La ricorrenza della giornata della memoria ricorda la nerissima pagina dell’olocausto. Tentare di comprendere risulta impossibile, comunque è necessario conoscerne la portata, anche se racconta l’indicibile. Certamente non è una vicenda ineluttabile. Fu pensato e realizzato in una società che sperimentava uno stadio avanzato di civilizzazione, reso possibile ricorrendo alla tecnica e giustificato da orientamenti culturali che combinavano fattori ordinari e specifiche strategie di potere diffuse capillarmente.
Come dimenticare i crimini perpetrati? Le selezioni alla banchina, pile umane di uomini e donne ammassati l’uno sull’altro in attesa di essere inceneriti, esecuzioni di massa, cremazioni a cielo aperto per lo smaltimento dei cadaveri in eccesso; donne rapate, scheletriche, irriconoscibili, in fila per l’appello quotidiano; ustioni, cicatrici, mutilazioni, segni indelebili dei folli esperimenti operati dai medici nazisti. Esperimenti pseudo-scientifici rientravano nella logica del processo di sterminio. Ogni curiosità scientifica, la più insulsa e banale, era appagata con l’ausilio delle cavie, non più creature viventi, ma “pezzi” di scarto dell’umanità. La loro eliminazione doveva giovare alla comunità minacciata da contaminazione e degenerazione razziale. Gli ebrei e non solo erano cavie per esperimenti dall’esito mortale. Del resto la loro fine era segnata all’arrivo nel campo in cui tutto ciò che prima aveva un valore non contava più e la vita annientata senza che avesse importanza.
E’ stato chiamato in causa Dio, che sarebbe morto per la sua impotenza nell’impedire che i bambini divenissero fumo nei camini. Ma il verdetto di colpevolezza non è verso Dio, ma per chi ha disprezzato i valori, divenendo la vergogna del genere umano, umiliando ed offendendo anche il Signore, rifugiatosi nel cuore degli internati.
La triste e trista vicenda obbliga a riflettere sul rapporto tra verità e potere e sulla velenosa idea che il diverso si assimila o si annienta. Le radici di questa vicenda vanno riscontrate nella banale normalità del male. Alla fine però esso non vince; infatti, Anna Frank non perde la speranza e “continua a credere nell’intima bontà dell’uomo”, come ha dichiarato una testimone. Nonostante l’orrore per quanto l’uomo è stato capace di fare, alla fine è prevalsa la possibilità di una nuova ripartenza.
Oggi è ancora possibile continuare a sperare grazie ad un ebreo, Gesù di Nazareth. Egli è venuto a portare Dio ai lontani. Il suo Vangelo non intende inculcare una nuova morale, ma annunciare che Dio mette al centro l’uomo per liberarlo da tutte le oppressioni.
Nelle Scritture proposte domenica scorsa si proclama: “se volete conoscermi osservate come agisco”. Il libro di Neemia descrive la parola di Dio come artefice della ricostruzione vera di un popolo appena tornato dall’esilio e ancora frastornato e disorientato. Il profeta ricorda: “non serve a niente costruire strutture materiali, edifici, strade … se non convertirete voi stessi, cioè se non convertirete le vostre coscienze dal male al bene, se non vi confronterete con me”. È una affermazione di evidente attualità a giudicare dai guasti di chi si spaccia per fratello premuroso, impegnato a risolvere i problemi della patria e, invece, vuole soltanto il consenso per consolidare interessi egoistici.
Proprio in questo periodo di progettazione di una nuova “ripartenza”, dopo i guasti della pandemia, riflettere sulla liturgia della Parola fornisce l’opportunità per ben sperare. Si conferma la funzione delle Sacre Scritture nel nostro quotidiano. La Bibbia é parola affilata come la lama di una spada, penetra e può far male, ma consente al popolo di riconoscere le proprie colpe e decidere di ravvedersi passando dal pianto alla festa. E’ un invito a rispondere amen, programma e impegno ad agire come singolo e come comunità per costruire una società in cui possa regnare la giustizia e la concordia.
Il mondo sarebbe profondamente diverso se si é disposti a proclamare sinceramente il nostro amen al Regno di Dio. E’ il programma di vita che salva dal fiume d’inutili parole pronunciate per secondi fini, invita ad una vita aperta alla bontà, alla fraternità, alla donazione di sé perché si sceglie di essere Bibbia per l’uomo del nostro tempo. Dalla esperienza liturgica domenicale può scaturire il proposito di leggere le Scritture, impegnarsi ad approfondire la conoscenza della Parola di Dio, prestare una rinnovata attenzione e scoprire il suo sorprendete tempismo nel rispondere agli interrogativi che giornalmente ci poniamo.