Se si fa una ricerca su Google scrivendo “nomina del presidente del parco del Cilento” compare un articolo sul sito di “Italia2Tv” che “racconta” di come “Vincenzo De Luca si è espresso negativamente sulla sua eventuale elezione alla presidenza del Parco Nazionale del Cilento Vallo Di Diano, Alburni, di Simone Valiante”! inoltre si ipotizza che, oltre a quello di Valiante, circolava il nome dell’attuale vice presidente, Cono D’Elia, ex sindaco di Morigerati e di Giuseppe Cilento, primo cittadino di San Mauro Cilento caldeggiato dai 5 Stelle”. Infine, compare nella cronaca un nuovo nome, quello di Michele Buonomo, ex presidente di Legambiente Campania”.
Intanto, Tommaso Pellegrino e il consiglio direttivo, hanno “guadagnato” un altro anno di gestione per portare parcheggiare l’ente parco in un territorio del tutto sconosciuto … Quello dell’indifferenza sia da parte del ceto politico locale sia nella considerazione dei cittadini che vivono nei comuni situati nel perimetro dell’area protetta.
Tutto questo è dovuto al fatto che in Italia si sono tenute tre tornate elettorali da quando l’attuale consiglio e presidente sono entrati nella terra di “nessuno” avendo esaurito il tempo del loro mandato: regionali, Consiglio provinciale, amministrative del 2021 e del 2022.
Sono cambiati molti organismi che hanno diritto di avere voce in capitolo, se non nella nomina del presidente, nella scelta dei quattro consiglieri nominati dalla Comunità del parco. Per non parlare delle scelte gestionali fatte e affidate alla responsabilità di metterle in atto alla struttura amministrativa coordinata dal direttore.
Ma ancora più importante è la “questione del sentimento” che aleggia intorno al sistema “parco”. La forbice tra l’idea stessa dell’area protetta e chi vive nel territorio si è divaricata al di là di ogni ragionevole assuefazione; è andata oltre ogni possibile rivendicazione ideologica; ha sforato l’immaginario collettivo di insensibilità rispetto all’essenza stessa del valore ambientale che esso rappresenta …
Quando si insediò l’attuale presidente, Tommaso Pellegrino, allora sindaco di Sassano, nel suo discorso di apertura del suo mandato criticò abbondantemente le passate gestioni che sintetizzò con una frase ad effetto: “finora il Parco si è appuntato sul petto diverse medagliette attestanti riconoscimenti internazionali; ora è arrivato il momento di rivolgere attenzione all’interno dell’area protetta a cominciare dalla cartellonistica ed altre emergenze che creano allarme sociale …”
Licenza Angelo De Vita, direttore dell’ente; non riproponendolo per un nuovo mandato; esautorò Romano Gregorio, come vicedirettore (poi costretto a riprenderlo a seguito del ricorso che diede ragione al vice di Mimì Nicoletti e De Vita); e piegò ai suoi desiderati il consiglio che avrebbe dovuto accompagnarlo durante il suo mandato con l’unica eccezione di Natalino Barbato, allora sindaco di Stio ma nominato dal ministero dell’agricoltura.
Il risultato è quello che, nonostante il governo dell’ente sia stato dal 2016 ad oggi in mano a ben 8 sindaci consiglieri su 12 componenti, l’area protetta non ha mai avuto un indice di gradimento più basso nell’opinione della popolazione che vi risiede.
Eppure, non sono state poche le occasioni che l’attuale gestione ha avuto per riconnettersi con il territorio preso in carico:
La revisione e l’aggiornamento del Piano del Parco, l’avvio a soluzione dell’annosa questione dei cinghiali, l’interazione con quanti – operatori privati, associazioni di volontariato, due Diocesi, gli stessi sindaci dei comuni compresi dell’area protetta – erano e sono portatori di legittimi interessi da scandagliare e ricondurre nell’alveo di azione dell’ente.
Oggi, il ministro dell’Ambiente e il presidente della regione Campania, hanno in mano i destini di un territorio grande come una regione ma “prigioniero” di una “provincia” che non ha alcun potere di incidere sui suoi destini.
Il presidente e i quattro consiglieri che nomineranno nel direttivo dell’ente avranno un compito improbo da svolgere: riconnettere i cittadini con l’ente che ha in mano il futuro del territorio che popolano ancora, soprattutto quello delle aree interne già avviate alla desertificazione. Insieme a loro saranno nominati anche quattro sindaci dall’assemblea plenaria della Comunità del Parco.
Solo se i soggetti che saranno indicati e confermati dal ministro dell’Ambiente saranno consapevoli che sono loro l’ultima spiaggia dove potrà arenarsi, per non affondare, allora le possibilità di una ripresa di sintonia potrà essere tentata, altrimenti si godano il loro momento di gloria per aver conquistato il loro ennesimo “strapuntino” di potere e ci lascino vivere in pace quello che resta di un’idea che, in altre realtà, è stata capace di invertire la rotta che porta il vascello a fracassare sugli scogli aspettando tempi migliori.
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