Nella giornata conclusiva dell’ultima edizione della BMTA di Capaccio Paestum, tra i vari incontri, si è tenuta una conferenza dal titolo “Il Melograno e la longevità”, alla presenza di Gerardo Siano, Presidente dell’Associazione “Il Melograno di Paestum”, di Milena Petriccione, ricercatrice CREA di Caserta e tra gli altri, il noto artista Bruno Bambacaro. Si è discusso dei molteplici benefici del frutto, della sua versatilità, dei suoi utilizzi in vari settori, partendo principalmente dall’ambito agroalimentare, con l’esposizione di confetture, liquori e dei piatti realizzati dagli allievi dell’Istituto Alberghiero “Piranesi” di Capaccio, fino alla cosmesi, con creme di bellezza anti-invecchiamento di Giuseppe Rizzo.
Le origini del frutto risalgono alla zona dell’Asia sud- occidentale, ed è stato coltivato nelle regioni caucasiche da tempo immemorabile. Si è diffuso nel bacino del Mediterraneo ad opera dei Fenici, dei Greci e in seguito degli Arabi, mentre fu introdotto in America latina dai colonizzatori spagnoli. Il grande naturalista Linneo, nella sua classificazione delle specie vegetali, lo ha denominato Punica Granatum, richiamando così i grani presenti all’interno del frutto.
Di particolare interesse l’analisi delle varie cultivar della pianta originarie di varie parti del mondo, ad esempio l’Acco israeliana, la Wonderful americana, la Mollar de Elche spagnola, con caratteri differenti già a partire dall’aspetto esteriore, coinvolgendo ovviamene anche le proprietà nutrizionali ed organolettiche di ciascun tipo. Attualmente, nonostante molti paesi del Mediterraneo abbiano intrapreso la coltivazione del melograno, i principali produttori sono India, Cina, Iran, Turchia e Stati Uniti.
Da sempre il melograno ha assunto un grande significato simbolico, per gli egizi ad esempio, ma anche per il popolo ebraico, per cui la corona alla base era simbolo di sacralità e di onestà, pensando che contenesse 613 grani come il numero delle prescrizioni della Torah. Anche le proprietà medicamentose del frutto non passano inosservate: lo stesso padre della medicina, Ippocrate, individua il melograno come un rimedio antielmintico, antinfiammatorio e antibatterico nelle infezioni della pelle. Nella medicina tradizionale georgiana si usava per la cura delle emorragie passive, per le ferite infette e i sudori notturni.
Breve excursus storico quello fatto da Bambacaro, il quale ha soffermato l’attenzione sugli anni 1933/34, periodo in cui, seguendo l’indicazione di Strabone, due illustri archeologi, la giovane napoletana Paola Zancani Montuoro e il nobile torinese Umberto Zanotti Bianco, si avventurarono nella palude del Sele alla scoperta delle antiche vestigia del tempio di Hera. Qui, in un luogo ormai dimenticato, sepolto dal fango, popolato da mandrie di bufale, dominato da acquitrini e boscaglia, emersero i primi frammenti di tegole e i primi blocchi dell’antico santuario. Nonostante le difficoltà e gli ostacoli politici del regime fascista, le ricerche proseguirono grazie alla tenacia e alla costanza dei due archeologi che riuscirono a ridare finalmente dignità storica a questo straordinario sito archeologico. Fu così che si imbatterono in metope e decori del tempio della dea, in ex voto di pii fedeli raffiguranti tutti proprio la melagrana, simbolo, dunque, di fede, di abbondanza, ricchezza e fertilità. Numerosi studi hanno escluso un collegamento con la Madonna del Granato di Capaccio, ma nonostante ciò si nota come permanga e sia sempre presente il valore simbolico comune affidato al frutto.
“È da qui che deriva il legame tra questo frutto e la longevità” conclude Gerardo Siano. È un prodotto che, se inserito in una sana e corretta alimentazione può aiutare a prevenire l’insorgenza di diverse patologie croniche, poiché, nella maggior parte delle varietà, presenta un alto livello di antociani, con proprietà antiossidanti ed anti-invecchiamento. Per l’80% è costituito da acqua e solo per l’1% di grassi. Mantiene normale il livello di colesterolo nel sangue, protegge i lipidi dal danno ossidativo, aumenta l’appetito dopo una perdita di peso non intenzionale, portando ad un aumento dell’introito energetico, mantiene normali i livelli di glucosio ematico.
Nisia Orsola La Greca Romano