Alla vigilia di quello che è stato uno dei maggiori massacri della storia dell’umanità — la deportazione di quasi mezzo milione di ebrei ungheresi nei campi di sterminio della Polonia del Governatorato Generale, nell’estate del 1944 — trenta ebrei di Lenti, una cittadina del Transdanubio occidentale ungherese, vennero in possesso di altrettanti certificati, probabilmente trafugati dal municipio di Altavilla Silentina, in provincia di Salerno. Chi, come e perché li abbia portati sino a quel minuscolo villaggio, posto in prossimità del confine di tre stati (Slovenia, Croazia e Austria), è, probabilmente, destinato a rimanere un enigma.
Un enigma che ha cercato di dare una soluzione Nico Pirozzi nel suo libro “Fantasmi del Cilento”, dedicato ai trenta ebrei che purtroppo non sono riusciti a salvarsi da quella terribile sorte, nonostante il tentativo di darsi una nuova identità con falsi documenti italiani. Sconosciuto rimarrà chi abbia trafugato i documenti fino in Ungheria ma si presuppone che il vescovo, Giuseppe Maria Palatucci, assieme al nipote Giovanni, responsabile dell’Ufficio stranieri della questura di Fiume, siano stati i principali registi di un progetto realizzatosi solo in parte.
Il monsignore nato a Montella in provincia di Avellino fu designato per volontà del papa Pio XI nel 1937 a vescovo di Campagna, il quale ne incremento la vita culturale e spirituale, riorganizzò l’Azione Cattolica in tutti i paesi della Diocesi, che visitò ripetutamente, raggiungendo anche per strade impervie località montuose e casolari remoti, che da più decenni non vedevano un vescovo, così da rinnovare la fede, i costumi e il senso cristiano della vita in tutti i suoi diocesani.
Fu soprattutto durante il periodo della Seconda guerra mondiale, come vedremo, quando Campagna divenne casa accogliente per numerosi ebrei stranieri e perseguitati politici, che Mons. Palatucci si prodigò, con tutte le forze e i mezzi a disposizione, per la salvezza fisica e morale di tutti i diocesani e non, senza distinzione d’idee e di colori politici.
Difatti, la cittadina di Campagna venne indicata come luogo ideale per ospitare coloro che erano di razza ebraica, poiché molto periferica rispetto alle vie di comunicazione e isolata dalle grandi città. Ma grazie all’operato del vescovo, nel triennio che va dal 1940 al 1943, Campagna divenne un nome conosciuto ma non temuto dai perseguitati stranieri, diventando una casa ospitale per coloro che sono stati privati della propria libertà in nome della razza.
Era, infatti, proprio come fratelli che Mons. Giuseppe Maria Palatucci trattava gli ebrei badando a non farli sentire mai come degli esclusi o dei diversi, dando loro appoggio incondizionato e aiutandoli dal punto di vista materiale e spirituale.
L’influenza politica territoriale e la stima che le autorità addette alla sorveglianza nutrivano nei confronti del Vescovo, così come forse un certo timore reverenziale, lo aiutarono senza dubbio a ottenere molto spesso delle concessioni per gli internati.
Le sue nobili azioni fanno suppore che sia stato proprio lui l’artefice della fuga dei trenta ebrei che purtroppo non è terminata con il lieto fine. Una figura di spicco, che dal Cilento, si contrappose ai progetti antisemiti di Mussolini, dando una luce di speranza ai poveri perseguitati.