Nell’ultimo decennio del secolo appena trascorso, in un’agile pubblicazione promozionale, l’allora Presidente della Comunità Montana Costiera Amalfitana, il compianto Donato Cufari, scriveva in apertura: «La cornice della Costiera Amalfitana, per il turista frettoloso o stanziale, è definita dalla costa frastagliata, con le sue baie ed insenature; dalla luminosità dei suoi colori vivaci; dalla solarità e dal suggestivo e spettacolare paesaggio. Non è immediatamente percepibile una visione d’insieme della Costiera in quanto ogni tornante, ogni angolo permette di scoprire nuovi aspetti, suscitando nuove emozioni che spingono il turista ad un’estasi contemplativa».
Una fotografia perfetta di quest’ansa dell’ampio golfo di Salerno che, con il dirimpettaio Cilento-Vallo di Diano-Alburni è riconosciuta dall’UNESCO come Patrimonio dell’Umanità avendo quei “valori così eccezionali – come recita una delle norme circa le caratteristiche da possedere – da trascendere i confini nazionali ed essere di comune importanza per le generazioni presenti e future di tutta l’umanità”.
Ritornano alla mente, dal profondo dell’anima, i versi che il poeta Alfonso Gatto scriveva nelle sue poesie per una terra dipinta: «La strada che da Vietri a Capodorso / a Minori, ad Amalfi, sale e scende / verso il mare di Conca e di Furore / è strada di montagna: vi s’arrende / la luce che nel trarla dosso a dosso / ai suoi spicchi costrutti trova il fiore / del lastrico deserto, la ginestra».
Suggestioni di poeta, versi fatti della stessa sostanza dei sogni, ma a spulciare gli appunti di viaggio di quegli avventurosi del Grande Tour si scopre che il fascino selvaggio misto alla intelligente modernità, su questa costa, non a caso definita “Diva”, è una costante antica. Non a caso nella prima metà dell’800 Henry Wadsworth Longfellow, nel suo “Outre-Mer: un pellegrinaggio oltre il mare” di questa costiera scriveva: “…una terra di là dal mare, dove s’incontran l’onde colle montagne”.
Questa strada costiera, voluta e inaugurata dai Borbone di Napoli poco prima dell’occupazione sabauda, è l’unico modo per raggiungere uno dei tredici comuni racchiusi su quest’ansa montuosamente marina del Golfo di Salerno. Prima si giungeva o via mare o attraverso sentieri montani che scavalcavano la cresta preappenninica della Penisola. Viaggio a volte avventuroso, al quale neanche gli antichi romani, che sapevano ben organizzare i loro ozi, si sottraevano avendo solo l’ambizione di costruire loro ville su questa costa onde godere dei silenzi della natura assaporando del buon vino locale in “dolce” compagnia. E sono oggi i siti di Minori e quello di Positano, di recente riportato alla luce dalla Soprintendenza. Ma la presenza di viaggiatori o “turisti” non è mai venuta meno, tant’è che non pochi scrittori, pittori, attori l’hanno scelta come loro buen retiro o come rifugio dalla storia, soprattutto in quel ventennio del secolo scorso che vide la presenza in Europa dei due più grandi totalitarismi dai quali fuggire.
E c’è Amalfi, antica e prima Repubblica Marinara che seppe dare all’uomo le prime regole di navigazione oltre a quell’essenziale strumento di orientamento che era la bussola. A metà costa, quasi nido d’aquila, Ravello si affaccia sull’infinito con i silenzi propri delle armonie musicali. Senza contare quelle geometrie aeree chiamate “maceri” ecologicamente digradanti verso il mare senza un solo acino di cemento, ma a solo pietre di roccia, che sono nel contempo “una bellezza fisica e una diversità naturale”, come le ha definite Mario De Iuliis, consigliere nazionale dell’Unpli, che aggiunge: «L’area rurale della Costiera dimostra la versatilità dei suoi occupanti nell’usare il terreno sfruttandone le diversità, dai vigneti ai frutteti, sino ai pascoli delle zone più alte». Un’armonia di verde che esaltarono quel genio delle ordinate incisioni che fu Maurits Cornelis Escher “meravigliato dai declivi calcarei a picco sul mare della dorsale amalfitana”.
Da non dimenticare inoltre la diffusa bottega delle mani, che produce carta a mano, ceramica, moda, comparti di grande importanza per un territorio dove il turismo è internazionale ed elitario: il nutrito comparto alberghiero annovera ben venti strutture a cinque stelle e a cinque stelle lusso.
I quaranta chilometri di tortuosa strada che da Vietri giunge sino a Positano, elevandosi con diramazioni verso le oasi montane del silenzio e della natura, sono un intreccio di mare e di monti, agricoltura e turismo, storia e mito, artigianato e pesca: patrimonio di una popolazione che ha saputo costruire con intelligenza, ha saputo tutela un patrimonio donato all’uomo nel giorno della creazione. Un patrimonio che va conservato e tutelato essendo “della massima importanza per la comunità internazionale nel suo insieme”.
Dice Maro De Iuliis che essere Patrimonio dell’Umanità è «un riconoscimento più che meritato che ormai fa parte della storia ed è merito degli abitanti della Costa d’Amalfi che con tenacia e abnegazione continuano a difendere questo bene ampiamente riconosciuto a livello mondiale».
Era il 1983 quando la locale Comunità Montana, aggregando tutti i Comuni del territorio, o forse su loro sollecitazione, intraprese una battaglia giudiziaria contro la concessione alle perforazioni petrolifere nel golfo da parete della ELF. Una battaglia vinta, perché tutti gli abitanti dell’intero territorio si unirono a difesa del loro patrimonio ecologico di cui allora come oggi, e forse più, ogni singolo cittadino si sente convinto tutore e conscio che la strada dell’ecologia è non solo percorribile, ma anche economicamente interessante. Basti vedere le presenze turistiche, i pernottamenti, le frequentazioni dei ristoranti per vivere la magia di portare a cena con la luna la donna di cui si è innamorati.
La riscoperta di antichi sentieri montani, uno per tutti “il sentiero dei limoni” così ricco di sapori e profumi inebrianti, l’attivazione di sistemi di trasporto ecologici quali bici assistite, la ridefinizione dei luoghi di sosta per bus turistici, la ripresa di collegamenti marini, quindi incremento degli attracchi, ed altre iniziative del genere denotano una mentalità unica: tutelare un patrimonio naturale e ambientale di cui si è fortunati fruitori, ma non possessori, in quando appartiene alle generazioni future, qualsiasi sia il loro credo, la loro razza, la loro provenienza.
Di fronte a certi scorci di panorami, a tagli di visuali, ancora una volta giunge, dal profondo dell’anima, il poeta Gatto quanto di Positano scriveva: «Vi restano più a lungo le parole / non dette ed è, all’accorrere, la svolta / d’un paese che c’è come una volta, da chiamare per nome e da tacere. / Un sogno dire queste case vere».
Ecco la sintesi: tutto è come una volta. Scriveva il filosofo Walter Benjamin: “E qui… feci l’esperienza di quello che significa avvicinarsi a un cerchio magico”.
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