Il Dipartimento finanze stima che le spese per sistemare le case italiane dopo la nuova legge possano salire del 30-35%. Questo grazie alla “norma 110%” che incentiva la riconversione energetica e lo sviluppo del patrimonio immobiliare, con forti detrazioni fiscali dilazionate su cinque anni.
La principale novità riguarda l’aumento delle aliquote di detrazione, fino al 110%, per interventi di riqualificazione energetica e messa in sicurezza degli edifici. Sono facilitazioni introdotte nel 2013, e che allora si sono rivelate un puntello importante per il settore, con flussi rilevanti di domanda aggiuntiva.
Da luglio 2020 le aliquote detraibili per gli interventi di efficientamento energetico (il cosiddetto “ecobonus” della vecchia legge) e antisismico (“sisma bonus”), rispettivamente del 65% e del 50% dei lavori, saliranno al 110%. La stessa detrazione al 110% varrà anche per altri lavori di riqualificazione energetica, restauro facciate o installazione di impianti fotovoltaici per produrre elettricità.
I nuovi incentivi si applicano “agli interventi effettuati dai condomini, dalle persone fisiche, al di fuori dell’esercizio di attività di impresa, arti e professioni, e dagli Istituti autonomi case popolari”.
Se il signor Rossi svolge lavori che ricadono negli interventi considerati per 10 mila euro, riceverà alla dichiarazione dei redditi una detrazione pari al 110% della fattura (qui 11.000 euro), da usare in compensazione per 2200 euro l’anno in cinque dichiarazioni.
I lavori agevolati hanno delle soglie massime:
Fino a 60 mila euro “per numero di unità immobiliari” (nel caso di abitazioni in condominio) per interventi di isolamento termico;
fino a 30 mila euro per numero di unità immobiliari per quelli sulle parti comuni e sulla climatizzazione;
fino a 10 mila euro per numero di unità immobiliari per quelli sulle caldaie a gasolio (almeno di classe A);
fino a 48 mila euro, o 2.400 euro per Kwh di potenza nominale, per gli impianti fotovoltaici.
Il credito sarà cedibile a terzi di ogni tipo senza limiti. Nel caso il committente lo giri all’impresa che fa i lavori, li otterrà senza versare un euro: lo sconto applicato sarà identico alla fattura (100%), poi l’impresa recupererà il credito d’imposta in cinque anni dalle sue tasse. Se invece chi fa i lavori cederà il credito fiscale a una compagnia assicurativa, potrà beneficiare del 90% della somma per stipulare una contestuale polizza su rischi di calamità (finora quella detrazione è del 19%).
Un’opzione alternativa, prevista cambiando le norme sulla cedibilità delle detrazioni, consente a chi commissiona i lavori o all’impresa che li fa di vendere a banche o altri intermediari la detrazione, per dare liquidità immediata all’edilizia, alle condizioni commerciali applicate dalle banche o dai grandi gruppi dell’energia (Enel, Eni e Snam tra questi), e creare un mercato dei crediti fiscali a prezzi tali da coprire almeno il costo dei lavori.
Per esempio, se l’impresa Rossi spa fattura 10 mila euro al signor Bianchi, che non la paga ma le gira la detrazione fiscale, questa avrà 11 mila euro da compensare in cinque anni. Se poi sceglie di cedere il credito d’imposta all’impresa Verdi, sia una banca o una rivale, riceverà liquidità secondo gli usi commerciali: con uno sconto, poniamo, del 9%, la Rossi spa incasserebbe 10.010 euro, e alla Verdi resterebbero 11 mila euro di credito d’imposta per abbattere le sue tasse in cinque ratei di 2.200 euro l’anno, in un volano moltiplicatore di sconti e, si spera, commesse.
Bartolo Scandizzo