Amore e morte, disperazione e dignità, paura e coraggio del popolo ucraino: sono soltanto alcuni lati della stessa medaglia raccontati attraverso le sue struggenti immagini da Fausto Romano Maniglia, fotografo e reporter originario di Buonabitacolo, nel Vallo di Diano, che da alcuni giorni si trova in zona di guerra. E così, come un pugno nello stomaco, le foto di Romano ci raccontano una realtà che qualcuno, dal comodo salotto di casa, ancora fatica a comprendere.
Da un lato l’amore: la foto dell’ultimo bacio alla stazione tra una ragazza che sta per salire sul treno verso la salvezza, e il soldato ucraino che invece torna indietro a combattere. Dall’altro lato la morte: la foto straziante del funerale di un altro soldato, che forse soltanto qualche giorno prima aveva salutato allo stesso modo la propria donna.
Abbiamo raggiunto telefonicamente Romano, certi che la sua testimonianza possa essere molto significativa.
Prima di tutto come stai? e come hai fatto ad arrivare in Ucraina?
Sto bene, grazie. Sono arrivato qui prendendo un pullman presso l’Autogrill di Sala Consilina, ci ho messo più di 40 ore. Eravamo soltanto in quattro persone a bordo, ma era pieno di aiuti umanitari. Abbiamo attraversato l’Ungheria e sono entrato dal confine ungherese. Attualmente mi trovo a Leopoli, città ancora «viva» al momento e che, secondo me, è l’ultimo baluardo per il popolo ucraino. Si tratta di una città strategica e molto importante come punto logistico; ora si teme un imminente attacco, proprio per interrompere questo collegamento con l’Europa.
Cosa vuoi documentare in particolare?
Sto cercando, attraverso la mia macchina fotografica, di raccontare il dramma vissuto dai cittadini Ucraini. Si sono ritrovati improvvisamente senza niente, a dover abbandonare non soltanto casa ma anche il proprio Paese. E senza avere una destinazione ben precisa: stanno vivendo un vero e proprio inferno. Ovviamente quelli costretti a lasciare l’Ucraina sono per lo più donne, bambini e anziani, perché gli uomini dai 18 ai 60 anni restano a combattere.
Quali sono le tue prime impressioni, cosa ti ha colpito?
Sono stato per quattro giorni nella stazione di Leopoli, che è un centro di transito per tutte queste persone che stanno lasciando il Paese. Quello che mi ha colpito di più è vedere la paura negli occhi delle persone. Anziani, che riuscivano appena a camminare, provavano a raggiungere i treni verso la Polonia. È paradossale che si ripeta di nuovo la storia, anche se in modo inverso. Circa 80 anni erano treni della morte, ora sono treni della salvezza: ma sono sempre treni che partono verso la Polonia. Un’altra cosa che mi ha impressionato è la grande forza d’animo del popolo ucraino. Nonostante i giorni di cammino, la stanchezza e il freddo che devono sopportare (con le temperature che arrivano anche a -10), loro da un lato continuano a combattere sul fronte, e dall’altro lato (quelli che non possono) provano a mettersi in salvo e a sopravvivere.
Da un lato la disperazione, dall’altro la grande dignita’ del popolo ucraino
Sì, devo dire che è un popolo dignitosissimo, che sta dimostrando di avere una grande forza e un grande attaccamento alla propria terra.
Romano, una settimana fa eri a Buonabitacolo, ora sei in zona di guerra. stai correndo grandi rischi: qual è la molla che ti spinge ad essere lì?
Questo è il mio lavoro: amo raccontare i bisogni degli esseri umani, e cerco di far capire, attraverso le mie immagini, la sofferenza che alcune azioni causano nel mondo. Vorrei trasmettere questa consapevolezza a tutte le persone che vedranno le mie foto. Il mio è anche un piccolo gesto di solidarietà nei confronti del popolo ucraino, per la sofferenza che le persone stanno patendo. È questo che mi ha spinto a venire qui.