di Bartolo Scandizzo
I dati diffusi dal Centro studi dell’Ance Salerno in merito all’ingente numero di abitazioni di proprietà, il 57,7%, che risultano costruite da più di 40 anni, è già impressionante di per sé!
Se poi questi dati li rapportiamo alle realtà delle aree interne del territorio del parco del Cilento, Diano e Alburni, la percentuale sale sensibilmente con l’aggravante che la stragrande maggioranza degli stessi si trova in uno stato di abbandono.
La causa principale da attribuirsi al fenomeno dell’emigrazione negli anni ’60 e dal relativo decadimento della case che, non essendo più abitate, hanno subito l’usura del tempo.
L’altro motivo che ha indotto a non intervenire con azioni di manutenzione sulle abitazioni è stata la scelta della politica edilizia degli amministratori comunali che hanno concesso ai residenti di costruire ex novo palazzine e abitazioni in zone lottizzate appositamente. Questo ha incentivato lo svuotamento dei centri storici che, ancora una volta, hanno dovuto patire l’abbandono.
Infine, anche il decremento demografico per motivi di lavoro, di studio o anche solo di volersi avvicinare alla zona costiera hanno fatto il resto. Non a caso, sono innumerevoli i casi di paesi posti sulle colline retrostanti le zone marine come albanella, Altavilla, Capaccio, Ascea, Caslavelino, Pollica, Centola, S. Giovanni a Piro … che si sono visti abbandonati per Matinella, Capaccio Scalo, Ascea e Casalvelino marina, Acciaroli, Palinuro, Scario …
Il fenomeno ha prodotto un aumento esponenziale di consumo di suolo e, purtroppo, l’abbandono da parte di intere famiglie delle case, anche di un certo pregio, nei borghi pedemontani.
In questi casi, lo spostamento di residenti nello stesso comune ha avuto una sorta di compensazione in termini numerici. In altri, la compensazione non c’è stata con riflessi sociali notevoli: invecchiamento della popolazione e relativo elevazione dell’età media della popolazione e costi di mantenimento dei servizi lievitati.
Le case, invece, sono rimaste lì a soffrire il deterioramento con evidenti problemi di abbandono nonostante notevoli investimenti della parte pubblica. Infatti, sono decine i comuni che hanno chiesto ed ottenuto di rifare strade, reti fognarie e dell’acquedotto con interramento della rete elettrice a telefonica. Il risultato è stato quello di vedere che i piccoli centri storici del Cilento somigliano ai loro gemelli dell’Umbria e della Toscana ma, al contrario di questi, le abitazioni sono desolatamente vuote e cadenti.
Intanto il comparto economico dell’edilizia da trainante per l’economia è diventato fanalino di coda che, lasciando a casa centinaia di maestranze e tecnici ha portato la disoccupazione a livelli insopportabili e l’indotto a boccheggiare per anni.
Segnali che vanno nella direzione di un recupero e messa a reddito del patrimonio edilizio abitativo nei piccoli comuni descritti ci sono e sono concreti. Basti pensare a realtà come Giungano, Castellabate Torchiara … indicano una tendenza che andrebbe sostenuta dal pubblico e dal privato.
Si tratterebbe di convincersi che quel patrimonio andrebbe censito, acquisito, ristrutturato e messo sul mercato turistico o più semplicemente delle seconde case per dare “sfogo” alle ristrettezze di spazi che pure affliggono le grandi aree metropolitane.
È un fenomeno già visto in realtà pedemontane dell’arco alpino. Il controesodo è stato ipotizzato da Peppino Liuccio nell’ultimo articolo su Unico n° 18. Non ci sono alternative! Anche la programmazione delle risorse europee va in questa direzione. Bisogna rompere l’accerchiamento ed elaborare un piano operativo che dia speranza e forza alla volontà di molti che non vogliono arrendersi, per necessità o virtù, al definitivo declino.
Si tratta di mettere insieme i portatori d’interesse sociale (gli attuali residenti o proprietari di case abbandonate), le imprese edili, piccole e grandi, che con le ristrutturazioni potrebbero ripartire per un New Deal del settore, le aziende dell’indotto, tecnici e professionisti progettisti, comuni ed Ente Parco Nazionale del Cilento, Diano e Alburni, le Bcc del territorio, operatori di Incoming turistico e chiunque ha a cuore il rilancio della vita nei borghi dei padri.
Si potrebbe costituire una SpA a capitale diffuso che abbia come scopo la ripopolazione di un’area vasta che non potrà sopravvivere ancora molto senza un reimpianto di vita vissuta, anche se solo Part Time: fine settimana e vacanze: .
Non è un’impresa semplice né di corto respiro. Certamente vale la pena di provarci con la consapevolezza che non farlo, questo è certo, ci lascerà con l’amaro in bocca di quello che poteva essere e non è stato.