Paco Di Canto originario di Trentinara, muove i primi passi nella fotografia nello studio del padre, fotografo professionista, dove insieme ai suoi fratelli apprendono i segreti e le tecniche delle arti fotografiche. Per diversi anni, ha lavorato in un laboratorio fotografico professionale, occupandosi di post – produzione e stampa fotografica in analogico e digitale. Oggi è un fotografo professionista freelance di moda a Milano, realizzando campagne pubblicitarie, cataloghi di moda, lookbook, editoriali, shooting in studio ed in esterna.
- Mi viene in mente il 2016, il periodo che riferisce alla tua prima personale “What’s your price?” allestita a Paestum e che segnò, in un certo senso, una svolta della tua carriera artistica. All’evento presi parte anche io, in veste di musicista, armato di chitarra elettrica, effettistica e loop station, per sonorizzare il tuo lavoro esposto in occasione del vernissage del 31 gennaio dello stesso anno. Dopodiché hai deciso di rincorrere i tuoi sogni, trasferendoti in una delle capitali europee della moda – Milano – abbandonando in parte, il lavoro che fino ad allora avevi ereditato dalla professione del tuo papà Tonino, come fotografo di cerimonie. Ad oggi ti occupi sempre di fotografia, ma nel campo della moda. Come hai maturato questa importante e coraggiosa decisione di lasciare i luoghi che ti hanno visto crescere?
Provengo dal sud Italia dove l’attività del fotografo è concentrata prevalentemente sulla cerimonia e venendo da questa realtà, ereditata appunto in famiglia, sono stato comunque attratto e affascinato, nel contempo, da un altro tipo di fotografia, la cosiddetta fashion photography, per cui, una volta acquisito le redini dell’intera attività, ho deciso di non proseguire più in quella direzione, ma di trasformarla. La mia nuova natura è il frutto di una passione che avevo già da tempo e che si è maturata negli anni consumando le immagini di grandi fotografi come Tim Walker, Steven Meisel, Richard Avedon, Peter Lindberg, Irving Penn, Paolo Roversi, Annie Leibovitz. Ho voluto fortemente dire la mia in questo campo ed è stato inevitabile concentrare le mie energie nell’unico posto in Italia dove tutto fosse possibile, Milano.
- Il lavoro artistico “What’s your price?” (8 anni fa) mise effettivamente un punto alla tua vita professionale in Cilento?
“What’s your price?” è stato davvero un lavoro parallelo, un sogno che si è realizzato, dopodiché è stato impacchettato e non è mai stato riaperto. Sì è stato un punto, ma non lo collego in modo diretto con quello che sto facendo adesso, una fase espressiva che non aveva nulla a che vedere con il passato né tantomeno con il futuro.
- E sul presente?
Come ti dicevo prima, a 22 anni sono stato catturato dalla fotografia di artisti che hanno praticamente fatto la storia della moda. Questo tipo di fotografia non è da intendere come rappresentazione del vestito e basta, ma come un percorso storico ben definito che vede collocata la moda sulle orme dell’essere umano. La mia scelta – ad esser chiari – è di natura stilistica, sono sempre stato attratto da quel tipo di bellezza fotografica e dai modi espressivi che la luce può offrire alle immagini. Devo dire che in questo momento mi ritengo felice di fare il mio mestiere perché è come se fosse anche il mio hobby. È il lavoro che mi è sempre piaciuto fare a differenza di tante altre condizioni meno stimolanti che la professione del fotografo cerimoniere può offrirti.
- Raccontaci un po’ com’è stato rapportarsi con la città e come sono nate le prime soddisfazioni?
Quando ho capito di voler intraprendere questa strada, mi vengono in mente i miei scatti nei matrimoni nei quali, cercavo a sua volta, di avvicinarmi con scarsi risultati a quel tipo di fotografia. Ovviamente chi mi capitava fotografare non aveva le caratteristiche estetiche di una modella e sicuramente il contesto non era quello ideale. Per questo ho deciso di fare una scommessa con me stesso, ho caricato la macchina con i miei bagagli e sono partito da Trentinara a notte fonda, probabilmente anche in tarda età, ne avevo 36. Ricordo di un momento chiave nel quale appena partito e in una stazione di servizio ancora qui in Cilento, davanti ad una meravigliosa luna piena mi sono chiesto: cosa sto facendo? Mi sono fermato a riflettere e mi sono detto, ora devi prendere la tua scelta, o torni indietro o vai avanti senza paura. Sono stato fermo un quarto d’ora, intenso, di cui conservo ogni istante. È stato molto difficile, perché poi arrivare in una grande città dove convergono diversi professionisti da tutto il mondo, hai ben poco spazio per realizzare i tuoi sogni. Ho cercato di fare il leone altrimenti venivo mangiato. Dopo 6/7 mesi ho conosciuto delle persone che un po’ mi hanno aiutato e un po’ mi hanno spezzato. Ho perseverato scrivendo alle agenzie di moda, a redattori, offrendo i miei scatti gratuiti un po’ per farmi conoscere e un po’ per fare esperienza, sfruttando le occasioni per migliorare ulteriormente il mio stile. Tante notti insonni!
- Quali sono stati i lavori fotografici che ti hanno soddisfatto di più? E al momento attuale?
Quando nel 2018 mi chiamarono per scattare una campagna “Mondo” per un brand italiano “Ash” che si occupa di scarpe, ma anche di abbigliamento. Un lavoro internazionale che ho realizzato a Fuerteventura con una grande produzione. Purtroppo il covid ha un po’ rallentato le cose, ma ho comunque continuato a collaborare con altri magazine di moda (Elle Arabia; Officiel Arabia; Marie Claire Arabia). Ultimamente ho delle pubblicazioni con Shön!; Officiel Russia e anche Officiel Italia occupandomi principalmente di editoria e di campagne “ADP”. Tuttavia ho un nuovo progetto fotografico in cantiere che non ha nulla a che vedere con la moda, ma riguarda il sociale dove ci saranno anche elementi scultorei e che svelerò più avanti.
- Siamo amici di vecchia data, ci siamo conosciuti grazie alla musica perché oltre ad essere un eccellente fotografo sei anche un grande chitarrista! Sul finire degli anni ’90 e inizio 2000, abbiamo fatto un percorso in comune nella band “E. D. E. N” che si fece notare sulla scena in diverse rassegne come il “Meeting del Mare” fino alla finale dell’Accademia della Canzone Italiana per “Sanremo Giovani”, davvero molti anni fa!
Ho un ricordo bellissimo di quel periodo!
- In virtù di questo, quanto del lavoro creativo che elabori con la fotografia, si interfaccia con la musica? Esiste, in un certo senso, una similitudine, un legame tra le due cose?
Certo che esiste! È una questione davvero personale e che riflette il momento del concepimento. Una sensazione di benessere, delle vibrazioni particolarissime con le quali riesco davvero a sentirmi appagato, una questione energica che ti coglie lo spirito in precisi istanti nel corso del processo creativo. Sensazioni pressoché identiche alla costruzione di un giro di accordi con una melodia e un arrangiamento che sembra funzionare. La risposta è indubbiamente sì.
- Infine, in un momento in cui il Cilento si trova a fare i conti con il fenomeno dello spopolamento, di gente costretta a dover partire per lavorare, tu hai fatto una scelta non forzata, il lavoro qui non ti mancava. Sei andato via esclusivamente per seguire le tue aspirazioni, i tuoi sogni. Ti manca il Cilento?
C’è un prezzo a qualsiasi cosa, il Cilento è la mia terra e alcune cose è normale che ti manchino, ma ho iniziato a considerare la vita in maniera più elastica. Quando ho voglia di casa, non esito a prendere un treno e nel giro di qualche ora ritrovarmi in zona.
Riferimenti
https://www.instagram.com/pacodicanto/