Dopo la deriva dello spopolamento demografico, all’orizzonte avanza lo tsunami della bolla immobiliare! Il destino delle aree interne è segnato! C’è poco da fare e, soprattutto, quel poco che si potrebbe fare non interessa a nessuno metterlo in pratica.
Per anni abbiamo ascoltato sedicenti imbonitori che hanno chiamato a raccolta quel che resta delle popolazioni che ancora vivono nelle valli e sui crinali delle colline e dei monti delle aree interne. Sul fronte sanitario si lasciano in balia delle onde migliaia di anziani che, come avviene per il prete, devono condividere il medico di base che riceve poche ore al giorno e solo per ricopiare le ricette che i pazienti si portano dietro come reliquie. Tutti sappiamo che in caso di vero bisogno i figli che vivono lontano li prelevano per portarli in altre regioni per la convalescenza, nel migliore dei casi, o addirittura per cure interventi, nel peggiore.
I sindaci, sobillati dai cittadini che amministrano, imprecano per ottenere la realizzazione di opere (rifacimento di chiese, palazzi, piazze, fontane …) per milioni di euro che rimarranno chiuse appena dopo l’inaugurazione per mancanza di risorse umane ed economiche per renderle fruibili.
Banche e imprenditori sono stati coinvolti nella gestione dei Gal e del Patti territoriali messi in mano a privati che hanno fatto il bello e cattivo tempo spendendo centinai di milioni di euro per ottenere zero risultati nel contrasto alla desertificazione demografica.
Le stesse Comunità Montane, che con i loro dipendenti sono state il vero argine che ha retto nel trattenere nei paesi pedemontani famiglie con figli che hanno consentito di rendere meno rapido la chiusura delle scuole, hanno continuato a rendere sempre più stabili i dipendenti garantiti e sempre più precari quelli a tempo determinato vanificando ogni velleitario tentativo di tradurre il lavoro al servizio delle clientele politiche in un vero e proprio movimento di base che si preoccupasse della montagna come fonte di reddito .
Oggi che oltre il 50% delle case sono vuote, abbandonate, scheletrite, rosicchiate dalle erbacce, perforate delle intemperie si sente arrivare il colpo di maglio finale del decadimento del patrimonio abitativo. Per i piccoli borghi orfani di ogni nuova vita e appesantiti dal tempo non sono in grado di continuare a resistere.
Lo tsunami che si alza all’orizzonte ha già fatto sentire i suoi effetti sul valore degli immobili ancora in grado di accogliere la vita di famiglie. Sono centinaia i cartelli ingialliti sui portoni che annunciano la volontà di vendere ma nessuna richiesta di acquisto come nemmeno si fa vanti nessuno anche solo per vedere le condizioni al loro interno.
Né vanno a buon fine le offerte di case in affitto se non in minima parte quella che richiedono chi bada alle persone anziane che per necessità si spostano sempre di più dalla costa alle aree interne dove il lavoro non manca!
Il depauperamento del patrimonio immobiliare disabitato ha provocato anche il calo vertiginoso dei prezzi delle case ancora in piedi e abitate.
L’abbandono al loro destino di decadenza delle abitazioni provoca anche un altro irrisolvibile problema: i pochi artigiani del legno, del ferro, delle costruzioni; gli imbianchini, gli idraulici e gli elettricisti; ogni altra forma di lavoro attivo scema …
Quello che resta è solo l’assistenza agli anziani!
Anche in questo caso, però, per assoluta mancanza di servizi infermieristici, assistenziali, emergenziali, anche gli anziani che potrebbero continuare a vivere nelle loro case, sono sempre più tentati a rifugiarsi dai figli che vivono lontano o verso strutture protette che stanno sorgendo in ogni dove che sono diventate il filone d’oro da sfruttare da parte di imprenditori che garantiscono la sopravvivenza fisica ma disconnettono le persone dalla vita reale.
Il risultato è che anche le case in grado di essere ancora vissute sono rigidamente chiuse alla vita.
Di tutto ciò nessuno parla negli innumerevoli convegni organizzati per trovare soluzioni all’ormai irrisolvibile fenomeno del calo demografico.
Certo si parla di turismo, di montagna da far vivere, di luoghi ameni, di paesi dell’accoglienza, di finanziamenti per le aree interne dove chi vive nelle città congestionate vorrebbe andare a passare gli anni che restano …
Ma intanto si investe a ristrutturare chiese dove non entrerà mai un fedele perché non c’è un prete che le tenga aperte, si ricostruiscono conventi per adattarli a ricettori di turisti che nessuno sarà in grado di accoglierli ed accompagnarli nelle escursioni in montagna, si rifanno scuole dove non entrerà mai un alunno perché quelle ancora agibili sono già vuote, si aprono agriturismi nelle campagne e si chiudono i ristoranti nei centri abitati per la maggior parte del tempo.
L’80% della generazione, nata negli anni ’50, ha abdicato al diritto di vivere dove è nata e si trasferita in decine di migliaia di posti dove i figli dei padri hanno trovato pane e molto altro per i propri denti. Sono andati a vivere dove non erano destinati, magari sottraendo spazio a chi ne aveva più diritto di loro perché di quelle terre erano nativi.
Quelli che sono restati hanno fatto fino in fondo il loro dovere e di questo noialtri dovremmo esserne loro grati. Ora sono loro, giunti alla terza o quarta età, che avrebbero bisogno di essere aiutati a continuare a vivere nelle loro case ed a passeggiare nelle loro piazze, andare in chiesa nelle loro chiese, giocare a carte nei bar e nei circoli del paese …
Dovremmo immaginare qualcosa che eviti agli anziani lo scoramento di essere trasferiti in case di riposo che diventerebbero l’anticamera dell’annullamento di un’esistenza spesa nel posto giusto … dove sono nati!
L’impresa di salvare il salvabile è ardua, difficile, quasi impossibile! Ma già solo provarci potrebbe essere un modo onorevole per spendere il tempo che vi resta.