Con un post sulla sua pagina Facebook, il sindaco della città dei templi, Franco Alfieri, ha annunciato che il comune ha messo “un’ipoteca” sostanziale per acquisire l’immobile partecipando all’asta giudiziaria che prevedeva la locazione dell’intera struttura per €50.000,00 all’anno. Questo in attesa di poterlo acquisire non appena si concretizzeranno le condizioni economiche per poterlo rigenerare a nuova vita. Un’esistenza nuova che potrebbe già esprimere il primo vagito in occasione della prossima Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico (BMTA) che dovrebbe tenersi nel prossimo autunno, come avviene da oltre 20 anni, a Paestum. È plausibile che l’amministrazione avrà messo nel conto che, risparmiando i costi di affitto o noleggio di strutture e spazi necessari per la realizzazione dell’evento (negli anni si è tenuta presso l’Hotel Ariston, sotto le sfere geodetiche acquistate dal comune e riallocate in due contrade e, infine presso il Savoy Beach Hotel), potrà compensare in toto o in parte, la spesa messa in bilancio per la locazione.
Relativamente invece alla vicenda che, nel tempo, ha portato l’ex tabacchificio al punto in cui si trova oggi, vale la pena ripercorrere la sua storia dal momento in cui è stata pensata negli anni ’20 del secolo scorso fino ai giorni nostri.
Che l’ex tabacchificio SAIM di Paestum fosse un reperto di archeologia industriale da tutelare anche mettendo in conto prospettive di riuso era un fatto diventato indiscutibile fina da quando, alla fine degli anni ’10 del 1° secolo del 3° millennio, fu impedito alla proprietà di ristrutturarlo prevedendo l’utilizzo di una parte per la realizzazione di appartamenti e un’altra da destinare a spazi pubblici concordati con l’amministrazione comunale del tempo.
L’ex tabacchificio del Cafasso era una delle numerose testimonianze di archeologia industriale presenti sul territorio della provincia di Salerno di industrie di trasformazione agricola della valle del Sele, oggi in gran parte dismesse e confuse dagli attuali agglomerati urbani, rischiano di essere cancellate e quindi dimenticate insieme alla memoria della fase storica che le ha generate, delle condizioni economiche, sociali e culturali che hanno caratterizzato una significativa fase dello sviluppo del territorio.
Per cui, il recupero e la salvaguardia, in particolare dei tabacchifici e degli stabilimenti SAIM della piana del Sele, è un imperativo categorico se si vuole andare verso quella direzione.
In tale contesto, nacque l’elaborazione di un progetto di recupero e valorizzazione dell’ex tabacchificio SAIM di Borgo Cafasso situato in prossimità dell’area archeologica di Paestum.
L’indagine storico-urbanistica e progettuale fu elaborata su proposta dell’arch. F. Martino nell’ambito di una ricerca di tesi della Facoltà di Architettura di Napoli ”Federico II”, e successivamente sviluppata ed approfondita secondo gli indirizzi forniti dalla stessa Soprintendenza BAPPSAE e dal comune di Capaccio.
Essa si sviluppa quale concreta proposta di intervento di restauro del manufatto industriale e riconversione a polo fieristico-espositivo con l’obiettivo di tutela attivamente il bene, promuovendone il suo riuso sostenibile e la valorizzazione dei manufatti e dell’ambiente circostante.
Sono stati Francesco Bignardi e Paolo Calderaro ad elaborare uno studio per un riuso come spazio esposizioni temporanee e permanenti, per il turismo e la promozione delle filiere produttive locali.
L’ex tabacchificio di Capaccio-Paestum fu magnificato come le maggiori espressioni dell’archeologia industriale della Piana del Sele da Gillo Dorfless, una delle personalità artistiche più attente, colte e sofisticate del Novecento.
Pertanto la fattiva collaborazione e il confronto tra l’amministrazione locale, il proprietario del manufatto industriale e il gruppo di ricerca ha consentito di pervenire ad una soluzione capace di superare l’impasse giuridico-amministrativa che da diversi anni grava sull’area.
I vincoli dell’area d’intervento; la linea ferroviaria; il paesaggio agrario; il delicato rapporto con l’esile tessuto rurale del borgo; la conservazione del manufatto esistente; le condizioni climatiche e l’attenzione ad una progettazione ecologicamente responsabile; le stesse contraddizioni, insite nel programma di intervento, hanno costituito un prezioso stimolo per la ricerca di soluzioni progettuali, permettendo, oltretutto, di verificare la sostenibilità degli obiettivi e delle scelte proposte.
Nasce così l’idea di un progetto unitario che, garantendo la conservazione e la tutela delle parti più interessanti, non rinuncia ad un’azione di valorizzazione ed innovazione, mediante la progettazione di un nuovo sistema viario che riapre al “dialogo” con la piazza del Cafasso, invertendo il sistema di ingresso da Sud a Nord e favorendo una progettazione del “vuoto”, capace di qualificare e di rivitalizzare l’insediamento rurale nel suo complesso. L’armatura del nuovo, senza voler essere affatto autoreferenziale, si rapporta con il borgo attraverso le linee sinuose della copertura che, pur denunciando la modernità dell’opera, trae comunque le sue radici e connessioni dallo stesso contesto paesaggistico.
Bartolo Scandizzo