“Se anche sapessi che ogni giorno troverei un tesoro, mi accontenterei di essere il più miserabile purché fossi a voi vicino …” con questa frase si concludeva l’ultima lettera di Camillo Di Stati spedita a sua moglie, Amorosina Sabatella, ed ai suoi genitori, dalla “Zona di guerra”, il 2 novembre 1916. Il 3 novembre 1916, quando ormai i soldati si erano adeguati all’idea di doversi occupare del maltempo che dell’avversario, all’improvviso, giunse dal comando della 17^ divisione l’ordine di ritentare la conquista dell’Osservatorio austriaco a quota 2634 m. si trattava di un caposaldo munito di trincee blindate ed armati di mitragliatrici.
Nel 1959, Dolk Kickel, soldato austriaco che combatté sul fronte opposto, e tornò a visitare quei luoghi, scrisse sul suo diario che intitolò “Sentinella sulle Dolomiti, anno 1916″: Appena mi trovai qui, profondamente commosso e immerso nello spettacolo del magnifico mondo montano, con la tranquillità e la solitudine intorno a me, ebbi un desiderio: che gli allora combattenti italiani e i miei camerati da lungo tempo andati di là, potessero alzarsi ancora una volta per porgersi vicendevolmente le mani ed ammirare con me la magnifica ‘Enrosadira’ delle Pale di San Martino, con spirito di autentica fratellanza tra i popoli, in cameratismo, pace e libertà!”
In questi tempi di guerra, aver avuto tra le mani un libro che ci riporta indietro a tempi diversi, ma mai così attuali, vi sono entrato dentro timidamente con l’animo triste di chi ha vissuto la sua vita in assenza conflitti bellici anche grazie a coloro che, tornati vivi o morti da campi di battaglia, hanno dovuto pagare sulla loro pelle lo strazio di essere stati “carne da macello”.
Dobbiamo a Camillo Di Stati, nipote del “sarto” soldato che da Felitto dovette rispondere alla chiamata alle armi e “armarsi di fucile e baionetta” perché coscritto, la possibilità di conoscere nel profondo i sentimenti, alti, di suo nonno arrivato a Roma e lì addestrato per partire per il fronte.
Io devo ringraziare l’amico Donato di Stati, che mi ha fatto dono del libro edito dal cugino, perché altrimenti non avrei potuto far “rivivere” in questa pagina il ricordo di un uomo che ha fatto tutto il dovere che l’Italia gli imponeva, ma non ha perso nemmeno un’occasione per essere vicino alla sua famiglia: Amorosina, sua moglie; e Pasqualina, Teresina e Gina, le sue figlie.
Nelle 25 lettere e cartoline che ha scritto a sua moglie, troviamo uno spaccato di uno stato d’animo che non si è dato mai per vinto né ha mai perso la speranza di poter tornare e riabbracciare la sua famiglia e ad occuparsi della vigna e del suo laboratorio di sarto.
Vi troviamo anche il tentativo di una raccomandazione all’On. Giuliani, di Roccadaspide, che pur incontrandolo a Roma, fu impossibilitato a perorare la sua causa a causa della guerra imminente.
Come anche la sua abilità di artigiano messa a disposizione di commilitoni e superiori, se pur fu utile a sbarcare il lunario o a farsi esonerare da servizi pesanti, non rese giustizia alla sua crescente aspirazione di tornare, sia pur in licenza, per riabbracciare la sua amata famiglia e a rivedere il carissimo paese, Felitto.
Camillo, il 24 aprile del 1916, scrive da Corneto Tarquinia (oggi solo Tarquinia in provincia di Viterbo), e comunica che lavora presso una sartoria militare per la confezione delle divise: 4 lire e 20 centesimi per 6 giorni di lavoro.
Il 29 giugno, dopo mesi passati a sperare di poter “non partire” ecco Camillo che scrive dalla stazione di Bologna approfittando del cambio di treno. Vestito di abiti di lana, dotato di fucile e cartucce viaggia verso il Trentino che lo aspetta per essere “liberato”. Treviso, Belluno, Peron, Agordo …
Il 3 luglio 1916 spedisce la 1^ lettera dalla “Zona di guerra!” Qui si incontra con Luigi Venturiello, Giovanni Guerriero, Angelo Gnazzo e 2 Rocchesi. La lettera ha come mittente la 7^ compagnia Brigata Tevere.
Camillo affida le sue speranze di restare in vita alla Madonna di Costantinopoli e non manca mai di informarsi della maturazione dell’uva e della prossima vendemmia. Intanto al fronte si comincia ad entrare nel vivo della guerra con assalti a colli e monti come cima Bocche. La neve caduta copiosa fa inviare l’ennesimo assalto e Camillo se ne rallegra con la famiglia … e chiede che si faccia una “maccheronata con i piccioni” e si beva “moscato” alla sua salute … lui intanto aspetta con ansia la “licenza invernale” che dovrebbe farlo rientrare a Felitto per riabbracciare i suoi affetti.
Il 2 novembre 1916 Camillo scrive che la “gioia della licenza invernale” arriverà all’improvviso: si viene avvertiti la sera per la mattina! “Conto i momenti per vivere con voi giorni felici!”
Lo stesso giorno scriverà un’altra lettera … poi l’assalto all’Osservatorio che si concluse vittoriosamente ma arrivò l’ordine di continuare fino a Cima Bocche e fu un bagno di sangue: morirono 15 ufficiali e 398 soldati!
L’Osservatorio e Cima Bocche rimase in mano agli Austriaci fino alla fine della guerra!
Dopo la 1^ guerra mondiale, arrivò la 2^ che fu ancora più distruttiva …
Un lungo periodo di pace ha garantito alle generazioni nate dopo il 1945 di potersi emancipare grazie alla Costituzione che “ripudia la guerra” …
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