Campo – fattoria – comunità – stato – regione – paese – continente – pianeta. Parlare di agroecologia è come aguzzare lo sguardo nell’oculare di un microscopio. Un processo deduttivo che vuole condurci, procedendo dal particolare al generale, verso la concezione di una poetica del sistema alimentare che parta da un’agricoltura resiliente, dalla persistenza, dalla considerazione della specificità dei luoghi e degli agrosistemi.
Una sfida sociale che pensa al rapporto uomo – terra in termini sia di soddisfazione dei bisogni alimentari sia in quelli di sviluppo a breve e a lungo termine, tenendo conto degli equilibri intimi del sistema terrestre, che non devono essere destabilizzati. Non si tratta, dunque, di valutare un insieme di buone pratiche agricole. Almeno, non soltanto. L’approccio dell’agroecologia, che per sua natura è interdisciplinare, considera i sistemi alimentari come reti socio-tecniche che collegano persone, elementi naturali ed “artefatti” aziendali, mostrando che la produttività si trova spesso in una relazione inversa con le dimensioni delle aziende industriali.
Quando nel novembre del 1996 si definì il concetto di sovranità alimentare (FAO, World Food Summit – Roma) si scelse, non a caso, di utilizzare l’espressione “appropriatezza alla realtà” per caratterizzare le politiche agricole, del lavoro, della pesca, del cibo e della terra sul piano tanto ecologico che sociale, tanto economico che culturale. Un riconoscimento del diritto dei popoli ad alimenti nutritivi adeguati ed accessibili, prodotti in forma sostenibile ed ecologica, rispettando cioè la biodiversità ed incentivando pratiche di agricoltura familiare, considerate opportunità di crescita per le singole comunità.
Ad oggi la filiera della produzione alimentare è controllata da un’oligarchia commerciale e finanziaria, e diretta dalle multinazionali. Dal 1998 è addirittura in vigore una direttiva comunitaria europea che riserva la commercializzazione e lo scambio di sementi alle ditte sementiere, vietando agli agricoltori la commercializzazione di varietà tradizionali che non siano state iscritte nel catalogo ufficiale europeo.
L’intero mercato mondiale delle sementi è, in sostanza, quasi totalmente gestito da sette aziende che detengono i brevetti e che si occupano contemporaneamente (e paradossalmente) della produzione di sementi, veleni per l’agricoltura e OGM.
Un colpo basso che penalizza la salvaguardia delle varietà delle piante antiche, memoria storica e biologica dell’agricoltura e vasto patrimonio genetico che determina, appunto, la biodiversità dei prodotti agricoli.
Per fortuna molti non ci stanno. Si contano numerose, sul territorio, le associazioni di volontari impegnate nel recupero delle varietà antiche e tradizionali. “Criminali” che preservano e distribuiscono, a chi le chiede, sementi “fuori” dal catalogo ufficiale. Semi Vaganti Cilento è una di queste. Un’iniziativa nata dalla passione di alcuni giovani Cilentani con lo scopo principale di recuperare, distribuire, condividere e soprattutto alimentare la libera circolazione di semi.
Raccontata dai suoi ideatori: “Semi Vaganti Cilento si nutre della volontà di attivare, sul territorio cilentano, un processo di interscambio che favorisca non solo il recupero di varietà di semi ormai non presenti sul mercato e non commercializzabili, ma anche quel processo di adattamento del seme al territorio che lo accoglie, diventando così, egli stesso, parte della cultura locale ed etno-gastronomica. Libera circolazione vuol dire garantire la diffusione delle tantissime varietà che non sono state tipizzate dagli enti pubblici dell’agricoltura. È questa un’esigenza in primis elaborata individualmente dai membri del gruppo che da molto tempo, attraverso un’intensa ricerca sul territorio, si occupano di recuperare i semi delle diverse varietà campane e non, partecipando anche ad eventi ormai noti sul territorio, come “scagnammoce a sementa” in ambito flegreo. Ecco allora che l’unione e la sinergia di diversi partecipanti ha spinto a creare in questo territorio, da sempre votato all’agricoltura, un’iniziativa analoga.
A partire da questo obiettivo il gruppo sta elaborando altre iniziative, come il video “Pomodori Vaganti” (https://fb.watch/5xGYXUnmM4/) per avvicinare i più piccoli alla comprensione del progetto e ad un’agricoltura diversa e più vicina al territorio che la ospita. Nonostante i limiti dovuti alle restrizioni anticontagio da coronavirus, il gruppo si è attivato per favorire il libero scambio di semi in piena sicurezza, attraverso la circolazione di “cassette vaganti” in cui è possibile prendere gratuitamente, scambiare o donare i semi disponibili presso diversi esercizi commerciali che hanno aderito all’iniziativa come “Borgotto Pizza e Sfizi” a Capaccio capoluogo, “Ecoessenze” a Capaccio Paestum, e “Naturè” frutta e verdura in località Licinella di Paestum. Inoltre, un banco dell’associazione è stato presente presso il mercato ortofrutticolo a km zero che si tiene a Capaccio Paestum in via Caduti di Nassiria. In quell’occasione è stato possibile conoscere da vicino l’iniziativa e ancora prendere, scambiare e donare semi mentre per future iniziative è possibile seguire la pagina facebook “Semi Vaganti Cilento”.
Il Cilento ringrazia.
Francesca Schiavo Rappo