La prima lettura della Liturgia della Parola nella V domenica di Quaresima ha invitato a meditare il monito del profeta Isaia: “non ricordate le cose passate, non pensate più alle cose antiche” (Isaia 43,16-21). Egli si rivolge al popolo d’Israele in esilio, deportato a Babilonia e lo incita a sperare nel Dio dei padri, sempre fedele in situazioni che sembrerebbero senza speranza per il disagio interiore generato dalla schiavitù morale, civile e politica. La liberazione é novità di vita. Afferma il profeta: “ecco, faccio una cosa nuova: essa già germoglia, non ve ne accorgete?
Nella seconda lettura Paolo parla del cambiamento radicale avvenuto in lui dopo l’incontro con Cristo (Filippesi 3,8-14). Egli vede con occhi nuovi il mondo e i suoi valori. La novità di Gesù è entrata in lui e gli ha fatto comprendere che salvezza e grazia sono dono di Dio. Così l’uomo nuovo si apre al dono dello Spirito.
Nel passo del Vangelo i farisei rappresentano, invece, l’uomo vecchio; persistono nei loro convincimenti e tentano di far cadere in contraddizione il Mastro di Nazaret. Secondo quanto riferiscono i sinottici, durante l’ultima settimana a Gerusalemme, Gesù trascorre la notte sul monte degli Ulivi, mentre di giorno si reca nel Tempio per insegnare (Luca 21, 37). In questa settimana è possibile collocare l’episodio degli scribi e dei farisei che pensano di sottoporre a supplizio una donna in flagrante adulterio, propizia e piccante occasione per contestare la mitezza di Gesù nei confronti dei peccatori, per loro motivo di scandalo. Una contestazione delle disposizioni mosaiche avrebbe consentito d’incriminarlo stando a quanto prevede il Levitico (20,10) ed il Deuteronomio (22,22), particolarmente severi perché comminano la morte per i colpevoli di adulterio se consumato con una donna sposata; all’adultera vergine fidanzata si riserva la lapidazione (Deuteronomio 22,23.). Gli esegeti ritengono che questo sia il caso in questione. La legge prevede che a scagliare la prima pietra sia il principale testimone a carico e, probabilmente, questa disposizione blocca il gruppo per timore di compromettersi. Imbarazzati, gli accusatori si dileguano e la peccatrice si trova sola davanti a Gesù, che non la condanna, l’ammonisce soltanto a non peccare più, manifestazione di fiducia per la certezza del suo ravvedimento. Egli ha compreso benissimo che gli accusatori, più che giudicare l’adultera, vogliono provocarlo; ecco perché non risponde direttamente, ma si limita a fare ghirigori sull’acciottolato. La loro insistenza lo spinge a sentenziare proprio nel tempio dove sta insegnando il severo monito contro i malvagi, mentre riserva la sua misericordia alla donna che gode nell’intimità del proprio cuore, rigenerato dalla grazia, il perdono. In lei sboccia una nuova vita per la pienezza della figliolanza con Dio ora che si è convertita.
Di questa donna non conosciamo l’identità, la sua storia personale s’identifica col suo peccato, che la trasforma in oggetto di una capziosa disputa, e con la sua redenzione, che inneggia alla misericordia di Cristo. Diversamente da Nicodemo, dalla samaritana e da altri che incontrano Gesù, di lei nulla si conosce. Ha avuto una lunga relazione illecita? L’adulterio è causato da passione improvvisa? Il marito l’ha colta in flagrante? Chi sono i due testimoni presenti al fatto di cui è accusata, come prescrive la prassi giudiziaria? Gesù non si pone nessuno di questi quesiti, intravede solo degli uomini rabbiosi, la cui mente ottusa ha trasformato in inflessibili custodi della Legge. Egli comprende che con loro è inutile intessere un dialogo, sceglie un silenzio inquisitore. Preferisce mettersi nei panni della donna e analizzare le gradazioni dei sentimenti di un animo imbarazzato; non si preoccupa del tentativo di strumentalizzare il fatto per sminuire le sua pretesa di essere un profeta liberatore. Mentre traccia segni col dito, si concentra sull’esperienza della donna, probabilmente ingannata da allettanti promesse ed ora soggetta a tragiche conseguenze, aggravate dall’opprimente senso di colpa. Gesù non nega il precetto, ma si concentra sulle residue opportunità di salvare la donna, la quale ha sbagliato ma può sempre redimersi. Egli ritiene determinante la distinzione tra peccato e peccatore, circostanza che gli consente d’intonare un inno di speranza alla misericordia. Gli astanti, sempre più confusi, avrebbero dovuto ricordare che il giudizio va riservato a Dio, al quale non si può impedire di perdonare. Ma ai farisei e agli scribi tutto ciò non interessa, vogliono solo mettere in difficoltà Gesù e per questo sono pronti a giustiziare una donna, che non può essere assolta perché lo impedisce la legge ( Giovanni (, 1-11).
Gesù sceglie tempi e modi per studiare la psicologia degli astanti, traccia oziosamente dei segni sul terreno e così fa crescere la tensione nella folla guadagnandone ancor più l’attenzione. Poi pronuncia una frase lapidaria, sconcertante e rivoluzionaria perché capovolge i criteri di giudizio praticati fino a quel momento. Sono parole che può dire solo chi è veramente senza peccato, spada a due tagli che denuncia l’incoerenza e l’intollerabile ipocrisia di quanti gli stanno di fronte, maestri della Torah che non sanno distinguere tra esteriorità e interiorità dei comportamenti e dei valori. Gesù non relativizza bene e male, non ritiene solo un difetto ciò che rimane un peccato; invece di ridimensionarne la portata, ne evidenzia la gravità facendo comprendere che non è una mera disobbedienza a delle norme, ma un allontanarsi dal progetto di Dio. Egli considera il comportamento della donna un peccato. Nel contesto biblico il termine indica un fallire il bersaglio, quindi un’offesa al piano di Dio; ma a caratterizzare la posizione di Gesù è il perdono. Egli fa capire che è possibile redimersi perché Dio ama, perciò l’uomo può cambiare prendendo coscienza delle proprie azioni e riparare. Così riacquista una specifica dignità il peccatore pentito che muta vita perché si converte. E’ la possibilità concessa all’adultera, proposta innovativa e destabilizzante.
Col cuore, la mente e gli occhi rivolti a Gesù diventa possibile comprendere ciò che appare incomprensibile. Egli non smonta il decalogo, ma si appella al cuore di una donna che, indifesa e maltrattata, soffre per il suo peccato e, soprattutto, per la cattiveria degli altri. Rassegnata, è rimasta in silenzio, nella confusione del polverone intorno a lei. Attende l’inesorabile e fatale colpo di una pietra, intanto passano interminabili attimi. A farle partecipe compagnia è Gesù, nel cui animo alberga lo stesso dolore per l’incomprensione e l’ottusità di chi lo circonda. Il quadro disgustoso è da lui dominato abbassando lo sguardo per condannare l’ipocrisia di tanti tartufi maleodoranti. Non parla in difesa della donna, comprende che sarebbero state parole sprecate. Rimasti soli, le chiede: Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata? E’ un invito a riflettere per rendere ancora più convincente le parole di congedo. Donna veramente fortunata, da morte imminente passa al dono di una vita nuova.
Aspirare alla novità di vita che germoglia al bene é il cambiamento radicale, possibile grazie all’incontro con Cristo. Salvezza e grazia sono dono di Dio, non frutto del nostro efficientismo. La donna ha sbagliato, ma ucciderla sarebbe più grave del peccato che si vuol punire. Gesù invita tutti a considerare non il codice penale ma il mistero della persona. Vero maestro, egli non si erge a giudice, non condanna né assolve, ma concede la libertà di sperare in un futuro migliore per non peccare più. Così sorprende l’animo fariseo; infatti non sollecita la confessione della colpa, non pretende espiazioni, addirittura non chiede se la donna sia pentita; per Gesù lei è solo una persona che rischia la vita e ciò basta per annoverarla nel popolo che è venuto a salvare. Perciò, non le chiede cosa ha fatto, ma cosa vorrà fare; sa bene che solo chi è perdonato e amato può illuminare il futuro dell’umanità; così capovolge i valori nella nostra storia e collega la giustizia al perdono e alla misericordia.
La Pasqua imminente faccia sperimentare questo profondo rinnovamento interiore aprendo il nostro animo a Gesù, mite e forte, venuto non per condannare ma per dire: “alzati, cammina, va avanti … non peccare più”.
Trending
- “Fiumi, Briganti e Montagne”: Il Salernitano tra storie e storia, coraggio, mistero e resilienza
- Orientamento scolastico, Valditara scrive ai genitori
- Un Re venuto a servire
- Il Collettivo Docenti di Sostegno Specializzati chiede al MIM di garantire i diritti dei docenti precari: presentata diffida formale
- OMEOPATIA E DOLORE AI DENTINI DEI LATTANTI
- Scuola: emendamenti ANIEF alla Manovra Finanziaria 2025
- Modelli internazionali per combattere lo spopolamento delle zone interne del Cilento, del Vallo di Diano e degli Alburni
- 30 milioni alle scuole carcerarie, un emendamento alla Legge di Bilancio di Italia Viva