Figli di un “dio” minore è il tema che abbiamo scelto per questo numero di Unico Patrimonio. Non si tratta di un “Dio” con la “D” maiuscola come è doveroso, ma di un sentimento di “onnipotenza” che induce schiere di sindaci e amministratori a fare incetta di finanziamenti per la realizzazione di opere pubbliche che, una volta assolto il loro compito principale, vengono abbandonate a sé stesse.
Ma qual è la missione primaria di decine di strutture realizzate, inaugurate e poi declassate a puro “ornamento” dell’assetto urbanistico della realtà nella quale è stato costruito?
Ad osservare l’utilizzo che ne viene fatto nella maggioranza dei casi, la “missione” declamata in pagine di pagine messe a base delle richieste di finanziamento, appare del tutto disattesa. Ma osservando più attentamente ciò che resta degli investimenti la situazione ci restituisce la fotografia di una rappresentazione desolante sia sotto l’aspetto strutturale e, ancora di più, sotto quello della funzionalità.
Ma anche volendo fare una cernita tra i tanti rivoli in cui i vari enti hanno canalizzato risorse e investimenti e portare alla luce quelli che, almeno alle apparenze, sono aperti al pubblico e dimostrare una certa vitalità, ecco che figurano che raccontano di luoghi ” abitati” da addetti che hanno perso entusiasmo, vedono sbarrate le porte verso il futuro, incapaci di lanciarsi in iniziative che possono ravvivare interesse e partecipazione delle comunità che le ospitano e delle quali sono patrimonio…
Dopo tutto, cosa ci si può aspettare da persone che devono fare carico del peso enorme di dare un senso a qualcosa che “senso non ne ha”.
Stiamo parlando di un patrimonio che andrebbe messo in rete e fatto conoscere almeno a chi in quei comuni ci vive o vi ritorna. Ci vorrebbe uno “scatto di reni” che possa smuovere l’atavico andazzo di voler coltivare il proprio “orticello” senza confrontarsi con chi ne ha un altro altrettanto ben (o mal) tenuto sul confine. Sarebbe importante che chi ha responsabilità educative nei confronti delle nuove generazioni cominci a guardarsi intorno per capire come fare per smuovere l’annoso problema dell’apatia culturale in cui le nuove generazioni sembrano ineluttabilmente destinate…
Più di una volta si è di fare squadra tra associazioni, amministrazione ed Ente Parco del Cilento Vallo di Diano e Alburni (PNCVDA), ma i risultati sono stati quasi del tutto nulli! Anzi, si è avuta sempre l’impressione di aver “rosicchiato”, ancora un po’, l’anelito al fare di quei pochi che ancora sono impegnati nella giusta direzione.
Ecco perché, dopo aver preso coscienza della situazione che degrada verso un punto di non ritorno, sarebbe il caso di procedere con un piano ben strutturato negli obiettivi e una strategia in grado per raggiungere l’obiettivo di organizzare al meglio le azioni in grado di far ripartire contemporaneamente la voglia di essere protagonisti e la consapevolezza che siamo stati fortunati ad essere destinati a vivere in una realtà baciata dalla storia e, per questo, dalla fortuna.
L’unico soggetto che ha l’autorevolezza istituzionale per farsi carico della “missione possibile” di comprendere il “rinascimento” dell’area compresa nel perimetro del PNCVDA è proprio l’ente Parco. Dovremmo essere alle ultime battute di Tommaso Pellegrino come presidente del parco. Il Ministero dell’Ambiente e la Regione Campania hanno già indagato a fondo tra la “folla” di candidati possibili alla guida dell’ente. Ora è il momento di decidere e designare una persona che sappia essere all’altezza del ruolo e che abbia la determinazione di anteporre l’interpretazione del suo ruolo ad altri interessi e aspirazioni personali.
La Comunità del Parco, alla quale spetta la responsabilità di nominare ben 4 consiglieri nel direttivo (la metà dei componenti), oltre ad eleggere, o rieleggere, rappresentanti che siano “rappresentativi” di idee universali nella generalità del territorio, diventi parte in causa e segua da vicino gli sviluppi del mandato che daranno ai colleghi che siederanno in consiglio.
Le Comunità montane, i Patti Territoriali, i Piani di zona, i GAL, le UNIONI dei comuni, le due Diocesi (Vallo della Lucania e Teggiano – Policastro), le associazioni imprenditoriali e di volontariato … facciano qualche passo in avanti nella direzione giusta recuperando un metodo di lavoro inaugurato da Vincenzo La Valva al posto delle scorrerie a briglia sciolte che nei decenni li hanno visati protagonisti.
Il nuovo Presidente del PNCVDA inserisca nel suo programma di lavoro che presentarà al Parlamento la convocazione degli Stati Generali del Parco con l’obiettivo di mettere a confronto, per la prima volta, l’universo umano che ancora vive nel territorio in modo individuale o associato con l’obiettivo di osare un orizzonte a medio e lungo termine al futuro delle giovani generazioni che ancora vi nascono e vi trascorrono i primi 18 anni di vita.
La revisione del Piano del Parco da poco approvata e passata del tutto inosservata nell’area che ne è l’oggetto di studio, è stata un’altra occasione mancata perché ridotta all’assolvimento di un semplice atto burocratico senz’anima del quale non si è accordo nessuno!
Il presidente che sarà designato si prenda tutto il tempo necessario per ascoltare e poi agisca di conseguenza. L’obiettivo sarà quello di compilare i tanti “vuoti” prima che diventino incolmabili voragini o, peggio ancora, “orridi” da dove è impossibile risalire.