La toponomastica ci insegna che il nome di un luogo spesso ne racconta l’origine, altre la formazione, altre ancora qualche caratteristica o peculiarità. La cittadina di Agropoli, il cui centro storico di origine greco bizantina, sorge su un rilievo roccioso caratterizzato da una rupe che affaccia sul porto, è, per questa sua conformazione geografica e per la sua storia, a tutti gli effetti, un’ Acropoli. Il suo centro nevralgico è posto in alto, come un cerebro che dai suoi punti nervosi invii messaggi e impulsi elettrici al resto del corpo. Un osservatorio che, servendo da difesa dalle incursioni nemiche, si definisce come ulteriore narrazione delle vicende che animarono i suoi luoghi. Vicende spesso sanguinose, le quali, a partire dall’assalto dei Vandali nel V secolo, e passando per il dominio saraceno, conducono, quindi, alla costituzione di un vescovato e al potentato del conte Giovanni Sanseverino, per poi passare sotto il dominio reale di diverse casate fino all’abolizione del sistema feudale.
La storia di Agropoli, borgo marittimo situato alle porte occidentali del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, non manca perciò di elementi romanzeschi, né la sua conformazione paesaggistica elemosina attenzione da parte dei numerosi turisti che ogni anno ne affollano gli scaloni, inerpicandosi nella salita verso le mura e il portale di accesso al Castello Angioino-Aragonese. La città murata è caratterizzata dallo spazio racchiuso delle strade strette, ai confini delle quali le case, che seguono per lo più il tipo edilizio del Palazzo e della casa elementare, si distribuiscono secondo una specifica modalità di aggregazione a corte. Sorgono così angoli suggestivi che testimoniano una socialità cittadina gregaria, fatta di micromondi tuttavia mai isolati. Il restante tessuto urbano conta anche numerosi edifici di valore architettonico, che testimoniano tecniche costruttive tradizionali non più in uso, come i magazzini, i casini, le passolare e i palazzi nobiliari.
Le sue coste, poi, sono lambite da un Tirreno sacro: conservano infatti la memoria del passaggio del santo poverello di Assisi, cui è dedicata la baia così detta di San Francesco, con il sovrastante monastero e lo scoglio che reca su di sè la croce memoriale, posta lì a ricordo, appunto, della predicazione del santo alle creature del mare. Non lontana la pittoresca baia di Trentova, che prende il nome dal racconto del ritrovamento, nelle sue grotte rocciose, di trenta uova deposte dai gabbiani o dalle tartarughe marine. La passeggiata sul litorale agropolese, verso nord, conduce all’area archeologica di Paestum, con la quale la cittadina delle torri condivide un’unità di paesaggio. Un paesaggio storico-archeologico illustre, insediato dalla preistoria e testimone del confronto dei greci con gli etruschi lungo la linea del Sele e coi lucani sui rilievi dell’interno, un paesaggio, insomma, che sa farsi ricordare e che vive di una stretta simbiosi tra i suoi valori naturali e culturali. Un paesaggio culturale, non a caso, segnalato dall’Unesco nel patrimonio mondiale dell’umanità.
Francesca Schiavo Rappo