Dopo esserci persi, ancora un po’, per le stradine del borgo marinaio di M. di Camerota, risaliamo la SP462 e guadagniamo l’imbocco del ponte sul vallone dal quale bisogna incamminarsi per raggiungere Palinuro. La strada è ampia e abbastanza trafficata, ma non ci sono alternative per coprire questo tratto del Cammino che si snoda per 15 Km circa fino all’altra perla della Costa del mito.
Il primo tratto è in salita anche se abbastanza riparato dal sole sia a monte sia a valle della strada dove sono infilati, l’uno dietro l’altro, i tanti camping che hanno fatto la storia turistica di questa parte del Cilento costiero fin dagli anni ’60 del secolo scorso.
Questa tappa coincide in tutto e per tutto con il tracciato della Corsa del Mito che si svolge ogni anno all’inizio di settembre in senso contrario, da Palinuro a M. di Camerota, per circa 15 Km alla quale da un po’ di anno prendo parte regolarmente dando, però, le spalle al Capo Palinuro.
Al contrario, risalendo al Costa verso Nord, non appena cominciamo a scendere verso le belle spiagge bianche che ogni anno sono prese d’assalto da migliaia di bagnanti, cominciamo a scorgere Capo Palinuro che fa capolino tra gallerie e spiagge infinite.
Con Ginetta ce la prendiamo comoda in quanto, il percorso è relativamente breve e ci consente di scendere in riva al mare, bagnarci e percorrere un lungo tratto sul bagnasciuga per asciugarci. Sulla spiaggia ci solo i segni dei tanti stabilimenti balneari che d’estate vengono rimontati per accogliere gli amanti del sole e del mare. Passando per il sentiero situato nella pineta retrostante la spiaggia si evita di camminare per pochi Km sull’asfalto della SP 562.
Al confine con il comune di Centola, di cui fa parte Palinuro, dobbiamo risalire sull’asfalto per superare la collina che si frappone tra noi e quello che resta dei circa 15 Km della tappa. Sulla destra le tante grotte scavate nella roccia dalla furia del mare in tempi che risalgono alla notte dei “tempi”. Tra queste anche quella del “Ciclope”, ora ridotta allo stato naturale, che tanti ricordi ancora riesce a richiamare alla mente di tanti “diversamente” giovani che qui hanno assaporato la gioia di considerarsi già oltre la “fanciullezza”.
La giornata è ancora splendida: sole e mare si uniscono in un unico canto alla natura che è fa loro da madre.
Ci sediamo su un muretto lungo la strada a consumere un frugale panico, ma gli occhi sono fissi a scrutare quel promontorio che si alza spavaldo e appare inaccessibile come un “maniero” medioevale.
Superato il fiume Mingardo, pieghiamo a destra per inoltrarci in una delle strette stradine che portano all’arco Naturale. Il fiume scorre alla nostra sinistra placido, lento quasi a volersi gustare gli ultimi metri che lo separano la suo destino. Giunti, con lo stesso passo dell’acqua alla foce a delta, giriamo a destra per cogliere subito la “cartolina” dell’Arco Naturale che si staglia sullo sfondo.
Ci prendiamo tutto il tempo per poggiare gli zaini, sistemare i bastoncini, dissetarci con ciò che di liquido abbiamo ancora dietro e poi avanzare il ordine sparso sulla spianata fatta di sabbia e pietre antistante al monumento della natura sulla cui parete fiorisce ogni anno la Primula di Palinuro.
Riprendere il Cammino della giornata che si concluderà nel borgo di Palinuro non è ancora una priorità, pertanto ci rilassiamo sul bagnasciuga fino a tardo pomeriggio. Ci sarà tempo per andare all’appuntamento con l’altro pezzo di mito che si trova dalla parte opposta del promontorio che abbiamo di fronte.
Bartolo Scandizzo