Dopo le parabole della misericordia nella scorsa domenica, Luca invita a una profonda meditazione sulla nostra vita per dare risposte concrete a quanto è emerso nel finale della parabola del padre misericordioso (Lc 15,11-32): siamo noi a dover decidere, dopo la sollecitazione a praticare misericordia come Dio, sempre disposto ad usarla con noi. Gesù continua a parlarci in parabole per svelare il mistero del Regno e sembra quasi colto da scoramento considerando il nostro modo di vivere. Per scuoterci mette in cattedra un peccatore, un figlio di questo mondo segnalatosi per scaltrezza. Questi impartisce una lezione a noi, amministratori del dono del creato e chiamati a renderne conto. Il primo insegnamento è un invito ad usare l’astuzia per diffondere l Regno. Come? Farsi amici i debitori del padrone, aiutarli sperando in un loro aiuto nel momento del bisogno. Gesù descrive l’operato di un malfattore divenuto benefattore perché muta senso al danaro per consolidare la rete di amicizie. E’ un altro avvertimento per tutti noi: il Signore richiede impegno e responsabilità, amore e maturità operando con astuzia, come le volpi, e rimanendo semplici nell’animo come le colombe, sintesi del vero amore cristiano che ci rende persone di pensiero e di azione. L’amore non si ferma dinanzi agli ostacoli se la nostra intelligenza è permeata di saggezza e si sa usare la ricchezza per il bene dei fratelli.
La breve parabola si rivela rivoluzionaria perché inverte il paradigma economico. La riporta l’evangelista Luca, il più intransigente nell’esaltare la povertà, come si desume dal passo relativo alle beatitudini. La portata di questa parabola è chiarita dalla tradizione patristica. Crisostomo spiega che la “disonesta ricchezza” è tale perché all’origine del suo accumulo c’è sempre qualche frode. Infatti, il Creatore non ha fatto i ricchi e i poveri, ma a tutti ha donato la stessa terra. Si è invitati ad un capovolgimento di prospettiva rispetto al culto di Mammona, che in aramaico significa “ciò che conta, che conferisce sicurezza”. Gesù considera preminente la liberante e salvifica cura dei fratelli. La fiducia in Dio traspare dalla parabola proposta dal vangelo (Lc 16, 1-13), passo difficile da comprendere, quasi imbarazzante, per alcuni forse scandaloso. Luca riferisce che il fattore viene lodato non perché ha operato il bene, ma perché ha applicato la sapienza di questo mondo, dimostrando di essere scaltro in una condizione di emergenza dopo il licenziamento. Passa in rassegna le soluzioni possibili, con un’azione discutibile rimedia alle irregolarità commesse per farsi degli amici, lodato per l’energia dimostrata e la capacità di decidere in situazioni avverse. Nella prospettiva dell’evangelista diventa un gesto profetico, fa intravedere quanto Dio è disposto a compiere per l’uomo: dona e perdona, rimette i debiti. Nel fare ciò invita a rovesciare le modalità di uso del danaro: dal freddo accumulo alla condivisione sulla quale fondare l’amicizia, motivo della lode perché farsi amici conta più del danaro, scelta necessaria perché non si possono servire due padroni, ricordando che i beni materiali, pur risultando buoni servi, diventano sempre dei pessimi padroni. Infatti, la ricchezza di per sé non è cattiva, lo diventa se la trasformiamo nel nostro idolo. Allora divorerà il cuore e gelerà ogni pulsione al bene.
In questi mesi il complesso paradigma economico del mercato sta dimostrando le evidenti aporie di una crescita basata sul convincimento che più danaro significa necessariamente più benessere. Invece, le relazioni fra uomini devono basarsi sulla legge della solidarietà e della sobrietà per saper condividere e mostrare la cura che si ha del creato, dove l’amicizia fa gustare la buona vita. Nella prima lettura della liturgia della Parola della scorsa domenica (Amos, 8, 4-7) si propone una riflessione di drammatica attualità. Il profeta evoca situazioni che si riscontrano ancora oggi, ingiustizia e soprusi a causa delle “bilance false” utilizzate da banchieri senza scrupoli, delle “vendite ritardate” per far accumulare debiti, del continuo e strumentale rialzo dei prezzi per imporsi in regime di monopolio, d’incette e strozzinaggio. La liturgia rivolge un ammonimento ed invita i “padroni del vapore”, che operano nell’industria, nel commercio, nella politica, a fare un esame di coscienza. Dice Amos, spesso costoro vogliono apparire pii per il semplice fatto di rispettare esteriormente il sabato. Ma ben altra è la loro responsabilità, come dimostra la crescita esponenziale della povertà!
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