A volte le coincidenze ci fanno fare cose che altrimenti restano confinate in uno spazio indefinito del nostro pensare …
Nella prima giornata di sole di un dicembre che più bagnato non si può, decido di partire dall’ufficio dove a sede la redazione di Unico in via Magna Graecia per tornare a casa correndo come ho fatto tante altre volte. Mi immetto sul nuovo marciapiedi in direzione area archeologica e la prima persona che incontro è Yaqob, il marito di Paola che non perde occasione per camminare le vie di Capaccio Scalo per tenersi in forma …
A sera, sfogliando le notifiche di Facebook, mi imbatto sul post di Paola che ricorda con un post il suo vissuto con il professore venuto dall’Africa:
“Il 15 dicembre dovrebbe essere festa nazionale per ricordare il sacrificio che un solo uomo fece per salvarne altri: mi sposò.
Dopo così tanti anni essere ancora in buona salute e avere due figli meravigliosi e realizzati mi pare un ottimo motivo per festeggiare, no?”
.Mi torna in mente quando, nel 1995, tornato da Varese, insegnavo a Tempalta di Roccadaspide e, grazie a Maria Antonietta Di Perna, mia conterranea e collega, invitai Paola a scuola per raccontare la sua scelta di sposarsi con un uomo di un’altra etnia e, per giunta, dalla pelle nera.
Fu una lezione di vita per i bambini di 3^, 4^ e 5^ elementare di una scuola di campagna, per tutti i docenti e per i genitori che, a casa, sentirono raccontare dai loro figli una storia di vita vissuta che più volte nel tempo sarà tornata alla loro mente come è successo a me in molte occasioni.
Ecco perché è scattato il riflesso condizionato di chiedere a Paola se le faceva piacere che la sua storia venisse raccontata su queste pagine corredata dalla bellissima foto che li ritrae felici … Mi ha immediatamente risposto di sì e il giorno dopo mi ha inviato lo scritto che di seguito pubblichiamo.
“Avevo meno di vent’anni quando ho incontrato per la prima volta mio marito: ero una studentessa della prestigiosa Università Orientale di Napoli e lui era il mio professore di “Religioni e istituzioni dei popoli dell’Africa”. Le sue lezioni si tenevano due volte a settimana e io ero sempre più catturata dal fascino delle sue parole e dal movimento delle sue dita lunghe e sottili che accompagnavano le parole. All’esame fui brillantissima e ottenni un meritato 30.
Dopo l’esame cominciai a frequentare con regolarità il dipartimento di Studi e Ricerche su Africa e Paesi Arabi e, gradualmente, entrammo in sintonia. Il pretesto fu la correzione delle bozze di un suo libro per la quale mi offrii di aiutarlo.
Era il 1981, io ero poco più di una ragazzina, lui aveva quasi trent’anni più di me ed era nero. Ma al cuore non si comanda, e così, appena laureata, ci sposammo.
La mia famiglia, che all’inizio aveva tentato di contrastare la mia storia, col tempo si arrese alla sincerità dei nostri sentimenti e, grazie anche al fatto che mia madre e mio padre erano due persone istruite e sensibili, accettarono il mio matrimonio. I miei conoscenti apparivano più sorpresi che turbati, anche se so per certo che alcuni commenti poco lusinghieri sulla mia scelta, agli occhi di qualcuno incomprensibile, furono fatti. Naturalmente me ne infischiai.
Mi sono sposata in chiesa pur essendo atea, ma non volevo turbare ulteriormente l’opinione altrui. Erano tempi diversi e in Italia le persone di colore erano rarissime; ricordo che nella chiesa del paese della costiera amalfitana dove mi sposai, la gente arrivò apposta per guardare con i propri occhi quella “strana coppia.
In realtà, posso affermare che, a parte un po’ di comprensibile curiosità, io e mio marito non abbiamo mai avuto manifestazioni di intolleranza o anche solo di insofferenza. Probabilmente è merito suo che, da gentiluomo quale è, ha sempre colpito positivamente le persone.
Non posso tuttavia negare che, soprattutto i primi anni, era abbastanza seccante essere seguita dagli sguardi di tutti. Va detto che a quei tempi l’Italia non era ancora stata inquinata dalle idee fasciste di intolleranza e discriminazione, e quindi probabilmente è stato più facile.
Quando sono nati i nostri figli, entrambi di una bellezza e di un’intelligenza straordinaria, agli occhi degli estranei ci siamo, come dire? normalizzati: non eravamo più una strana coppia ma semplicemente una famiglia.
Ormai le coppie miste diventano sempre più numerose e non presentano maggiori problemi rispetto alle coppie di conterranei, oltre al fatto che nelle nostre scuole sono presenti tantissimi bambini di origine straniera, ma ai tempi del nostro incontro non era così.
Oggi, a distanza di tanti anni dal nostro matrimonio, con gli inevitabili alti e bassi che attraversano la vita di ogni coppia, posso affermare senza tema di smentita di essere stata molto fortunata. I nostri figli sono due giovani uomini solidi, affettuosi e realizzati, mio marito Yaqob, che a gennaio compirà 86 anni, è in buona salute e ancora propositivo, ed io “maturo” nella certezza di aver fatto compiere un piccolo passo avanti alla civiltà degli italiani.”