo stesso. Chi si mette in ricerca della Luce si trova già sulla via che conduce a Cristo!