Sono pastori e contadini, anziani, e soffrono l’isolamento vero e proprio. D’inverno la zona dove abitano è raggiungibile solo con l’elicottero. Eppure basterebbero sette chilometri di strada vera al posto dello sterrato che, e solo d’estate, è percorribile col mulo o con un robusto fuoristrada. In inverno vivere a. Pruno è sempre un’avventura.
Nel piccolo villaggio c’è, anche per questo una civiltà rurale che altrove è sparita da almeno mezzo secolo. Sono dediti alla pastorizia, qualcuno è operaio forestale presso la comunità montana. si sposano tra di loro, ma anche con allevatori delle vicine Laurino e Rofrano, donne dei tempi che furono, ed uomini duri ,disponibili ad una vita di fatiche e privazioni: condizione necessaria per continuare ad abitare nelle loro vecchie case di pietra. La vita economica della comunità è scandita dalle forme di un semplice solidarismo: tutti aiutano tutti nei vari lavori dei campi e dell’allevamento. E senza che si stia a calcolare l’apporto di uno o dell’altro. Quasi tutte le sere si riuniscono in una casa {d’inverno) o in un’ aia (d’estate), si suona l’organetto e si cantano le vecchie canzoni popolari cilentane. Si discute molto: i fatti dei paesi vicini, i danni dei cinghiali, l’avvistamento di qualche lupo, i lavori in montagna o di questo Parco Nazionale che ancora non s’è capito cosa sia e a chi serve. A Pruno c’è un Museo vivo della civiltà contadina. Chi li conosce bene li accosta agli amish americani o ad un kibbutz israeliano in salsa cilentana. Qui non c’è niente di artificiale di ricostruito o d’imposto dall’alto da qualche santone. ” · parlu eu li ccrape, io allucco eu lo lupo, i’ saccio addò è ‘no sdirrupo … “, come i dicono i versi di Enzo D’Orsi, il poeta cilentano che più si è avvicinato all’ humus particolare di questo mondo così particolare. Si vive così in questa località di montagna al centro del Parco Nazionale del Cilento, da qualche anno dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco. A Pruno, dal comune di Valle dell’Angelo, 475 abitanti, uno dei più piccoli della Campania e racchiuso nell’enclave dell’ Alta Valle del Calore; la zona più emarginata del salernitano. Le dimensioni del comune di trovare le risorse per costruire la strada che toglierebbe dall’isolamento.
IL PANE DI ISABELLA. Non c’è niente di meglio del pane che esce dal forno a pietra di Isabella Donnantuoni che con suo marito Donato D’Andrea non vuole sapere di andare a vivere in paese. Più in là abitano Carmelo e Barbato D’ Andrea e le mogli Angelina e Graziella. Poco lontano c’è la casa di Carlo Antonio De Vita, 75 anni, il primo Prunese ad aver rotto una consuetudine di una volontaria emarginazione : oggi siede nel consiglio comunale. Vive con la moglie Antonietta ed il figlio Stefano. Angelo Coccaro, 85 anni, e sua moglie Peppina lottano contro i figli che li vorrebbero portare a Valle dell’Angelo. “A Pruno stiamo da una vita, e prima di noi ci sono stati i nostri padri. Al paese no, non ci stiamo bene. Là si perdono dietro le chiacchiere ed alle apparenze. Sono troppo civettuoli. Non sono come noi.” La verità è che se abitassero in paese senza far nulla si sentirebbero a breve pronti per il funerale.
IL RACCONTO DEL SINDACO. Quelli di Pruno, e li racconta così il primo cittadino vallangiolese “sani, allegri, molto longevi, molto parchi, collaborativi tra di loro, hanno qualche malattia respiratoria ma nessuno accusa sintomi di depressione”. Il sindaco Salvatore lannuzzi, “32 anni medico Internista e neuropsichiatria, è molto addentro a questa comunità , “me ne occupo come Salvatore lannuzzi, un pò medico ed un pò sindaco ma soprattutto “come innamorato della loro semplicità e che gode del privilegio della loro amicizia”. Nelle loro case manca l’acqua corrente ed il telefono. L’ energia elettrica, e con essa la tv, è arrivata solo una decina d’ anni fa. l telefoni cellulari aiutano le loro comunicazioni col resto del paese e del mondo. A Pruno si vive quasi sempre all’aria aperta; la giornata è scandita dal lavoro nei campi. Pane, olive e formaggio è il cibo abituale; il lavoro è il gregge di pecore e capre da mandare avanti con l’allevamento brado di vacche. Animali che danno una buona carne ed ottimo latte. Gli abitanti vivono in un paesaggio tenero e clemente, dove valli e vallette, alberi ed animali sembrano più obbedire ad un misterioso gusto scenografico che ad interessi agricoli e pastorali . Quando d’inverno piove o nevica (eventi frequenti visto che ci troviamo alle falde del monte Cervati, la montagna più alta della Campania) sono fuori dal resto del mondo. Non per qualche giorno, ma spesso per intere settimane. lannuzzi, un giovane assai volenteroso ed intelligente, è seduto da poco sulla poltrona di primo cittadino. E tutta sua la battaglia per salvare Pruno dall’ abbandono inevitabile ed imminente. Una strada di collegamento è una necessità vitale, “serve – dice – per dare condizioni minime di vivibilità a quelle famiglie”. L’opera costerebbe poco più di un miliardo, il suo piccolo comune non ha nemmeno i soldi per affidare ad un ingegnere la progettazione. Ho chiesto l’intervento del Parco del Cilento, dell’amministrazione provinciale. Ho detto loro come vivono nel 2000 i prunesi.
Ho avuto l’impressione di aver raccontato una favola”. Morale; qui gli inverni picchiano forte. Durano mille giorni, il vento è forte come una belva quando si unisce alla neve ed al freddo va alla caccia di tutto ciò che incontra, passa sotto le porte, s’infila dentro i camini. Quando c’è l’emergenza di una crisi ipertensiva che coglie qualche anziano non c’è grazia di San Barbato – il loro santo patrono – che tenga. In queste condizioni, far continuare gli studi a qualche ragazzo volenteroso, manco a parlarne. E torna il discorso della strada. “Possiamo far diventare ancora di più questa zona un paradiso. Affinchè tutti possano ” dice Salvatore iannuzzi – andarli a visitare per conoscere una realtà diversa sia nei paesaggi che nell’anima”. … Un sogno targato Loparco. Ogni anno i, a 100 Km di distanza da Salerno, si chiude una scuola e si ridimensiona un ufficio postale. Valle dell’Angelo, Sacco, Laurino, Piaggine, Rofrano potevano essere una piccola Svizzera invece c’è il deserto.
Sono anche straordinari pascoli mancati, che ci avrebbero assicurato tanta buona e sana carne che invece dobbiamo importare indebitandosi ed avvelenandosi. C’è il clima ideale, l’acqua ed il foraggio. Cose antiquate: meglio la modernità di comunità montane che si sono mangiate miliardi senza portare un briciolo di sviluppo, così oggi la disoccupazione galoppa oltre il 50% e le culle sono vuote. Ed è per questo che ogni volta che qualcuno arriva qui a promettere lavoro e fabbriche, succede il finimondo. Tre anni fa l’uomo dei sogni ha avuto le sembianza di Massimo Loparco allora poco più che trentenne, napoletano ma trapiantato a Roma spalleggiato da Antonio Nese, detto Gentile, vulcanico assessore di Laurino, ‘trattò con i meravigliati e paciosi sindaci della zona l’insediamento di una fabbrica che prevedeva quattrocento addetti . Meglio di qualsiasi lotteria, o di un radioso sviluppo ecosostenibile come predicano quelli del Parco del Cilento. La multinazionale olandese Ebc doveva produrre in serie le statuine di Biancaneve, i sette nani, e poi elefantini, porcellini ed altri eroi del mondo dei cartoons, assicurava Loparco e tutti i giovani di questa parte della provincia del salernitano dovevano riconvertirsi in ceramisti o designers. Gli amministratori comunali proposero subito di utilizzare tutte le scuole abbandonate. Niente da fare: “una fabbrica così grande ha bisogno di spazi”, dissero Loparco e Nese. Alla fine la scelta cadde su Sacco, meno di mille abitanti, dove c’era già un’area industriale progettata , tanto che Giovanni Greco, sindaco del paese” abita a pochi metri dall’ultima piazzola da industrializzare. La “Ebc Cartoons”, era accreditata di tremila miliardi di fatturato, con centri di produzione a Oporto, in Portogallo, ed altri ancora in Africa, in Mozambico. Come è andata a finire ? “A causa di difficoltà nella possibilità di accedere ai finanziamenti pubblici l’iniziativa è temporaneamente sospesa”, dice Antonio Nese. Storia molto diversa invece a Piaggine. Ad ogni abitante, vecchi e neonati compresi, Giovanni Vertullo, petroliere americano figlio di emigranti venuti da questo paese, lascia un milione di lire a testa. Non certo da spartire, s’intende. Ma per avviare un’iniziativa che awii lo sviluppo e economico del paese. “Studiarci sopra per non più di due mesi e poi fatemi sapere”, dice e se ne va in l’elicottero. Nel paese scoppia la discussione, c’è chi vuole restaurare un vecchio convento, chi pensa ad una casa di riposo per anziani e chi vuole allevare cinghiali per farne salami. Passa più di un anno e a mr. Vertullo non è ancora arrivata l’idea da finanziare. “Uno studio di fallibilità”, è stato intanto approntato da alcuni tecnici. “Sarà pagato con i soldi di Vertullo”, già accusano alcuni. Solo storie di bluff e di incapacità ? No. A Valle dell’Angelo, che ha 3700 ettari di terreni comunali più di sessantamila metri quadri a testa stanno ristrutturando l’ex rifugio della Forestale. Ospiterà decine di turisti. E sono orgogliosi del fatto di essere stati scelti dal Ministero delle Risorse Agricole per ospitare un centro telematico telematico – pilota che permetterà alle popolazioni dei piccoli e spopolati paesi di montagna un accesso guidato e facilitato alle nuove autostrade informatiche.
Oreste Mottola