Nell’attuale panorama politico nazionale e regionale, in cui molto spesso il vuoto di pensiero e la diafana ed effimera realtà di un’immagine costruita a tavolino prevalgono sulla concretezza di una solida preparazione e di programmi concepiti veramente per il bene comune, la riflessione sull’uomo e il suo comportamento possono illuminare un dibattito scarso d’idee, perché privo di ideali, minati dall’appiattimento che insidia il pluralismo quando credi ed ideologie sono condizionati dal pragmatico culto dell’utile. Intanto, nell’indifferenza generale, coraggiosi cirenei hanno proposto fecondi spunti nel rinnovato interesse per la microanalisi attenta a recuperare il vissuto, inteso come reazione a forzate sintesi di stampo politico-ideologico, poco attente ai processi reali. Si è sollecitato quindi maggiore interesse per peculiarità e connotazioni del continuo snodo tra storia generale e locale. Reperti archeologici, iconografia, etnografia, testimonianze orali, antropologia hanno aumentato l’interesse per la vita quotidiana e per le problematiche ambientali. Oggi si conoscono meglio le articolazioni socio-economiche del paesaggio agrario, l’organizzazione degli insediamenti, la gestione delle risorse naturali e degli istituti culturali, le vocazioni dei sistemi sub-regionali, il riflesso dei valori sulla cultura popolare. L’attenzione ai discontinui movimenti interni per l’intreccio tra i tempi lunghi delle strutture, che segnano le relazioni tra fattori economici, sociali, geo-politici, ed i tempi brevi e nervosi di dinamiche congiunture pone al riparo dalle aporie di una concezione solo cronologica del tempo, con la quale si rischia di non cogliere le intrinseche qualità di una civiltà per la confusione circa il vero significato del senso della storia quando si riduce l’analisi a mera enumerazione di fatti.
Questa pubblicazione mensile si fa apprezzare proprio per questo motivo. Inoltre, è un implicito invito a saper distinguere tra vagare per il territorio ed intraprendere un fecondo viaggio dello spirito per cogliere il senso del tutto racchiuso in un determinato luogo, saper coniugare la tecnologia con la natura, il progresso con l’ambiente, l’utile col bello, ricordare che una vita felice non si pone come scopo il profitto, ma usa le cose per vivere meglio. Tutto ciò è enfatizzato dal vero significato del termine patrimonio, parola composta da due lemmi latini: pater e munus. Letteralmente patrimonio richiama il dovere del padre, per estensione rappresenta le cose del genitore lasciate in eredità ai figli. Quindi fa riferimento alla ricchezza a disposizione di chi si impegna a praticare una riconoscente memoria perché, in senso figurato, richiama la cultura esemplificata dalle cose, dagli ambienti, dalle emergenze architettoniche e archeologiche, dal paesaggio, che caratterizzano un’area dove vive un popolo cosciente e amalgamato dai significati che esprimono.
Valorizzare il patrimonio significa celebrare anche i meriti dei padri che lungo i secoli hanno operato per lasciare testimonianza del loro essere e del loro modo di venerare la bellezza. In una sequenza temporale lunga millenni, la produzione artistica trova il suo momento unificante nell’esprimere la storia esteriore, ma anche i sentimenti e la mentalità di chi ha abitato nello stesso territorio. Le testimonianze affastellate in un’area descritta come marginale obbligano anche ad analizzare le cause di tale marginalità, se è conseguenza di una innata povertà o è procurata dall’egoismo di dominatori che negli accadimenti umani si sono avvicendati come vincitori.
Mettere in comune risorse umane, conoscenze scientifiche e competenze gestionali consente di valorizzare quanto gli abitanti a sud del Sele hanno saputo realizzare, indubbia esaltazione dell’ingegno di comunità che hanno prodotto tesori d’arte la cui fruizione può costituire anche un’opportunità per concrete potenzialità di crescita socio-culturale. Rivisitare questi monumenti significa poter riflettere sul codice morale di un popolo la cui visione della vita è carica di pathos.
La loro presenza conferisce senso al bisogno di ritornare ancora in questa terra nell’era del villaggio globale perché disposti a compiere un pellegrinaggio oltre il tempo per abbeverarsi alle radici del cuore umano e scoprire le ragioni di una identità attraverso la meditazione del bello, segno e simbolo di cosa è capace l’uomo se, superando ogni egoismo, si apre all’altro per comunicargli quanto di bene è presente nel suo animo. Ammirare il patrimonio artistico consente allora di respirare a pieni polmoni la storia. In questo lembo di terra, così variegato per i suoi panorami tra mare e monti, si è compiuto il miracolo di un travaso tra Europa Orientale ed Occidentale. L’esperienza iniziata nel periodo della Magna Grecia viene riproposta dai monaci italo-greci che irradiano la loro presenza su un vasto territorio invitando popolazioni, impaurite e derelitte per le tante invasioni, a sperare. Grazie ad un concreto travaso di tecniche hanno insegnato come è possibile usare pacificamente la forza dell’acqua ed incanalarla per rendere fertili terreni sui quali, dopo averli terrazzati, hanno ripreso la coltivazione dell’ulivo, benefico alimento e simbolo di pace. La loro presenza ha realizzato un primo felice meticciato culturale. L’altro polmone è rappresentato dai monaci benedettini che hanno regalato al territorio integrali e durature esperienze di civiltà. Lo scrigno di Castellabate con i suoi tesori naturali, artistici e religiosi ne costituisce la manifestazione più nota. L’incontro di popoli nel Cilento è continuato con sorprendente intensità, come si desume dai monumenti architettonici e dalle opere pittoriche delle chiese di Novi, prova della possibile convivenza di popoli diversi per provenienza e cultura. La loro convergente presenza in uno spazio sostanzialmente limitato, come la cinta muraria del paese sede anche dell’azione benefica dei padri celestini, ha radicato tracce di stimolante beltà. A Diano il culto del bello ha fatto da cornice all’attività di artisti che in chiese e cappelle hanno lasciato testimonianze di stili diversi grazie alle committenze di tanti artigiani.
Castelli e chiese testimoniano le articolate vicende dell’età moderna, presenze che danno conto della consistenza patrimoniale dei feudi e delle ragioni di una crisi che colpisce la rendita per il radicarsi della marginalità economica a causa dell’acuirsi dei problemi politico-finanziari della corona spagnola. Si tratta di contributi che, anche se percorrono il filone delle ricerche locali, colgono dall’interno situazioni e prospettive collegate a problematiche generali.
Questa esperienza storica, come è stata vissuta, costituisce oggi un grande insegnamento. Rispetto a invasioni, immigrazioni, imposizioni forzate dall’esterno, il popolo ha conservato un’indistruttibile fiducia nella bontà dell’ospitalità; ha praticato l’inclusione nel condividere una dignitosa povertà mai di ostacolo agli insegnamenti più stimolanti dell’Umanesimo. Quindi, sono molteplici le ragioni per compiere, da soli o in gruppo, questo viaggio tra bellezze note e meno note. Perché esso risulti veramente proficuo, occorre procedere ad una duplice lettura. Quella con gli occhi, nei quali si riflette la bellezza di colori, le prospettive e i disegni, accompagnata dalla meditazione sui simboli nei quali riscontrare l’invito ad osservare con maggiore attenzione il manufatto. Quadri, oggetti, affreschi, linee architettoniche invitano a vedere in profondità, sperimentare stimoli che trasmettono all’intelligenza dati cognitivi per leggere il memoriale racchiuso nel messaggio che hanno tramandato uomini e donne attivi nei secoli passati per cantare l’inno alla vita esaltata nell’armonica bellezza dell’arte. Quindi, queste emergenze sono la migliore proiezione olistica dell’uomo, dei suoi desideri, delle aspirazioni e delle speranze seppellite nel profondo di una coscienza individuale e collettiva per allargare la conoscenza e gustare meglio i canoni estetici e riflettere sullo spirito umano, quello dell’autore e del committente, saper cogliere nel rapporto col territorio la relazione tra qualità dei prodotti culturali conservati e contesto storico originario, premessa indispensabile per una efficace musealizzazione.
Il trasferimento dei reperti in un museo costituisce sempre un’operazione delicata, da attuare se esiste una precisa necessità e volontà di conservazione allo scopo di tutelare e valorizzare, come si legge nella «Nuova agenda europea per la cultura» del 22 maggio 2018. Sono fatti di interesse sociale generale, non solo per gli addetti ai lavori, benemerito impegno per un territorio con tanti luoghi della cultura, reperti archeologici, oggetti di uso quotidiano, opere d’arte testimoni di una complessa stratificazione storica.
La loro manutenzione pone ulteriori problemi per l’insufficienza dei fondi necessari. Ma questi presidi di civiltà sono indispensabili: manufatti che consentono di ricostruire il quotidiano, tramandare stili di vita, cogliere l’evoluzione dell’emotività, analizzare i codici di comportamento, i riferimenti proiettati dalla pratica religiosa generata da una fede radicata in un territorio carico di storia. Per gustare questi pellegrinaggi di bellezza, oltre a descrivere le caratteristiche estetiche, occorre immaginare anche le mani che l’hanno plasmato, la mente e il cuore del committente, gli stimoli emotivi, culturali e spirituali ai quali l’opera conferisce una risposta condivisa. In tal modo si determina convergente e reiterata venerazione che arricchisce il visitatore ed impreziosisce il patrimonio.