Lo scorso articolo includemmo nel contesto d’esso l’Opera d’Arte Totale, adesso varcheremo la soglia d’un museo di opere realizzate da un altro Genio poliedrico. Una numericamente spaventosa sequenza di splendida originalità nella propria narrazione artistico/esistenziale e biografia intellettuale, è riscontrabile nell’Opera (intesa quale Arte Totale) di Alberto Savinio; figura estrosa, straordinaria nel senso Leonardesco dell’aggettivo, artista che ha regalato, con una inventiva parecchio al di sopra dell’ordinario, intense emozioni toccando, con magiche opere, numerose forme d’arte; spaziando dalla narrativa allo sperimentalismo artistico, dalla composizione musicale alla drammaturgia, dalla critica letteraria all’“autobiografismo immaginario”… Per ora fermiamoci qui… Il suo percorso include, parallelamente, una estrosità di atteggiamenti strettamente congiunta con le singolari doti di creatività. Alberto Savinio (1891 – 1952) fu il nome fittizio da lui utilizzato per svincolarsi dalla rete oppressiva d’una relazione di parentela (era fratello) con Giorgio de Chirico, grande pittore massimo esponente della pittura metafisica, movimento pittorico tendente a rappresentare una Ultra Realtà attraverso opere oltrepassanti la semplice apparenza fisica della realtà, dunque valicanti la stretta percezione dei sensi. Sottolineo l’aspetto che il fratello minore (nel senso anagrafico del termine) di Giorgio de Chirico, svolse, sin dall’inizio della sua attività artistica, un ruolo importantissimo nella comparsa e successiva fioritura della poetica metafisica. Ordinando il repertorio presente nella rubrica delle fulgidità di Savinio, l’elenco include varie sezioni; egli fu: scrittore, pittore, musicista esecutore, musicista autore/compositore, scenografo, costumista, saggista, drammaturgo, regista, critico cinematografico, collaboratore di giornali e riviste di varia natura, (ed infine!) illustratore. C’è da aggiungere che tutte queste produzioni non risultavano numericamente esigue ed erano cariche di virtuosa levatura, ricche di novità e freschezza, talvolta anche di esplosivo contenuto provocatorio. Amici lettori, a questo punto credo sia lecito un dubbio: quanti saccenti presuntuosi “incolonnatori di parole” conoscono Alberto Savinio? Appartenenti all’estesissimo insieme mondiale di “versificatori/incolonnatori”, assurdamente (da suscitare l’impallidire di massimi esponenti del Teatro dell’Assurdo, Ionesco e Beckett) innalzati da compiacenti critici letterari (retribuiti?) a rango Dantesco: forse Beckett e Ionesco dall’Aldilà farebbero l’occhiolino ascoltando qualcuno che sostenesse la tesi della inesistenza di Non poeti:alcuno di tale insieme infinito, ovvero composto da infiniti elementi, si reputa Non poeta; “inoriginali incolonnatori” e “Non poeti” sono gli altri, dunque i Non poeti non esistono. Mi perdoni Sartre, chiedo la Sua clemenza per l’utilizzo del Suo demoniaco modello: “l’Inferno è negli altri”, sostituendolo con “la Non poesia è fatta da altri”… Ritorniamo al realismo Artistico: Savinio a soli dodici anni conseguì il diploma in pianoforte e composizione,ad Atene, dove il padre lavorava da imprenditore di costruzioni ferroviarie. Nel 1914 istituì e promosse il movimento musicale del Sincerismo, che teorizzò in un saggio, Il dramma e la musica; questo orientamento musicale prevedeva una musica non armonizzata, tendente ad evidenziare i paradossi ed il dolore esistenti nel mondo; con soluzioni melodiche intese a provocare sconcerto e sbigottimento nell’ascoltatore. Egli stesso accompagnava l’esibizione con la follìa, in una sorta di antitesi alla maschera pirandelliana, in un essere pienamente sé stessi senza alcuna inibizione o controllo della propria parte razionale: eseguiva i suoi brani fracassando i pedali del pianoforte, scagliando furiose invettive e pugni su oggetti, urlando ossessivamente, disperandosi, ridendo e dimenandosi in maniera “satanica” nel corso dell’avanzamento della composizione; tali spericolati e spavaldi spettacoli, sia ben chiaro, erano parte integrante dalla musica, sviluppandosi in uno con essa, associati in un comune senso artistico. Ma il Nostro “rara avis” all’improvviso piantò in asso la musica, per dedicarsi alla stesura di un poema drammatico, Canti della mezza morte; in sostanza immettendo, questa volta sul piano letterario, la <
Giuffrida Farina