Le origini
Il borgo originario sorgeva a valle dell’attuale centro abitato, alla confluenza del fiume omonimo e del torrente Cellino. Fu fondata da coloni greci provenienti dalla Colchide, antica regione attraversata dal fiume Phasis alla cui foce sorgeva la città omonima. Essi perciò diedero lo stesso nome e lo stesso simbolo della loro città d’origine, un fagiano, a questo nuovo insediamento. Nei secoli successivi Fasanella divenne una importante contea longobarda che rivestì una enorme importanza economica ed amministrativa per tutta la zona. Nel 1246, però, in seguito alla congiura ordita contro Federico II dal barone Pandolfo Fasanella, vicario dell’imperatore in Toscana, tutta la zona fu messa a ferro e a fuoco e l’antica Fasanella fu distrutta. I superstiti ricostruirono l’odierno centro che sorge a poca distanza da quello antico e che conserva le caratteristiche delle sue origini medievali, con l’antico castello, le chiese, gli antichi palazzi, portali e altri monumenti
Le sorgenti dell’Auso
Sono raggiungibili, dal centro, inoltrandosi su una strada interpoderale che sale nei boschi. Le acque delle cavità dell’Alburno, attraverso vere e proprie gallerie naturali di origine carsica, vanno ad alimentare la risorgiva della Grotta dell’Abuso, posta a valle tra Sant’Angelo a Fasanella ed Ottati. Le acque dell’Auso, che costituiscono la parte iniziale del fiume Fasanella, antico Phasius, in passato ha alimentato mulini ad acqua e oggi muove le turbine di una centrale elettrica. Generalmente dopo le piogge, le acque si quadruplicano e si raccolgono, limpide, in un bacino, dando origine ad una splendida e suggestiva cascata, con un salto di circa 8 metri, proseguono in un suggestivo percorso tra balze, passando sotto un ponte in pietra d’epoca romana e fiancheggiando un vecchio mulino ad acqua.
Il ponte in pietra che si trova nei pressi della sorgente, è ad unica arcata con profilo a schiena d’asino, è su u,n percorso viario che un tempo collegava Ottati con Sant’Angelo a Fasanella.
Il fiume Fasanella
Nasce nel territorio di Ottati, ricco di fagiani, che deve il suo nome a dei coloni greci perché ricordava loro un fiume della Colchide, la madre patria. In alcuni tratti si trovano tracce della schiva e quasi estinta lontra, mentre, tra le buie foreste montane e le straordinarie forre carsiche, frutto dell’erosione delle rocce carbonatiche, si nasconde il lupo appenninico. Dopo alcune decine di metri, entra nel territorio di S. Angelo a Fasanella, lo attraversa interamente, e dopo aver toccato il territorio di Bellosguardo, nei pressi del ponte delle Sette Luci, per le sue sette arcate, sulla strada nazionale 166, si immette nel torrente Pietra. Il Fasanella è lungo 3.8 km ed ha una portata alla sorgente di 1200 lt.
Il Castello
Il centro storico di Sant’Angelo Si sviluppa intorno al Castello Baronale, adagiato su uno sperone di roccia, e alla Chiesa di Santa Maria Maggiore. Il castello, come lo vediamo oggi, è una riedificazione parziale di quello feudale e avvenne in più tappe, probabilmente tra il 1339 e il 1528. Tracce delle antiche mura si possono notare ancora oggi a sud, lungo la strada che porta alla grotta di San Michele Arcangelo. Altre testimonianze dell’impianto originario giunte a noi sono: la torre angolare, le caditoie, i locali sotterranei. I contrafforti visibili, sono frutto di interventi conseguenti a danni di antichi terremoti, e risalgono al XVII/XVIII secolo.
Il castello fu costruito su una cresta naturale, quasi al centro dell’abitato moderno, ai margini di quello antico, sulla cima di un piccolo promontorio. Era cinto da mura molto larghe e massicce, intermezzate da imponenti torri di guardia, e circondato da un fossato. L’aspetto attuale dell’edificio non consente che un limitato riconoscimento di quello che doveva essere il più antico impianto, poiché nella trasformazione da esso subita, ai primi del Cinquecento. Dopo che Federico II, in seguito alla congiura di Capaccio alla quale aderirono i baroni che lo detenevano, fu raso al suolo insieme a molti dei villaggi della baronia.
Al maniero si accedeva da quattro porte in direzione dei quattro punti cardinali; a mezzogiorno vi era la porta “S. Bernardino”, dal nome di una vicina chiesetta ora malamente riconvertita; a nord vi era la porta “Ortale”; altre due erano all’estremità inferiore “Pescatura”, cioè verso la via che porta al fiume e a “San Prisco”. Al piano terra vi erano gli impianti destinati all’attività agricola, un frantoio per la molitura delle olive, ampie cantine vinarie e olearie.
Il Castello oggi è di proprietà della famiglia Leggio, che lo ha abitato fino al terremoto del 1980, evento che lo ha reso inagibile.
L’Antece
In uno dei punti più alti di “Costa Palomba” a 1.125 metri s.l.m., a quasi 4 chilometri dall’ultima casa del centro abitato di Sant’Angelo a Fasanella, si trova scolpito nella roccia, con tutta la sua imponenza e fierezza, “Il Dio guerriero degli Alburni”, l’Antece. Dopo aver percorso un sentiero naturalistico di grande fascino, sotto maestosi faggi, si arriva su un pianoro roccioso rivolto verso Sud e ci si affaccia su uno straordinario panorama che abbraccia monti, valli, fiumi guardando il mare della costa Cilentana.
Il significato del nome corrisponde verosimilmente ad “antico”. È una scultura rupestre che ha un’altezza di 1,60/1,70 m e risale al V – IV secolo a. C.
La scultura emerge su una roccia di grosse dimensioni vi è la raffigurazione di un antico guerriero vestito con indosso una tunica, con le braccia aperte, in mano ha una lancia e poggiato ai suoi piedi c’è uno scudo, una spada poi pende dalla corda cinta in vita.
Per i pastori del luogo è “U’ Moccio”, per gli storici si tratta di un monumento funerario, eretto per celebrare un eroe guerriero.
Il santuario nella Grotta di San Michele Arcangelo
A scoprire la grotta sarebbe stato il principe dell’antica Fasanella, Manfredi, mentre svolgeva una battuta di caccia con il suo fedele falcone. A quanto pare il rapace prediletto dal principe era molto curioso e durante una battuta di caccia fece perdere le sue tracce infilandosi in un’apertura nella roccia della montagna non molto distante dal castello. Il principe corse subito a chiamare altri suoi servitori affinché organizzassero delle squadre per rintracciare il falcone. Durante la ricerca il principe, facendosi largo fra la vegetazione, notò la presenza di un’insenatura nella roccia, la oltrepassò, dopo aver fatto rimuovere detriti e rocce dai suoi servitori, fece una scoperta sensazionale. All’interno di un’ampia caverna naturale, Manfredi trovò un antico altare e notò, volgendo lo sguardo verso la parete in fondo alla grotta la presenza d’impronte simili ad ali. Da quel momento il ritrovamento dell’antichissima grotta, poi consacrata a San Michele Arcangelo, cambierà le sorti del medievale abitato dei Fasanella e dei suoi cittadini. La scoperta di questa grotta straordinaria, ricca di storia, rivoluzionò addirittura il futuro toponimo dell’abitato dei Fasanella. Il borgo assunse il toponimo di Sant’Angelo a Fasanella, in onore di San Michele Arcangelo.
Sant’Angelo a Fasanella è un piccolo scrigno che conserva per l’intera umanità tesori naturali e artistici di grande valore, tuttavia ancora sconosciuti al grande pubblico, nonostante il riconoscimento dell’UNESCO.