Se, con l’avvento dei social media, il rapporto tra esseri umani e socialità ha subito una rivoluzione radicale, con il metaverso si va verso un “Internet incarnato”, quello che Zuckerberg ha definito “sense of presence”.
Il termine metaverso è stato coniato negli anni novanta da Neal Stephenson nel romanzo di fantascienza “Snow Crash “(1992), e viene descritto come una realtà virtuale in 3D, condivisa su una rete mondiale a fibre ottiche e accessibile anche da terminali pubblici: gli utenti si inseriscono in questo universo attraverso avatar; i due livelli della narrazione si intrecciano e si sovrappongono costantemente.
La moda forse per lo scotto di aver capito tardi l’importanza dei social media per i loro brand, ha intercettato subito l’enorme business che può rappresentare per il proprio settore. Secondo le stime di DMarket, il solo mercato delle skin si aggira attorno ai 30-40 miliardi di dollari l’anno. Le strade attraverso cui sta mettendo piede nel digitale sono molteplici e di non ovvia comprensione visto che bisogna districarsi con termini come gaming, realtà aumentata e appunto skin.
Il gaming è il pronipote dei vecchi videogame, con la differenza che oggi offre esperienze talmente immersive che i protagonisti sono ormai un’estensione digitale dei giocatori in carne e ossa. Dunque da vestire adeguatamente attraverso le skin, letteralmente la varietà di pelle con cui “ricoprirli”. Louis Vuitton veste League of Legends, Gucci Rodlox, Balenciaga Fortnite.
Sul futuro dei metaversi garantisce lo stesso Mark Zuckerberg che ci crede al punto da aver cambiato il nome della sua azienda da Facebook a Meta.
La moda digitale o e-fashion permette anche di acquistare dei capi digitali per poi decidere, solo in un secondo momento, di avere nell’armadio anche la loro versione reale.
Siamo solo all’inizio, perché con l’arrivo di paesaggi virtuali in cui vivere attraverso un proprio avatar, le occasioni per vestirsi con abiti fatti di pixel sono destinate ad aumentare in modo esponenziale ed infatti esistono già gli e-store specializzati dove possiamo inviare una nostra foto per farci “cucire addosso” il capo scelto. Lo scopo? Ma è ovvio, postare quelle immagini sui social, come la maggior parte delle cose che facciamo oggi.