Con Michele D’Alto, medico cardiologo presso l’ospedale Monaldi di Napoli, originario di Monte San Giacomo parliamo della ipertensione polmonare, una patologia di cui si è discusso ampiamente e più diffusamente proprio in occasione della Giornata Mondiale a lei dedicata e che ha avuto luogo la scorsa settimana. “Si tratta di una patologia abbastanza rara che colpisce 50 individui su un milione – afferma lo stimato e apprezzato studioso – ed è caratterizzata da un restringimento delle arteriole polmonari che sono le arterie che portano il sangue ai polmoni, sangue che dovrà essere ossigenato. Quando si verifica, la conseguenza è uno scompenso cardiaco che interessa la parte destra del cuore, il ventricolo si dilata e il paziente inizia ad avere un senso di astenia, di stanchezza, di dispnea, di fame d’aria e da dei sintomi che possono essere un po’ confondenti ma abbastanza caratteristici di questa malattia”. Alla domanda cosa si può fare per prevenire una simile patologia, il dottor D’Alto, risponde: “Esistono tantissime forme di ipertensione polmonare. Le forme di ipertensione polmonare tipiche nell’anziano sono quelle legate a scompenso sinistro che si ripercuote sui polmoni che poi determinano uno scompenso alla parte destra del cuore. In questo caso la vera e propria prevenzione si fa attraverso la terapia e la cura dei cosiddetti fattori di rischio. Se un paziente è in fibrillazione atriale deve ottimizzare la frequenza cardiaca o cercare di far passare la fibrillazione ma questo è compito di noi cardiologi, se è in sovrappeso deve ridurre il suo eccesso ponderale, bisogna controllare la pressione arteriosa, fare un’eco per vedere se ci sono problematiche di tipo valvolare della mitrale e dell’aorta. Detto questo, se non è questa la problematica, ma è una problematica insita al circolo vascolare polmonare allora bisogna effettuare un cateterismo polmonare e poi passare la palla agli esperti di ipertensione polmonare come il nostro centro per dare le terapie specifiche. La diagnosi precoce e la cura dei fattori di rischio sono assolutamente importanti”. Su quanto conta seguire un corretto stile di vita, il dottor D’Alto, afferma: “Ciò è fondamentale perché da un punto di vista probabilistico o statistico, la presenza di tutti questi fattori di rischio che sono la dislipidemie cioè il colesterolo alto, il sovrappeso, la pressione alta, il fumo di sigaretta, l’ipertensione arteriosa, sono tutte condizioni che fanno aumentare e non provocano necessariamente scompenso cardiaco, cardiopatie ischemiche o ipertensione polmonare, ma possono far aumentare il rischio che queste condizioni patologiche si verifichino. Ovviamente anche l’assenza di questi fattori di rischio non ci pone a rischio zero, non significa che non si verificherà mai alcun problema ma la riduzione dei fattori di rischio assolutamente fondamentale”. Il dottor D’Alto risponde poi sulla possibilità di convivere con l’ipertensione polmonare: “Nella sua eccezione più classica, l’ipertensione arteriosa polmonare cioè la malattia primitiva del circolo vascolare polmonare che interessa più la media età ma può interessare anche i bambini e gli anziani è una patologia subdola che si avvale di una terapia che la fa parzialmente regredire, non più del 10% dei soggetti, guarisce completamente se non la gran parte dei soggetti ha un notevole beneficio e quindi riesce a compiere le sue attività quotidiane e riesce a fare una vita normale. Bisogna convivere con la malattia, farsi seguire da un centro esperto e farsi fare un follow up cioè occorre farsi fare dei controlli abbastanza stretti e ripetuti”. Su quanto la patologia dell’ipertensione polmonare può incidere sui pazienti affetti da Covid 19, il dottor D’Alto afferma: “I pazienti con ipertensione arteriosa polmonare sono pazienti fragili per definizione. Infatti nel nostro centro che è uno dei centri del network italiano ed europeo, secondo centro italiano per il numero dei pazienti seguiti e il quinto europeo, è un centro che ha vaccinato tutti i pazienti affetti da ipertensione arteriosa polmonare tanto che questa categoria interessa poche persone. Sono tremila persone in tutta Italia, invece, la forma secondaria è molto molto più diffusa. Nella forma primitiva o idiopatica, l’occorrenza del Covid è un bel problema, perché il circolo polmonare è già danneggiato e un’infezione da Covid aggiunge un po’ di benzina sul fuoco per cui i pazienti vanno vaccinati, devono fare grandissima attenzione in caso di infezione da Sars – CoV 2 cioè Covid 19, devono seguire tutte le raccomandazioni e tante specifiche”. La pandemia incide anche sull’accesso alle cure e sui ritardi relativi, a pagarne le conseguenze sono proprio gli ammalati: “Questa situazione ha inciso con due meccanismi diversi – dice ancora il dottor D’Alto – il primo meccanismo è stato la riduzione della possibilità di accedere alle cure soprattutto nel corso della prima fase quando eravamo tutti un po’ impreparati alla gravità e aggressività della pandemia e quello che si è ridotto magicamente ma anche drasticamente l’accesso alle cardiologie e ai pronto soccorso nel senso che la paura dell’infezione motivata ovviamente e a volte un po’ eccessiva faceva sì che i pazienti cardiopatici rimanessero a casa, per cui aumentavano i casi di scompenso non curati, i casi di infarto miocardico che non accedevano al servizio di emodinamica per fare un’angioplastica primaria, per cui questi sono stati i cosiddetti danni collaterali da Covid. Questo è stato il primo grosso problema. Cosa che è stata parzialmente o del tutto superata nella seconda e nella terza ondata. Un’altra problematica è legata al fatto che la mortalità, se ci pensiamo bene, è legata soprattutto alla comorbidità cioè è vero sono morti pazienti giovani privi di patologie e non lo possiamo negare però non possiamo dimenticare che la media delle persone che sono morte per il Covid tocca per lo più la media degli ottantenni o comunque persone che hanno molte comorbidità. Sappiamo tutti che l’anziano molto spesso è iperteso, ha il diabete, ha il colesterolo alto, ha una broncopneumopatia cronica, l’insieme di queste patologie, chiamate comorbidità, ha reso la storia naturale del Covid, molto molto più aggressiva. Quindi da un lato ridotto accesso alle cure e maggiore aggressività della patologia”. Su quanto sia importante vaccinarsi per chi è affetto da ipertensione polmonare o scompenso cardiaco: “Bisogna vaccinarsi tutti – conclude il dottor Michele D’Alto – bisogna avere una grandissima fiducia nella scienza e i vaccini rappresentano una delle massime espressioni della scienza degli ultimi decenni. Sicuramente vanno vaccinati tutti ma vanno vaccinati al più presto possibile, i soggetti anziani, i soggetti cardiopatici, i soggetti scompensati, i soggetti ossigeno dipendenti, quelli che hanno ipertensione arteriosa polmonare, una volta vaccinati questi la vaccinazione deve essere aperta a tutti. Ovviamente bisogna vaccinarsi facendo in modo che non vengano buttate via le dosi di vaccino. Ormai in Campania, ma in tutte le regioni d’Italia, c’è un atteggiamento molto positivo. Sappiamo che ci sono alcune persone che per ragioni valide oppure no, non si presentano il giorno della vaccinazione alla sede vaccinale e non bisogna buttare i vaccini ma mettersi in fila per averli e quelle dosi avanzate non vanno buttate nei cestini ma vanno erogate anche alle persone più giovani”.
Antonella Citro