Se volete stupire e stupirvi dovete venire qui a Valva, sedendo nell’alta Valle del Sele siete quasi in Lucania ma state guardando già alla Puglia. Dai giardini storici annoverati tra i più belli d’Italia, segue un bosco ceduo misto: lecci, magnolie ed aceri, e solcato da viali, con due giardini all’italiana ed il Teatrino di Verzura. Un luogo incantato. Valva, mithus vivit, quando il mito torna a vivere. Con le storie di dei e ninfe scolpite nella pietra dalla mano dello scultore fiorentino Donatello Gabrielli, il Castello dei d’Ayala Valva è l’emblema dell’incontro con la bellezza. Prima ancora qui era di casa l’abbondanza, con la produzione di grandi derrate alimentari: vino, olio e grano. “Vino Valva da Mezzo taglio: Rosso, schiuma rossa che conserva a lungo, sapido, brillante, fresco, armonico con leggero profumo sui generis, sebevole, acidulo, alcole da 13 a 14°; vini da pasto da 11 a 11,5°”. Ed ancora: “tra i vitigni più rinomati: aglianicone, aglianico uva di Troia”. E’ quanto troviamo scritto in una vecchia relazione agraria dei primi del Novecento. Nella villa – castello una botte in rovere di Slavonia, da 365 quintali di vino: “mansueto gigante in legno che aveva ospitato interi vigneti nelle sue branchie”, scriverà Diomede Ivone quando, era il 1958, si troverà da queste parti. La Puglia è qui. Valva: snodo importante sulla via del grano tra la piana del Sele, il porto di Foce Sele, ed il Tavoliere delle Puglie. Produceva e tanto quell’Azienda Marchesale di Valva, che si estendeva tra le province di Salerno ed Avellino. La proprietà era di una casata nobiliare che risiedeva tra la Puglia e la Svizzera. Uno scatto in avanti l’aveva avuto dal marchese Giuseppe Maria Valva che, di fatto era il ministro dei lavori pubblici con il re Ferdinando IV, quando questi, nel 1789, lo incaricò di costruire la strada che da Eboli portava fino ad Atella in Basilicata, comunemente chiamata la Via del Grano. Collegava il Tirreno con l’Adriatico, facendola passare per il territorio di Valva. E il suo feudo ne ricevette una straordinaria valorizzazione. Come scrive Filomena Monica Losco: “Nel delineare il tracciato, il Marchese allungò di molto il percorso, con varie giustificazioni, per farlo passare nei suoi possedimenti di Valva, anziché utilizzare il passaggio naturale della Sella di Conza”. Ed ancora “La strada di Matera fu così allungata nelle proprietà del marchese di Valva per dotare il suo feudo di una strada, a spese dello Stato”. Niente di nuovo sotto il sole, tra i fantasmi di un uomo solo.
Ticket da tre euro ed eccoci tra la statue delle “bellezze muliebri che il marchese ha conosciuto nei viaggi e di cui ha voluto conservare, nel marmo, una memoria più duratura di una fotografia”, come raccontò allora al cronista Emilio Grassi, il settentrionale che dirigeva l’azienda. “Ne ha spesi di soldi per i nudi e le statue”, aggiunse l’amministratore dei beni del marchese.
Si viene risucchiati dall’inquieta fantasia del marchese, si soggiace ai miti che hanno guidato la sua fantasia di uomo solo”, racconta sempre Diomede Ivone. Erano passati solo pochi anni da quando l?ultimo marchese, Balì dell’Ordine di Malta, scapolo e senza eredi, aveva lasciato tutte le proprietà al blasonato ordine cavalleresco. Il parco è popolato non solo dai richiami quasi onirici del nobiluomo: fate ed elfi, poi teatranti e dame. Ed anche i briganti: uno di loro, l’Anselmi fu quello che uccise il potente fattore Falcone. Lo fucilarono proprio all’ingresso ed una piccola croce nera, nell’unica pietra a vista, testimonia ancora oggi l’accaduto, piccola icona della “storia bandita” del nostro sud. E’ il sapore del passato che prende il visitatore ad ogni passo: clima da new age, atmosfere da “Signore degli anelli”, siamo nel giardino di “verzura” all’italiana, coltivato “all’inglese”, ovvero che tende alla rinaturalizzazione è anche nel paese. Il bosco è pieno di grandi abeti rossi e poi platani giganteschi. Le statue richiamano la mitologia che aiutava il “titolato” a farsi ragione di una quotidianità non esaltante: Apollo e Dafne, Tritone, Amore e Psiche, e poi la Fontana delle Triadi. Ercole è lì, ma è stato capitozzato dai ladri. C’è poi la meraviglia di quell’anfiteatro all’aperto dove un centinaio di statue faceva compagnia al barone d’Ayala quando quasi da solo guardava gli spettacoli delle compagnie di guitti che passavano. Teste di pietra d’uomini e donne, che dalle siepi sembrano ascoltare le voci del bosco, sono rivolti verso un palco vuoto, due stanze laterali sembrano fungere da vallette.
I tesori d’arte che sono qui sono ingentissimi. Nonostante le rapine.
Nell’aprile del 1975 quando ignoti ladri portarono via dal castello quasi tutta l’argenteria. Si parlò allora di oltre cinquecento pezzi del peso di oltre due quintali. Fu un furto clamoroso, che rivelò l’estrema facilità con cui si poteva accedere ad ambienti stracolmi anche di tele, mobili antichi, porcellane, biancheria di pregio, ceramiche, cristalleria, armi, lampadari, specchi, libri, stampe, orologi, bronzi, busti in marmo. Nel corso dei secoli, infatti, la casa marchesale aveva costituito una pinacoteca di tutto rispetto con circa duecento quadri. Fra essi vi erano opere di Battistello Caracciolo, Massimo Stanzione, El Greco, Carlo Dolci, Giacinto Gigante, Giuseppe de Ribera, Salvator Rosa. Oggi è tra Napoli e Roma, negli storici palazzi che in quelle città possiede il Sovrano Militare Ordine di Malta, proprietario sia del castello di Valva che dell’annesso parco. Lo svuotamento del castello fu completato dopo la morte nel 1989 del barone Christian von Hauschka, amministratore dei beni dell’Ordine in Valva.
Lo Stato italiano, attraverso le sue istituzioni (Ministero Beni Culturali, Provincia di Salerno e Regione Campania), ha fino ad oggi investito ingenti risorse, sia pure ancora non sufficienti, per restituire villa d’Ayala al suo antico splendore. La Soprintendenza stanzia da qualche annuo anche risorse per la manutenzione, inserendo villa d’Ayala tra i beni cui dedica maggiore e costante impegno. Insomma, prima o poi il castello sarà finalmente recuperato del tutto. Quando il tesoro ora in esilio tornerà a casa?
La grande qualità della pinacoteca del marchese è confermata dal dono di ben quattro dipinti di soggetto religioso e di scuola caravaggesca, che egli fece alla Chiesa della Congregazione, adiacente al castello. Ebbene, i quattro dipinti, tre dei quali custoditi alla certosa di Padula e il terzo andato disperso per un altro furto, hanno suscitato in passato per la loro bellezza l’interesse degli studiosi ed uno di essi fu anche esposto in una grande mostra che si tenne a Siviglia negli anni novanta. Ci sono da rispettare anche le volontà dell’ultimo marchese, Giuseppe, che nel testamento, con cui lasciava tutti i suoi beni allo Smom, (Sovrano Ordine Militare di Malta) disponeva che i mobili, gli oggetti, i quadri, le statue e le opere d’arte dovessero restare nello stato e nel posto in cui si trovavano all’atto del suo decesso. Si restituirà finalmente all’antico maniero quel fascino di nobile residenza, che, in uno alla bellezza del giardino storico, ne farà ancora di più uno dei punti di riferimento più importanti per il turismo culturale nella nostra regione.