Domenica scorsa la liturgia della Parola ha invitato ad imitare Eliseo, che segue Elia in spirito di libertà come raccomanda Paolo nella seconda lettura. L’apostolo distingue tre modi di porsi rispetto alla legge: al di sopra trasformando la libertà in licenza, al di sotto come fanno gli schiavi, oppure considerarla una occasione per rispettare gli altri con la libertà dei figli di Dio, i quali accettano la volontà del Padre perché la considerano espressione suprema dell’amore. La prima lettura e il vangelo chiariscono ancor più questa esigenza.
Elia, che sta per concludere la missione, sceglie Eliseo come successore. Gli permette di andare a salutare i familiari, una evidente differenza rispetto a quanto prescrive Gesù, molto più esigente. Perché?
La luce della verità e il calore dell’amore devono attrarre completamente coloro che Cristo indirizza a Dio. Il Padre salva e affascina a tal punto che non é possibile distogliere da Lui occhi e cuore. Alle richieste di alcuni, che vorrebbero seguirlo, Gesù risponde con immagini paradossali nell’enumerare le condizioni. I discepoli devono attendersi non solo povertà e fatica, ma anche rischi e precarietà. Chi lo segue non può aspirare a sicurezze umane, ma sperare sulla paternità di Dio in un tracciato di vita nel quale mettere in conto anche l’evenienza di perderla. Gesù richiede anche una seconda condizione: il distacco da persone care se risultano di ostacolo perché vero amore è innanzitutto condividere il progetto di salvezza superando ripensamenti e nostalgie. Egli invita a gustare le opportunità della vita e non essere incoerenti rispetto ai principi che guidano la coscienza o titubanti di fronte ai fallimenti, tantomeno guardare indietro per fallace nostalgia. E’ la sequela cristiana, il cui presupposto è l’esaltazione della libertà che vince ogni ricerca di sicurezza materiale, supera la formale prassi religiosa e i condizionamenti degli affetti quando ostacolano la possibilità di far fruttificare i talenti ricevuti. Essa si fonda sull’assoluta fiducia in Dio, sul radicale distacco, una costanza senza ripensamenti. Si tratta di condizioni che rendono veramente liberi e consapevoli per cui non sono ammessi rinvii, distrazioni, nostalgie o uscite di sicurezza.
Gesù sconvolge tutti mentre s’incammina verso Gerusalemme con passo sicuro malgrado la stanchezza, nessuno può fermarlo, nonostante avvertimenti e inviti alla prudenza, nemmeno tradizionali nemici degli Ebrei come i Samaritani, i quali non gli consentono di attraversare la loro terra per rendere più facile il viaggio. Così l’esperienza del Golgota, dove patisce la non-accoglienza, è anticipata da questo rifiuto; tuttavia Egli non condivide la collera dei discepoli, che sollecitano la punizione, manifesta, invece, la misericordia dell’amore paziente. E’ la sua missione, mentre Giacomo e Giovanni, tra i dodici a lui i più vicini, dimostrano di non aver compreso il suo insegnamento rimanendo abbarbicati al loro contesto culturale. Pregare per distruggere il nemico è la loro intenzione, una manifestazione d’intenti che trova tragica rispondenza nell’esperienza di questi giorni! La risposta di Gesù è rivoluzionaria nella sua disarmante semplicità: non si distrugge chi non accetta il nostro modo di pensare; egli difende la libertà di chi la pensa diversamente e così elimina persino la categoria di nemico.
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