Rosario De Siervi ha lasciato la vita a 75 anni il 15 aprile del 2021
Chi come me aveva una decina di anni indietro a Rosario, guardava questo giovane che vestiva, bene, aveva la moto e l’automobile, giocava da “libero” nella squadra del paese, era affabile con tutti e non attaccava mai brighe con nessuno
Bartolo Scandizzo
Recentemente, andando al cimitero di Piaggine per far visita al loculo dove è stata tumulata mia madre Giuseppina, con la coda degli occhi ho intravisto sulla bacheca posta a lato del cancello d’ingresso, un manifesto che annunciava la morte di Rosario De Siervi.
Non ho focalizzato subito a chi si riferisse l’annuncio, ma il cognome mi ha incuriosito e mi sono avvicinato per osservare la foto posta a corredo dell’annuncio mortuario: “… è morto all’età di 75 anni …”
La foto sbiadita che ritraeva il volto di Rosario mi ha lasciato interdetto!
Era tempo che non lo incrociavo quando mi recavo a Piaggine ma nessuno mi aveva mai accennato di problemi di salute che potessero far pensare alla fine della sua esistenza.
Rosario è stato un personaggio per la comunità “chiainara” fin da quando era giovanissimo. I suoi genitori lo avevano cresciuto in modo esemplare senza mai fargli mancare niente di tutte quelle “carezze” di modernità che già erano segni distintivi tra le tante famiglie che dovevano “sbarcare il lunario” e le poche che vivevano più agiatamente.
Il suo status symbol era più dovuto al fatto che, essendo Rosario figlio unico, i suoi genitori riversavano su di lui tutte le attenzioni. Ricordo Pasquale un artigiano muratore di grande perizia che insieme a Cosimo Pipolo e Elio D’Elia effettuarono la prima ristrutturazione della mia casa in via G. Ricci, e Grazia, casalinga, che rispondeva sempre con un sorriso quando da ragazzo salutavo passando davanti all’ingresso della sua casa situata sulla strada che porta all’Epitaffio …
La sua vita nel paese si svolgeva, come quella di tanti ragazzi della sua età, tra la scuola, il campo sportivo e la piazza detta “i purcili” con la quale facevano un tutt’uno.
Chi come me aveva una decina di anni indietro a Rosario guardava le generazioni che ci precedevano sulla strada della vita per scorgere barlumi di futuro. Nei confronti di questo giovane che vestiva, bene, aveva la moto, giocava da “libero” nella squadra del paese, era affabile con tutti e non attaccava mai brighe con nessuno … avevo sentimenti di malcelata ammirazione che non sfociava mai in invidia perché Rosario viveva il suo modo di essere senza arroganza.
Quando frequentava le scuole superiori fuori sede, tornava sempre al paese per far felici i genitori e rientrare nel gruppo di amici con i quali faceva sport e viveva la vita di “piazza”. Lo stesso accadde quando si iscrisse all’università conseguendo, con il tempo, la laurea in lettere che gli permise, poi, di intraprendere la carriera di docente.
Fu costretto, come tanti di noi, ad andare al Nord, in provincia di Varese, per dare il via alla sua carriera di docente, e questo fu per lui una sua prima vera assunzione di responsabilità individuale che lasciava fuori di suoi genitori e, con loro, la comunità che lo ha aveva sempre coccolato.
Anch’io, in quel tempo vivevo a Varese con la mia famiglia, e quando ci incontrammo a Piaggine in estate fu molto felice di comunicarmelo come se fosse venuto a vivere nella casa della porta accanto.
Non rimase molto a Gallaratese e tornò a Piaggine a vivere con i suoi genitori e ad insegnare in provincia di Salerno facendo la trottola da una scuola all’altra … infine arrivò a Piaggine!
Come si può capire da questo scritto, io non ho mai avuto molta frequentazione con Rosario nel corso della mia vita, infatti ci salutavamo sempre con molto garbo, scambiavamo frasi di circostanza, ci informavano della salute dei nostri genitori …
Solo in un’occasione mi soffermai a parlare con lui quando lo incontrai con una bambina che gli stringeva la mano e volle rendermi partecipe del fatto che viveva con lui che aveva accolto in casa insieme a sua madre.
Era raggiante nel comunicarmi che quella bambina era entrata a far parte della sua vita e lo rendeva euforico fino al punto di essersi trasformato completamente.
Fui felice per lui e, soprattutto, per quella creatura che era stata tratta da una condizione di disagio sociale e portata in una casa dignitosa e in una comunità che era già diventata la sua.
Dopo, aver preso consapevolezza della notizia, appena fuori dal cimitero, sulla strada che porta a Sacco, ho incontrato un amico al quale ho chiesto notizie in merito a come era morto Rosario. Lui ha allargato le braccia sconsolato dicendomi che era da qualche anno che stava male e versava in condizione psicofisiche difficili …
Non so se Rosario, nonostante i tanti amici che ha avuto nella sua giovinezza, ha vissuto la sua esistenza in solitudine;
Non so se sia mai stato felice perché il suo sguardo malinconico e il sorriso con il quale cercava di celarlo si sia mai trasformato in radioso;
Non so nemmeno se quando passava e ripassava per la piazza con la sua 500 o tutte le sue auto sportive elaborate e curate in ogni punto era soddisfatto di sé …
Io, però, posso testimoniare che, almeno una volta, l’ho visto orgoglioso e felice: quel giorno che Silvia, la “sua” bambina, lo teneva fiduciosa per mano e si faceva condurre da lui verso la vita che verrà!