Il Mida, è l’acronimo dei Musei integrati dell’ambiente di Pertosa. Nasce tutto da una storica intuizione di Alfonso Andria quando cercò di convincere i comuni di Auletta e Pertosa, in eterna lotta per la gestione del complesso speleologico omonimo, che valeva la pena gestire il tutto assieme e magari “mettere a sistema” anche fiume e ambiente circostante. Arrivò poi Antonio Bassolino che ci mise il sostegno della Regione Campania per aggiungervi anche qualche museo e nuove attività turistiche. Uno, più uno, fa più di due, ragionò Bassolino e qui, tra Pertosa ed Auletta, diede vita ad un rilevante investimento pubblico che apparve subito molto più sensato delle colate di cemento e delle industrie di rapina arrivate dopo il terremoto del 1980 che qui aveva picchiato duro. Il suo uomo fu Francescantonio D’Oria, allora veterinario e sindaco di Pertosa, messo alla guida del Mida. Ora tutto ciò rischia di andare in frantumi. In una lettera D’Orilia scrive: “La situazione dei rapporti con le amministrazioni locali di Pertosa e Auletta e soprattutto il loro atteggiamento denigratorio, offensivo ed irriconoscente nei confronti della gestione della Fondazione non mi lascia altra scelta. Lo faccio per il bene comune e affinché la mia permanenza alla guida della Fondazione non offra ulteriori alibi che possano alimentare divisioni tra le due amministrazioni, le quali di comune accordo da tempo ritengono, l’una gridandolo e l’altra ribadendolo, che la mia presidenza e il mio operato sono ingombranti, quando non esplicitamente indesiderati”
SALTO VERSO IL PASSATO
Si comincia da un vero “frutto avvelenato”, che è rappresentato dalla ratifica in Consiglio comunale ad Auletta della sentenza della Corte di Cassazione “Respinta Usi Civici – Grotte dell’Angelo”, notificata nel 2014 e sedimentata nei rapporti istituzionali tra Auletta e Pertosa. Il passo indietro è evidente: si torna al passato. A Pertosa sono esterrefatti: “Si rischia di scoperchiare il vaso di Pandora contenente liti e divisioni che appartengono ad un’altra era e che soprattutto non appartengono a me e a tutta l’Amministrazione che mi onoro di rappresentare. – dichiara il sindaco di Pertosa Domenico Barba – Il presente e soprattutto il futuro lo si scrive insieme e si legge Fondazione MidA”. E uno. Due, Pessolano ribadisce: “La nostra è stata solo una presa d’atto”. AD’Orilia è evidente sta venendo meno il sostegno dei “soggetti locali”, ovvero i primi cittadini direttamente interessati alla gestione del complesso speleologico. Uno dei quali, Pessolano il primo cittadino di Auletta, non glielo manda a dire. “Urge una discontinuità di gestione, si può ricominciare, ma i conservatorismi sono deleteri”.
DAL 5 FEBBRAIO D’ORILIA E’ CONGELATO
Dalcinque febbraio 2022 la presidenza di D’Orilia è terminata di fatto. Lui stesso non chiede la riconferma. “Premesso che ci lavoro gratis da oltre 12 anni, vorrei anche tornare a dedicarmi alla mia famiglia, facciano quel che vogliano ma vorrei che mi riconoscessero il grande lavoro finora svolto”. Semplice? Mica tanto. D’Orilia scrive una lettera pubblica che rinfocola le polemiche locali ed accusa i comuni di voler tornare al passato. “Pietro Pessolano, nelle sue dichiarazioni, manifesta un progetto da parte dei Comuni coinvolti, di Pertosa e Auletta, di smantellare la struttura della Fondazione MIdA così come è oggi, una struttura con gestione autonoma e partecipata da Comuni, Provincia e Regione e di riappropriarsi direttamente della gestione della Fondazione, delle Grotte e dei Musei. E’ una posizione politica come tante altre che però non può trasformarsi automaticamente in un fatto…”. E due. Quando “uno” è la possibilità, espressa in una sentenza di Tribunale, del comune di Auletta che può rescindere la collaborazione con Pertosa. Barba, sindaco della Pertosa comune a lungo amministrato dallo stesso d’Orilia tenta di metterci una pezza con una dichiarazione a sostegno dell’operato della Fondazione MIdA che negli ultimi anni ha fatto conoscere le Grotte di Pertosa Auletta a migliaia di visitatori. “Quello del Presidente D’Orilia è un operato magnifico che ha portato sviluppo e visione lungimirante. – commenta Barba – I risultati sono lodevoli perciò il Comune di Pertosa sostiene la Fondazione. Quella attuale è soltanto una bagarre politica”. Nella coda è il veleno, e d’Orilia non fa mistero di non aver gradito la tiepidezza del sostegno del sindaco compaesano che si è smarcato di fatto dal sostegno a D’Orilia. L’altro sindaco, Pessolano, è molto chiaro. Non nasconde certo il suo pensiero per cambiare presidente alla Fondazione Mida. Francescoantonio D’Orilia, dopo 12 anni di gestione, deve essere sostituito. Solo una nuova guida della Fondazione ne potrà rilanciare le attività. Ed è qui che scatta la rabbia di d’Orilia . “Non credo sia giusto per la mia storia tacere e sopportare questo atteggiamento irrispettoso offensivo per il ruolo che ho ricoperto”.
D’Orilia sull’argomento glissa ma è chiaro che è molto scocciato dal turbinio di nomi di suoi possibili successori che da un bel po’ di tempo girano nei chiacchiericci locali e non solo. Si comincia da Antonio Briscione, sindaco di Contursi e a capo della riserva regionale del Sele – Tanagro, poi c’è chi cala l’asso di Sabrina Capozzolo, già parlamentare del Pd sull’asse Bellosguardo – Agropoli, per poi arrivare ad Eduardo Scotti, su nomina della Provincia di Salerno nel comitato di indirizzo della Fondazione Mida. Eduardo Scotti mica è uno qualsiasi, è stato giornalista di Repubblica e elemento di spicco della cultura salernitana. Poi siccome va trovata una collocazione anche all’ex presidente regionale di Legambiente, Buonomo, c’è chi lo vedrebbe come uomo giusto per il Mida. Alla fine deciderà De Luca, sicuramente. Diranno anche la loro i consiglieri regionali Tommaso Pellegrino e Corrado Matera, uomini del territorio ed assai stimati dal Governatore. I nomi di Briscione, Capozzolo e Scotti servono a comunicare all’attuale presidente e direttore Francescantonio D’Orilia che deve farsi un po’ più in là. D’Orilia sembra godere però del sostegno di quel Franco Picarone, uomo molto ascoltato da De Luca.
Il 12 aprile la crisi precipita ulteriormente con le dimissioni anche del comitato scientifico della fondazione. I componenti Marco Panara (giornalista professionista), Antonella Minelli (docente universitaria), Rosanna Alaggio (docente universitaria) hanno inviato le proprie dimissioni ai componenti del Consiglio di Amministrazione e del Consiglio Generale di Indirizzo.
Già in precedenza aveva rassegnato le proprie dimissioni la docente universitaria Mariana Amato. Come specificato nelle missive, la decisione è stata presa a causa della “congiuntura attraversata dalla Fondazione che non consente di svolgere con serenità il ruolo accordato”. Aveva già “sganciato” il giornalista Antonello Caporale (ora al “Fatto”, in precedenza a “Repubblica”) che lamenterebbe il non adeguato sostegno verso una sua creatura, l’Osservatorio permanente sul doposisma costituito nell’ambito della Fondazione Mida.
I sindaci di Pertosa, Domenico Barba, e Auletta, Pietro Pessolano, le scorse settimane hanno scritto una lettera alla Fondazione per chiedere che venga convocato un consiglio per cambiare lo Statuto della Fondazione per avere più peso nelle scelte della presidenza e del direttore dell’ente che gestisce la Grotta di Pertosa-Auletta, i due musei e altre attività. E questo cambio di ruolo nel consiglio d’indirizzo, con una persona più vicina alle idee dell’attuale presidenza regionale rientra – anche se non verrà mai confermato dai diretti interessati – nella partita a scacchi per la scelta del nuovo presidente, ricordando che il bilancio è passato per un soffio, o meglio perché pur se Pessolano aveva i numeri per bocciarlo, non lo ha fatto. “Serve discontinuità gestionale per rilanciare il modello di azione virtuoso della Fondazione”, continua a sostenere Pessolano. Ed aggiunge: “Anche da Padula e da Polla continuano ad arrivare richieste di inclusione. Tenere tutto fermo è delittuoso”. Per il ruolo di presidente ogni giorno si aggiungono diversi i nomi, dai sindaci anzi ex sindaci, da Pertosa con Michele Caggiano, e da Padula Paolo Imparato. Poi si sussurra di giornalisti, magari con il gradimento se non la designazione diretta di altri consiglieri regionali del territorio.
UNA PETIZIONE PER SOSTENERE D’ORILIA
L’ultimo fatto da registrare è l’avvio di una petizione pubblica a sostegno di D’Orilia un gruppo di cittadini ha lanciato una petizione per sostenere piuttosto la continuità del modello gestionale della Fondazione che è risultato vincente, per i risultati ottenuti, sia da un punto di vista economico di incassi, sia da punto di vista culturale e scientifico, e che pone la Fondazione come un gioiello del territorio circostante sia per il Tanagro che per il Vallo di Diano.La petizione ha già raccolto in poche ore, un migliaio di firme.
D’ORILIA: IMPEGNO CHE VIENE DA LONTANO
Franco D’Orilia è una delle persone che le cose ha cominciato a immaginarle e vederle una quarantina d’anni fa, da ragazzo con la cooperativa “Carlo Levi” già lavorava per il riscatto di queste terre, ha vissuto le ultime lotte contadine degli anni ’70, poi il terremoto del 1980, che poteva essere la fine di tutto, e invece è stato l’inizio. «Fu allora che capimmo che bisognava giocare d’attacco, smetterla di piangerci addosso, e costruire un presidio attivo delle nostre terre. La chiave che individuammo è quella della conoscenza: per contrastare il declino e lo spopolamento, e cambiare l’inerzia delle cose, dovevamo studiare gli equilibri che il terremoto aveva sconvolto – economici, agricoli, insediativi, sociali. E soprattutto essere consapevoli del capitale naturale sul quale potevano contare. Non solo le grotte quindi, ma l’archeologia, l’agricoltura, il paesaggio. Dovevamo andare oltre la visita rapida delle scolaresche e dei turisti di paesaggio. È così che abbiamo scoperto, anzi riscoperto molte cose fondamentali. A Pertosa-Auletta c’è un raro esempio di cultura palafitticola in grotta, che risale all’età del bronzo, 1500 anni prima di Cristo. Le palafitte, sommerse dall’acqua del fiume che scorre lungo i tre chilometri di caverne, si sono miracolosamente conservate fino ad oggi. La scoperta è di fine ‘800, ma gli studi più recenti hanno accertato che le grotte sono state frequentate come luoghi di culto in età greco-romana, fino al medioevo, quando erano dedicate all’Arcangelo Michele». I reperti archeologici che raccontano questa storia lunga tremila anni sono conservati nei musei di Napoli, Salerno e Roma, ma la fondazione Mida ha pensato che occorresse allestire qui, sul territorio, un luogo per raccontarla, e così è nato il Museo speleo-archeologico, un edificio di architettura moderna ben inserito nel contesto, la piazza di Pertosa bella e aggraziata, ritenuta anche una delle più belle del salernitano, con le facciate del centro storico dipinte di suggestivi colori pastello. Nelle sale del museo, le ricostruzioni accurate della vita quotidiana di quei nostri lontani progenitori.
PERTOSA, IL MUSEO DEL SUOLO
L’ultima realizzazione, sempre a Pertosa, è il Museo del suolo, il primo in Italia, uno dei pochi al mondo con quelli di Wageningen e Washington. L’ha pensato la direttrice scientifica della Fondazione, la professoressa Mariana Amato dell’Università della Basilicata. «La nostra idea», dice, «è che le grotte, con la loro suggestione e bellezza, sono il nostro primo museo, perché è proprio in questo mondo segreto, che puoi veramente capire come le acque le rocce e la terra lavorano per dare vita ai paesaggi visibili, quelli nei quali viviamo, e che ricadono sotto la nostra percezione». Il Museo del suolo si è rivelato subito un successo, con più di diecimila visitatori nell’ultimo anno e mezzo. All’interno sono esposti monoliti dei più importanti suoli della Campania, con presentazioni multimediali che spiegano i meccanismi della fertilità e della produzione agricola, ma anche i processi di autodepurazione, che fanno del suolo il principale filtro dell’ecosistema, a protezione della nostra salute. Sempre in tema di agricoltura, la fondazione Mida ha realizzato un questi anni un progetto di ricerca per salvare la preziosa varietà locale di carciofo, il bianco di Pertosa, tradizionalmente coltivato sui terrazzi fertili lungo il Tanagro, che rischiava di scomparire, insieme agli agricoltori e ai paesaggi agrari tradizionali. Ora è nato un presidio Slow Food, i ricercatori dell’Università di Salerno hanno studiato le particolari proprietà di questa pianta, e l’antico carciofo ha riportato un buon successo all’ultimo Terra Madre di Torino.
«Quello che è chiaro», mi spiega D’Orilia «è che tutte queste attività non possono reggersi sul volontariato. La Fondazione ha quindici dipendenti, giovani del luogo, che hanno dovuto studiare e migliorarsi per costruire una loro professionalità, ed ora fanno le guide ai musei e alle grotte, conoscono le lingue, si occupano della promozione, dei rapporti con gli enti di ricerca e con la stampa, dell’accoglienza ai dei turisti. C’è poi una rete di collaboratori esterni, docenti universitari, giornalisti, economisti, che ci aiutano a ideare e promuovere i progetti di ricerca. Tutto questo lavoro evidentemente deve essere remunerato, e noi ci riusciamo con la vendita dei biglietti, 604mila euro nel 2017, stando alle tabelle del ministero è un incasso superiore a quello del Museo di Capodimonte. L’introito medio è di 10 euro, e per giustificare questo esborso dobbiamo garantire una qualità elevata, e rinnovare continuamente l’offerta. Quindi, non solo le grotte, ma i musei, le gite in canoa sul Tanagro e il rafting per i più ardimentosi, i laboratori didattici per le scuole, ma anche la sagra del carciofo. Dobbiamo invogliare i nostri visitatori a programmare una permanenza più lunga, che comprenda magari anche la visita agli altri gioielli del Cilento, come la Certosa di Padula o il centro storico di Teggiano».
Assistiamo così al ripetersi, in questo paesaggio integro e appartato, a un’ora appena di autostrada dalla città, di un modello di rinascita del territorio, assai simile a quello che sta restituendo speranza ai quartieri storici di Napoli, a partire dalla Sanità, e colpiscono soprattutto le similitudini: il puntare sui giovani, la conoscenza e la formazione; sulla sostenibilità economica di esperienze che devono essere in grado di reggersi da sole, al di là dei finanziamenti pubblici. Sono i semi di una nuova economia cooperativa, dal basso, e la scommessa è ora quella di passare da una graduatoria arida di siti e musei, per quanto lusinghiera, a un sistema, una rete di territori che tenga finalmente insieme tutte queste cose.
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