Gaetano Ricco, tra quanti amici, colleghi, conoscenti… ho incontrato dopo il mio ritorno nella terra dei “padri” che avevo abbandonato per una vita in altre terre d’Italia, Varese in Lombardia, è quello che più mi ha fatto riflettere sulle mie “pecche” di studente nel tempo che fu!
Ogni volta che leggo un suo scritto, sia esso di carattere giornalistico o in formato di libro, resto incantato del suo modo di porre a chi legge le “risultanze” della sua vasta conoscenza che, è evidente, non smette di affinare da studioso che ama il “sapere”.
Appena ho avuto in mano il libro che sarà presentato venerdì 17 dicembre nel palazzo Spinelli di Albanella, ho avuto l’impulso di sfogliarlo mosso dalla curiosità di capire come avesse potuto concentrare in poco meno di 100 pagine l’opera per eccellenza della letteratura italiana: “La Divina Commedia”.
Ho avuto la sensazione che Dante, in un momento di “generosa” follia abbia bussato alla mia porta per ricordarmi il tempo in cui i docenti della mia non troppo brillante carriera di studente medio avevo pur avuto tra le mani la sua opera e che solo superficialmente avevo cercato di applicarmi nella sua lettura e comprensione.
Il piccolo “bignami” che ci consegna il prof. Gaetano Ricco, rende un servizio prezioso a chi volesse inoltrarsi, di nuovo, nella lettura dell’opera del “Sommo poeta”.
Infatti, dopo la bella introduzione di Pietro Lombardo che mette in luce “La crestomanzia che si fa strumento di conoscenza e attraversa l’universo dantesco, puntellando i regni ed estraendone la materia più nobile.” cominciano a sfilare sotto gli occhi della fantasia che ognuno di noi può esercitare un album fatto di “fotogrammi” che scorrono lentamente.
Essi richiamano alla mente ciò che nel nostro profondo è rimasto da quelle letture, antiche o recenti, non potevano lasciarci indifferenti.
Gaetano, parafrasando Dante, si presenta così con un epitaffio:
“Albanella mi ha generato,
Albanella mi rapì,
Albanella per ora mi tiene,
cantai di Albanella le gesta
i vinti e i vincitori”
Dante:
“Firenze mi generò,
la Romagna mi rapì,
cantai l’amore, l’impero
e il triste esilio!”
Dopo gli epitaffi, ecco il contrappasso del titolo: La nomasti, come tu volesti, maestro Alighiero, e “Commedia” la titlasti ma tosto per quel tal “trattatello” per tutti e per sempre fu la “Divina”!
Dei tre regni ecco l’epigramma de “Il Paradiso”: in quella alte sfere dove arde luminosa la luce, tutto di colei che al “volo ti vestì” si svelò l’alto mistero e vedesti dove amore uguale si misura!”
Del Viaggio ho scelto il II: “sette in origine e sette furono i tuoi giorni che inabissandosi salirono a Dio!”
Della Divina Commedia ecco “Dante Alighiero, colui che senza patria poetando si spinse fino a Dio!”
Delle guide “se Virgilio fu la ragione, Beatrice la fede, Bernardo fu l’estasi mistica”.
Dell’inferno mi piace ricordare “Caronte, traghettator dell’Archeonte: guai a voi anime prave” chè “i vegno per menarvi all’altra riva ne le tenebre etterne” da cui mai “niuno” fè ritorno!
Del Purgatorio ho scelto un personaggio portato agli onori della cronaca negli anni ’80 perché scelto da Bettino Craxi come pseudonimo per firmare articoli giornalistici sull’Avanti: “Chino di Tacco, masnadiero dalle “braccia fiere” …
Infine, in onore dell’unico Papa che ha scelto il suo nome ecco San Francesco in Paradiso che “per sorella povertà venisti del mondo in guerra e fu bella l’umile tua famiglia che a nome chiama l’altro fratello!”
L’autore si congeda dal lettore mettendo le “mani avanti” ricordando al lettore che il libro “non fu scritto per la mia ma per la Sua gloria!
Per quanto vale, non mi lamento, nè mi sento ingannato, tantomeno oso dare “torto” a Gaetano che mi ha regalato un salto nel mio tempo andato che avrebbe potuto essere più ricco di cultura se avessi avuto un “maestro” come lui ad indicarmi la strada della conoscenza e, con l’esempio del suo amore per lo studio!