La Tappa è una delle più brevi tra quella consigliate. I primi Km si percorrono in dolce pendenza e in compagnia delle guglie degli Alburni che si fanno notare, ognuna per sé, nonostante sia impilate una dietro l’altra senza soluzione di continuità in un alternarsi di alti e bassi come le note della scala musicale.
D’altro canto, ecco che si presentano le terre della Lucania che, d’estate, ardono al sole.
Con l’arrivo alla fontana posta nei pressi delle sorgenti di Petina, comincia un lungo tratto in discesa che porterà nel centro abitato dove si potrà godere di un ambiente incontaminato da rumori e inquinamento.
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Con la quarta esperienza sul Cammino del Parco Cilento, Diano e Alburni, entriamo nell’età adulta della nostra esperienza sia con il tipo di percorso sia perché abbiamo preso confidenza con la filosofia di fondo che induce delle persone a spostarsi con una certa continuità in una direzione con l’obiettivo di giungere in un luogo che sarà la base di partenza per un altro obiettivo.
Questo fatto ci fa muovere con una consapevolezza diversa rispetto alle abituali attività sportive che pure ci vedono protagonisti nel corso dell’anno.
Con questo pensiero di fondo arrivo al punto di partenza che è Sicignano.
La giornata è ventosa e fredda e, ancora con Sergio, mi attardo un po’ prima di ripartire.
Ai piedi dei monti Alburni, al lato Nord, il sole nel mese di dicembre apparirà solo per poco tempo come per il tracciato previsto per questa tappa. Per cui, ben coperti, si parte affrontando il tratto in salita di circa 6 Km e che ci porterà fino al punto panoramico dal quale ci affacceremo su Petina e sulla valle del fiume Tanagro.
Usciti dal centro abitato ci rimettiamo sulla SP 35 bis e, protetti dal vento dal monte Alburno che ci sovrasta sulla destra, prendiamo il passo giusto diretti al nostro obiettivo immediato: metterci alle spalle la salita.
Arrivati al belvedere, immortaliamo con una foto l’evento, e poi ci lanciamo per la discesa verso Petina. Oltre al panorama possiamo dissetarci ad una fontana posta nei pressi della sorgente che alimenta l’acquedotto del paese.
Arriviamo al paese della “fragoline di bosco” con relativa facilità dovuta al fatto che il tratto in discesa aiuta a distrarsi guardandosi intorno. Pur essendo abituati alla bellezza delle guglie dei monti Alburni che non ci lasciano “soli” da Castelcivita, ogni volta che si alza lo sguardo al cielo rimaniamo estasiati dalle loro infinite e cangianti forme. A differenza del paese gemello, probabilmente per l’orario di pranzo, Petina è meno animato anche se altrettanto ben tenuto. Passiamo per la bella piazza sotto gli occhi interroganti delle persone che incrociamo.
Entriamo nel bar a bere qualcosa di caldo, ci affacciamo nella navata della chiesa, gironzoliamo nelle strette vie del paese, ci informiamo sulla possibilità di salire in cima al monte per fare una sosta all’osservatorio astronomico e, infine, ci concediamo il meritato riposo.
Bartolo Scandizzo