“Non c’è ingiustizia più grande che fare parti uguali tra diversi”, così don Lorenzo Milani si esprimeva negli anni sessanta dello scorso secolo; un concetto che gli era caro sia come sacerdote sia come educatore.
Sembra strano che io, che ho frequentato l’istituto magistrale nel mio piccolo paese di montagna alla fine degli anni ’60, Piaggine in provincia di Salerno, non avevo mai sentito parlare di questo prete che si era messo al servizio degli ultimi prima insegnando agli operai e poi, inviato come parroco a Barbiana un non luogo disseminato su una montagna nel Mugello in Toscana.
Negli anni ’90, vivendo in un comune, Induno Olona in provincia di Varese, mi trovai ad assistere ad un incontro organizzato da un’associazione al quale erano stati invitati due ex allievi del prete che aveva trasformato l’esperienza educativa impiantata a ridosso della chiesa e della canonica su una montagna in un modello che aveva fatto prima scalpore e poi feroci avversari. Infine anche molti estimatori.
Incuriosito ho approfondito la “filosofia” educativa di quel prete che si era fatto pedagogista sul campo facendosi ispirare dai suoli piccoli scolari.
Nel corso della mia lunga carriera di insegnate, prima di Ed Fisica nelle scuole superiori e medie in provincia di Varese, e poi nella scuola primaria a Roccadaspide e Capaccio Paestum, in Campania; ho sempre tenuto ben in conto la massima riportata in apertura di questo scritto che non vuole parlare del “priore” di Barbiana (lo hanno già fatto Luigi Rossi https://www.unicosettimanale.it/news/attualita/521948/lo-stile-del-maestro-don-milani e Vito Pinto https://www.unicosettimanale.it/news/cultura/1097336/don-lorenzo-milani-un-priore-dalle-idee-visionarie), ma del luogo dove l’esperienza è maturata.
Infatti, pur avendo sempre desiderato recarmi a Barbiana, la pigrizia scambiata per mancanza di tempo mi ha fatto procrastinare la mia visita nel Mugello per molto tempo fino a settembre del 2022 quando mi son deciso a fermarmi, durante una delle mie risalite della penisola diretto a Torino, a casa Saverio Zeni, editore di OK Mugello, un giornale on line che si occupa della vita vissuta di chi vive in quei luoghi anima della “provincia” di Firenze.
Accompagnato da Saverio e Gina, mia moglie, ci siamo incamminati a piedi, nonostante il tempo prometteva pioggia, decisi a raggiungere l’eremo di Barbiana, una frazione del comune di Vicchio nel Mugello.
La strada, all’inizio coperta di asfalto e poi lasciata sterrata più o meno com’era al tempo andato, sale lentamente verso i boschi che coprono la collina. Nascoste nella folta vegetazione abitazioni di vario tipo alcune recenti o ristrutturate, altre lasciate “fagocitate” dalle piante. Cartelli situati ai margini della via ricordano vari articoli della Costituzione italiana, altri ad indicare località che compongono l’arcipelago di quel mondo agricolo-pastorale dove fu confinato don Milani a pagare le cambiali che aveva “sottoscritto” cercando di dare dignità agli operai portandoli in sacrestia per insegnare loro a leggere, scrivere e a far valere i loro diritti conquistati con la Resistenza e sanciti nella Costituzione.
Il cielo non promette niente di buono ma la scelta di salire a piedi è oramai irreversibile … armati di ombrelli e buona volontà partiamo con destinazione Barbiana.
Decido di registrare l’interlocuzione che avvio con Saverio per poi pubblicarla su FB gli argomenti toccano molti argomenti e, ovviamente, dell’esperienza fatta da Don Milani. Lui mi racconta che gli ex allievi del “priore”, dopo una fase di cooperazione fattiva per dare seguito agli insegnamenti del “maestro”, hanno preso vie diverse e, in alcuni casi, anche contrastanti.
In ogni caso, ora la casa, la chiesa e gli spazi, che recentemente sono stati visitati anche da Papa Francesco, sono gestiti da una fondazione che, in loco, è rappresentata da due “curatori” che accolgono visitatori singoli o organizzati in gruppi previa prenotazione.
Intanto che mi appresto a concludere la mia “intervista” a Saverio, facendo alcune considerazioni sull’esperienza di Don Milani, mi sento redarguire da un signore che si affaccia sullo slargo davanti alla chiesetta dove mi trovo: “bisogna essere precisi quando si parla di Don Milani!” Alzo lo sguardo e cerco di capire cosa vuole intendere …
Saverio ascolta a distanza e Gina gironzola per assaporare in pieno le emozioni di quel luogo.
Continuando ad interloquire con l’arzillo signore arrivo davanti all’ingresso del salone laboratorio dove vengono accolti i ragazzi delle scuole per fare attività di laboratorio.
Giuseppe, così si chiama, ci invita a sederci e riparte con una serie di informazioni sulla vita di Don Milani, cerco di avvicinarmi alle foto che ritraggono il prete e i suoi allievi situate sui muri, ma subito vengo ripreso e invitato a non fotografare. Ci sediamo su una delle panche e mi pongo in atteggiamento di ascolto visto che sto registrando ciò che mi dice il “custode” di tanta “grazia”.
Ad un certo punto si affaccia sulla porta che separa i due ambienti di cui si compone la struttura e mi chiede di spegnere la telecamera perché quello che è custodito in quel luogo per vederlo bisogna recarsi a Barbiana!
Acquisto due libri, “Lettera ad una professoressa” e “la vita di don Milani” Decido di uscire a respirare un po’ d’aria …
Entro nella chiesa, mi aggiro negli spazi, mi dirigo verso il piccolo cimitero dove è sepolto, don Milani …
Riprendo la strada del ritorno, intanto ricomincia a piovere e devo aprire l’ombrello. La discesa è foriera di bilanci di una giornata trascorsa in compagnia di un “mito” vero soprattutto per chi ha passato la sua vita a tentare di educare e insegnare ai più piccoli.
Il “pellegrinaggio” fatto in questa occasione è stato anche un modo come un altro per ripassare la mia vita professionale. L’aver dovuto vivere questa esperienza in una condizione di “disagio” per l’atteggiamento sopra le righe di chi avrebbe dovuto accogliere più che sindacare, aprire più che chiudere, assecondare più che respingere … è stata la dimostrazione di come si può cambiare nel proprio modo di essere: prendere il meglio da ogni situazione e lasciare cadere nel vuoto ogni “provocazione” che può far decadere quello che di buono puoi portare a “casa”.
La Barbiana di don Milani incontrata fisicamente quando i miei “giochi” di educatore sono ormai “fatti” mi ha fatto scoprire quanto si possa apprendere anche quando ci si trova di fronte a qualcuno che non ha niente da insegnare.
Tornati a valle, Saverio ci saluta e io e Gina riprendiamo il viaggio per Genova dove ci attendono Franca e Pasquale per passare una serata insieme passeggiando nella città della “Lanterna”.
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