Domenica scorsa il Vangelo ci ha presentato Zaccheo, che “cercava di vedere Gesù”, espressione che nel greco usato da Luca indica che egli non era motivato da mera curiosità, ma dal bisogno di conoscere un personaggio straordinario. Gesù, che non si fa condizionare dal cliché popolare pronto a ritenere quest’uomo peccatore impenitente, non esita ad incontrarlo. Così il testo descrive la convergenza di un anelito di salvezza: quello di Dio, pronto a concederla, e quell’uomo disposto a riceverla. Questa dinamica è già implicita nel nome del capo dei pubblicani, dall’opinione pubblica ritenuto un ricco disonesto, ma il nome Zaccheo nella lingua ebraica significa puro, innocente: una evidente provocazione! Egli tenta di vedere Gesù e scopre di essere stato già notato. Il Maestro lo scorge e manifesta l’intenzione di fermarsi a casa sua, quasi fosse una vecchia conoscenza. L’evangelista sembra voler sottolineare le nostre ricerche una predisposizione personale all’evento di grazia già in azione. Tutto ciò avviene per la magnetica forza dello sguardo di Gesù, il quale non vede nell’uomo il pubblicano possessore di colpevole ricchezza, ma in lui riconosce innanzitutto il “figlio di Abramo”.
L’incrocio di questi sguardi determina la conversione, Zaccheo si redime quando riconosce nei poveri, ai quali ha sottratto denaro, i fratelli in Abramo mentre in lui aumenta la fede. Infatti, agli inizi sua l’intenzione è solo vedere Gesù (Lc 19,3), ma in realtà incontra il Signore (Lc 19,8) e così cresce il desiderio di porre riparo con gesti concreti di conversione, sollecitati non da rimproveri ricevuti ma dall’incondizionata accoglienza di un amico. Purtroppo chi è sempre pronto a scandalizzarsi si ferma alle apparenze e mormora perché il Signore “È andato ad alloggiare da un peccatore” (Lc 19,7), atteggiamento che si riscontra nell’attuale crisi che attanaglia la società liquida. In tanti, in troppi guardano e si scandalizzano, osservano e giudicano, vedono e condannano; invece Gesù predilige un incontro personale, si ferma e si muove a pietà. Il passo del Vangelo descrive proprio questa dinamica e la relativa conseguenza, unico rimedio per sciogliere il nodo gordiano di egoismo, prepotenza, sopraffazioni che assillano l’umanità togliendo speranza agli aneliti di salvezza.
Gesù passa accanto, alza lo sguardo e così Zaccheo scopre di essere osservato, cercatore ricercato; riceve l’invito a scendere dall’albero perché il Maestro sente il dovere di fermarsi da lui, lo chiama per nome, segno della conoscenza personale di chi distribuisce misericordia. Gesù prima incontra, poi converte senza richiedere nessuna espiazione; dichiara il proprio bisogno di stare insieme precisando con i suoi gesti che non intende ammettere Zaccheo nel suo mondo solo dopo che si è convertito, non pone condizioni. La misericordia di Gesù delinea nuovi orizzonti; non solo è disposto ad entrare in casa del peccatore, ma addirittura sedersi a tavola, segno di consolidata amicizia.
L’episodio proposto costituisce lo specchio e la frontiera del programma messianico: tutti possono avere Dio alla propria tavola. È il metodo sconcertante di Gesù, la cui efficacia si misura dalla capacità di far mutare vita ai peccatori mangiando con loro, cioè condividendo col cibo nuove prospettive di vita, senza ammonizioni ma sorprendendo con l’intensità di un’amicizia dalla quale promana la grazia che ripara esistenze in frantumi. Zaccheo reagisce alla presenza di Gesù cambiando vita, compie quanto il Maestro non gli chiede e va oltre le disposizioni della Legge: distribuisce metà dei suoi beni ai poveri, quindi, se ha rubato, di fatto restituisce quattro volte tanto.
Quale è il motore di questa radicale trasformazione? Gesù non giudica, dà credito consentendo al peccatore di scoprirsi amato non per propri meriti e così è disposto a rinascere. Le modalità della misericordia di Dio vengono descritte riflettendo sui particolari proposti dall’evangelista nel descrivere l’esperienza di Zaccheo. Questi cerca di vedere Gesù, ma deve superare l’ostacolo della folla; piccolo di statura, si rende conto che per poter incontrare il Maestro deve uscire da questo abbraccio anonimo e trasformare il proprio limite – la statura – in opportunità per un personale cammino. La grandezza del piccolo Zaccheo è nella disponibilità a riflettere sulla propria condizione: ricercare aiuto, anche solo un albero di sicomoro sul quale arrampicarsi, consente di vedere Gesù. I limiti fisici, morali, intellettuali, se analizzati con acutezza, non possono impedire irrimediabilmente l’incontro col Signore quando persiste l’anelito a conoscerlo.
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