Gentile direttore
Le scrivo per chiederle quanti bambini negli ultimi dieci anni sono stati iscritti all’anagrafe del Comune di Roccadaspide con i nomi dei Santi Patroni. Ritengo che i nomi Sinforosa e Getulio siano bellissimi; trovo che in essi vi sia racchiuso qualcosa di musicale e di rassicurante. Questa opinione può anche non essere condivisa ed allora io mi chiedo se i tanti altri nomi oggi in uso siano più belli. Poiché da anni mi pongo questi interrogativi, ho raccolto qualche parere dal quale si evince che quei nomi risultano spesso storpiati dalle forme dialettali, D’altra parte si assiste al fenomeno dilagante dell’uso di nomi presi a prestito dalle telenovela. È vero che il passare del tempo, determina cambiamenti negli usi a costumi delle popolazioni. Ma credo che noi ci dovremmo preoccupare seriamente se il disuso di alcuni nomi volesse significare il rifiuto delle origini. Il “polso” culturale di un territorio, si avverte in base al verificarsi di questi fenomeni e non solo in base al numero di diplomati e laureati ivi residenti,
Gentile direttore, Le chiedo, inoltre, di farsi promotore di qualche iniziativa che serva a ridare dignità ai nomi di Santa Sinforosa e San Getulio. Il risultato finale dovrebbe contribuire a non far diventare i giovani degli “smemorati* a riguardo dei valori e delle tradizioni.
Grazie
Fernanda Gorga
Da un’indagine effettuata presso gli uffici dello stato civile di Roccadaspide risulta che nell’ultimo decennio nessuna famiglia ha imposto ad un proprio figlio uno dei nomi indicati. Ad una sola bambina, nata nel settembre scorso, è stato dato, come secondo nome, quello di Sinforosa. Certo è strano che, in occasione della registrazione di una nascita, nessuno più si ricordi dei nostri Santi Patroni. Allora, come dobbiamo interpretare il fenomeno? È, dovuto, cioè, solo ad una dimenticanza? o è anche espressione di un desiderio di cambiamento? o, addirittura, come sembra paventare la nostra interlocutori. – Ce, va inteso come un rifiuto delle propria origini? Certamente è una dimenticanza. Spesso si registra che l’uomo di oggi non dà sempre la dovuta importanza a tutti i valori del passato, su alcuni dei quali, perciò, cade inesorabilmente l’oblio. Ma esprime pure un desiderio di cambiamento, tenuto desto ed accentuato dai nuovi mezzi di comunicazione e di circolazione delle idee, attraverso i quali si va compiendo una profonda trasformazione culturale ed epocale.
È anche un rifiuto delle proprie origini?
Sinceramente non lo credo. Molti segnali indicano, invece, l’avvio di un processo di riscoperta del passato, di studi e di attività finalizzate alla rivalutazione delle nostre radici, di attaccamento e di amore al proprio “campanile”, nello stesso momento in cui si esalta il superamento degli stati nazionali, si abbattono le frontiere, si auspica l’unione è di tutti i Paesi, si lavora, si gioisce e si soffre in una economia globalizzata, E non credo che si tratti di una contraddizione del nostro tempo, ma a mio avviso, tutto ciò rappresenta il presupposto per la nascita di un nuovo umanesimo. Certamente il nome Sinforosa dovrebbe sembrare a tutti ( e non solo alla nostra gentile lettrice) bellissimo, specie quando ciascuno documenta sul suo significato originario e su quello aggiunto dall’eroismo della santa che lo portava, la quale, unitamente al rito Getulio e ai loro sette figli (Crescenzio, Giuliano, Nemesio, Fimitivo, Giustino, Statteo ed Eugenio) fu martirizzata in Tivoli il Luglio dell’anno 120 per non aver voluto sacrificare agli dei pagani. Ma, oltre all’evidente musicalità del nome, (non ha la stessa radice di sinfonia?), c’è indubbiamente da registrare in esso anche quasi di “rassicurante”. Deriva, infatti, dal verbo greco sumfort (-portare insieme, raccogliere ) da cui l’aggettivo sumforetós portato insieme, raccolto) o sumfóresis , termine filosofico per indicare il concorso degli atomi effettuato in una cellula, talmente pizzoso da permettere il formarsi di una vita. All’originario significato si aggiunge poi quello apportato dalla vita della morte della Santa, che esprime la somma di eroiche virtù, donna, di sposa, di madre e di fede, fino al supremo sacrificio di : e della sua famiglia, ferocemente sterminata dai persecutori. Ciò detto, va pure confermato che a far cadere in disuso quel nome deve aver contribuito anche il locale dialetto, che ne ha trasamato espressione e suono, e fatto perdere l’originario significa con la sua chiara musicalità. Per completezza va pure ricordato che nel 1808 fu rappresentata Roma la commedia di G. Giraudi “Eutichio e Sinforosa”, divenuta quel tempo molto popolare, La protagonista appariva sulla scena con un grande cappello tenuto legato sotto il mento. Da allora diffuse nell’uso l’espressione “cappello alla Sinforosa”, o l’altra, registrata dal Panzini, “Madama Sinforosa” per indicare ” una vecchia che vuol apparire giovane e che si veste ridicolmente”. Allora dobbiamo concludere che non è solo il dialetto responsabile di certi cambiamenti negli usi e nei costumi di un popolo, ma è vita stessa che muta e si trasforma inseguendo spesso i capricci della moda e segnando anche il deprecato abbandono di quei nomi che fanno parte ormai della nostra storia per preferirne altri, a volte estranei alla nostra cultura, come quelli delle telenovela, capa per noi di esprimere solo un’emozione momentanea e fuggitiva! Ci si chiede, infine, di promuovere un’iniziativa che contribuisca ridare dignità ai nomi dei nostri Santi Patroni e ad evitare che i giovani diventino degli “smemorati’ rispetto ai valori del passato e delle tradizioni.
Raccogliamo con piacere l’invito non senza osservare che lo scorrevo di questo giornale non si esaurisce nella documentazione dell’accadimenti del tempo presente nel territorio, ma tende a prepara anche un futuro migliore, che può realizzarsi soprattutto attraverso studio, la riscoperta, il recupero e la valorizzazione di quanto vi di buono e di grande nel passato.