Ancora una volta l’inesauribile archivio di arte, letteratura e scienze varie di Antonio Baglivo si apre facendosi mostra di libri e fanzine d’artista, da cui il titolo “Hybrid&Zine”, presso i prestigiosi locali dell’Archivio di Stato di Salerno. (Visite sino a metà giugno in orario apertura uffici).
E sono soprattutto le fanzine ad attirare le maggiori attenzioni in questa esposizione dove Baglivo ha inteso mettere in mostra un particolare modo di fare arte: le fanzine, appunto, parola composta da fanatic (appassionato) e magazine (rivista). Una forma di espressione d’arte non professionale e non ufficiale, prodotta da entusiasti di un particolare fenomeno per il piacere di condividere i propri interessi con altri. E si capisce che l’editore è autore, impaginatore, stampatore, è in toto quella particolare pubblicazione che spesso rimane copia unica, molte delle quali finite nell’archivio di Antonio Baglivo e che ora possono essere viste nelle teche dell’Archivio di Stato.
La mostra doveva svolgersi lo scorso autunno, ma come tante altri appuntamenti, fu rimandata per la persistenza dell’emergenza pandemica.
Nella presentazione contenuta in un pieghevole, Antonio Baglivo scrive: «Tra mille incertezze, limitazioni e paure, caparbiamente, con la passione di sempre anche quest’anno l’archivio “Ibridifogli” si ripropone come promotore di una mostra dedicata al libro d’artista nelle sue molteplici declinazioni. Una mostra che ancora una volta vuole essere stimolo per una riflessione e un approfondimento serio su una pratica diffusa ormai in ogni ambiente artistico, in ogni tendenza e in ogni area geografica».
E la mostra di quest’anno innesca più di una riflessione su quello che è il concetto dell’arte. Innanzitutto queste pubblicazioni autonome, che sono al di fuori di quel circuito di riviste patinate, edite da imprenditori nel segno, giustamente, di un ritorno economico, per cui non contemplano le “forme e le modalità artistiche non riconosciute, che non sono in linea o che agiscono in ambiti e tendenze autonome”.
Da queste considerazioni nacque l’esigenza di alcuni gruppi, e anche di singoli artisti, di produrre in proprio una espressione di comunicazione con gli altri di un lavoro, una ricerca, una manifestazione comunque d’arte.
E furono le prime “riviste”, primi importanti laboratori poetici, strumenti delle nuove avanguardie, come TamTam, Techne, Ana Eccetera, Lotta Poetica, vero laboratorio, quest’ultimo, poetico-politico nei cui numeri si sono alternate importanti personalità dell’arte e della poesia sperimentale. In ambito campano, un considerevole ruolo ha avuto la rivista “Linea Sud” diretta da Luigi Castellano, “alla quale seguirono molte altre esperienze editoriali – ricorda Baglivo – che videro come collaboratori poeti del calibro di Stelio Maria Martini, Luciano Caruso e Franco Cavallo”. Una esperienza che nel salernitano vide la presenza della rivista “Taide – Materiali minimi” luogo dell’anima per incontri d’arte e cultura, diretta da Pietro Lista, con contributi di Rino Mele e Rubina Giorgi, nonché la rassegna di scritture sperimentali “La Chimera” a cura di Maria Teresa Schiavino, Roberto Lombardo e Claudio Forziati, senza dimenticare “Lapis Arte” di Carmine Limatola meglio conosciuto con lo pseudonimo di Ableo.
Quegli anni sessanta-settanta del secolo scorso videro grandi fermenti letterari e artistici. Esposizioni di pittori si alternavano in gallerie come “Dado Due” di Antonio Baglivo, “La seggiola”, “Galleria Delta”, “la Bottegaccia” di Enzo Castaldo, “Il Catalogo” di Lelio Schiavone. Luoghi intorno ai quali ruotava l’intellighenzia salernitana. Erano, infatti, anni in cui sulla scena letteraria e artistica di questa città meridionale aperta ad anfiteatro sul mare, si muovevano da protagonisti Filiberto Menna, Edoardo Sanguineti, Achille Bonito Oliva, Angelo Trimarco, Aldo Falivena, Nicola Fruscione, Ugo Marano. Era la “Città rimossa” troppo in fretta, stritolata dal vuoto culturale che ha caratterizzato questi ultimi anni.
La mostra di Antonio Baglivo in corso all’Archivio di Stato è dunque un “viaggio inverso” nella seconda metà del secolo scorso, un viaggio non solo nella “città operativa” di culture quale era Salerno, ma anche in un ambito più ampio quale può essere quello nazionale e internazionale (si citano ad esempio “Paper police” di Jurghen O. Olbrich e “Mani-art” di Pascal Lenoir). Non va dimenticato che alcune riviste-fanzine nazionali sono state il palcoscenico d’arte per personaggi come Roberto Benigni, Leo De Berardinis e Memè Perlini, per citarne qualcuno.
E accanto alle fanzine, in questa esposizione, vi sono i libri d’arte, quel materiale dove il segno artistico si accompagna a quello letterario o poetico, in un “ibridolibro” che, tirato in poche copie e a volte unica copia, rimane privilegio di pochi fruitori.
Sono ben 62 i nomi di artisti, poeti, scrittori presenti in mostra, tra i quali balzano alla nostra conoscenza Loredana Gigliotti, Pino Latronico, Armando Cerzosimo, Pio Peruzzini, Gaetano Paraggio, Ilia Tufano, Ida Mainenti, Giovanna Russolillo e il compianto Cosimo Budetta, amico di lunga data di Baglivo e al quale è stato reso giusto omaggio con la presenza di suoi testi.
Iniziativa tutta salernitana e di particolare interesse è il numero zero, di fresca pubblicazione, di “Civico 23” rivista assemblata in scatola prodotta da “No-profit Art Space” e che raccoglier opere di ventitré artisti nazionali, prodotta in sole sessanta copie numerate.
Visitare questa esposizione è acquisire conoscenze nuove e particolari al proprio bagaglio culturale, ma soprattutto è un arricchimento di saperi personali in un settore che certamente non gode, per quantità di produzione, di un vasto pubblico: solo in questa esposizione, infatti, è possibile ammirare certe riviste per “fanatici”, certi libri per pochi privilegiati. Ma, a sentire Antonio Baglivo, la cosa non finisce qui.
Vito Pinto