Per la prima volta nella storia è stata presentata una sola lista in occasione delle elezioni amministrative. Un primato non proprio edificante per il comune di Teggiano, in cui il sindaco uscente, Michele Di Candia, si presenta con una squadra in gran parte confermata. Abbiamo incontrato il capogruppo della minoranza teggianese, Rocco Cimino per conoscere i motivi alla base della mancata riproposizione e presentazione di una lista contrapposta. Cimino nelle ultime 2 tornate elettorali ha sfidato la compagine di Di Candia e dal 2014 al 2016 ha rivestito il ruolo di primo cittadino del paese.
Perché a Teggiano è stata presentata una sola lista?
E’ il fallimento della politica di una comunità vivace. Teggiano è uno dei paesi del Vallo di Diano con il più alto numero di laureati. E’ una sconfitta di tutti e i motivi sono molteplici. In primis, la generale disaffezione, che porta la gente ad allontanarsi dalla dinamiche politico-amministrative, poi i tempi, che sono stati piuttosto stretti, anche per via del periodo estivo. Ma anche desideri legittimi di proposizione, che probabilmente non avevano tanto fondamento e hanno minato la credibilità di un gruppo che si proponeva di sostituire l’amministrazione uscente.
Cos’è mancato di più?
E’ mancato, come detto, il tempo e la responsabilità. E’ inutile parlare di cose che non vanno e di quanto non fatto dall’amministrazione, quando poi non si vuole mettere la faccia in prima persona. Non è più pensabile che oggi che la comunità teggianese si allontani dalle tematiche politiche. Ho provato fino all’ultimo a formare una lista, ma l’unità di intenti, che sulla carta c’era, poi è venuta meno. Non essendosi concretizzata tale convergenza, ho ritenuto di farmi da parte, ufficializzandolo qualche giorno prima dalla presentazione delle liste. Tuttavia, speravo che ciò fosse letto come una chiamata alla armi e un richiamo alla responsabilità. Fin dall’inizio mi sono detto disponibile ad appoggiare un progetto, ma chi avesse avuto l’intenzione di proporsi, avrebbe dovuto dar vita ad un piano credibile e fatto di persone di un certo tipo.
Ha inciso anche il fatto che alcuni considerassero già persa la partita con la compagine di Di Candia?
Qualcuno ha anche potuto pensarlo, ma poi abbiamo visto che ciò che sembrava potesse essere una macchina da guerra, si è rivelata un’armata Brancaleone. C’è stato il rispolvero di soggetti che, per quanto mi riguarda, non hanno dato proprio grande prova di sé nel passato politico di questa comunità.
La minoranza è arrivata spaccata all’appuntamento con la composizione delle liste?
Il gruppo di minoranza è arrivato spaccato più per convinzione della gente che per la realtà dei fatti. In questo paese si mira più a distruggere gli altri, che rafforzare sé stessi. Abbiamo collaborato fino alla fine. Certo, si sono stati dei distinguo e un componente del gruppo ha cercato fino alla fine di costituire una lista, ma ho la sensazione che ci siano state delle strumentalizzazioni artatamente costruite affinchè si arrivasse a ciò. Da tempo, infatti, si parlava di una lista di pacificazione.
Al riguardo il sindaco ha lanciato un appello in tal senso
Mi sembra una cosa senza senso. Un’amministrazione non può vivere senza opposizione. Non starei tranquillo al posto loro, perché non c’è nulla di peggio dell’amministrare senza una controparte.
E’ stato un problema di “numeri”, o di difficoltà nel trovare persone disposte a proporsi?
No, una lista si può sempre creare, non è stato quello il problema. Ho detto fin dall’inizio che non mi sarei proposto senza determinati fattori. E’ vero che una persona si è tirata indietro all’ultimo e ciò ci ha indebolito psicologicamente. Quando a pochi giorni della presentazione delle liste, viene meno qualche pezzo, si inizia ad avere dei dubbi. A quel punto, per me non c’erano le condizioni per continuare. Si è perso tempo e fare una lista che non rappresentasse in larga parte le persone che non si riconoscevano nell’amministrazione Di Candia, non aveva senso. A volte le posizioni si irrigidiscono in modo stupido e forse è accaduto anche a me. Non siamo, quindi, riusciti a convergere su un progetto comune.
Tra l’andare a votare e il partito del “non voto”, lei dove si colloca?
Credo che mi recherò alle urne, ma di certo non posso votare a favore di questa aggregazione. Anche perché, in questa fase importante per i comuni, ritengo che non abbiano gli strumenti per amministrare al meglio. Avverto, tuttavia, nella gente una sorta di presa di coscienza che prima non c’era. E’ forse l’occasione per un cambio di cultura del voto. Non si può votare per il piccolo favore. I diritti non sono favori.
Dal 2014 ad oggi ha fatto errori? Se si, quali?
Di errori ne avrò fatti tanti, ma credo di aver fatto il mio dovere. Da più si sarebbe voluto che mi dimettessi, ma non l’ho potuto fare perché avrei tradito il mio elettorato. Voglio ricordare nelle elezioni del 2016, nonostante avessimo una lista debole e chiusa all’ultimo, abbiamo perso per 400 voti, quindi 200 persone. Il che significa, almeno per me, che la gente ha voluto votare non tanto per la nostra lista, quanto contro l’altra. Per cui il dissenso esisteva nel 2016 e credo fosse ancora più acuto adesso.
La sua avventura politica è chiusa? O ci sono ancora spazi?
Lo spazio per la politica esiste sempre. Non so in che posizione e in che ruolo, ma se chiamato, non farò mancare il mio apporto.
Cosa sente di dire ai suoi elettori e alle persone che sono state e sono vicino a lei?
Non posso che ringraziarli, perché hanno dato prova di grande affetto e vicinanza a me ed ai progetti presentati. Ritengo che i 22 mesi della mia amministrazione abbiano dimostrato che a Teggiano si potesse fare qualcosa di diverso. Magari venivo visto come il sindaco delle regole, l’intransigente, l’intollerante, ma bisogna capire che siamo artefici del nostro futuro e non possiamo delegare ad altri. I giovani devono evitare di umiliarsi. Il lavoro è un loro diritto.