Esserci o non esserci? È questo il problema di alcuni comuni salernitani, in relazione all’area Parco. Si tratta di una tematica già discussa e di recente tornata alla ribalta per via dell’iniziativa dei comuni di Petina, Polla e Sant’Arsenio.
I 3 centri, che rientrano nel territorio Vallo di Diano-Alburni e nelle “aree contigue”, hanno, infatti, proposto in sinergia la modifica del piano del Parco Nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
L’obiettivo è di svincolarsi dalla zona protetta, in modo da sbloccare il settore silvo-agro-pastorale che, stando a quanto sostenuto dagli enti in questione, rappresenta la base fondamentale per l’economia del territorio.
I paesi in questione rientrano nei confini del Parco e ciò implica l’esistenza di una zona di riserva integrale protetta, con relativi vincoli, tra cui il divieto di raccogliere i prodotti del sottobosco e di effettuare tagli boschivi.
“Con la richiesta – sottolinea il sindaco di Polla Massimo Loviso – si chiede l’affrancamento di queste aree. Il non consentire nulla, nemmeno la pulizia del sottobosco, non sempre è rispettoso della natura. Sono fiducioso che quanto richiesto possa essere accolto e dare il via libera anche alle tante aziende boschive della zona e ai privati proprietari di boschi, in modo da programmare le attività lavorative più opportune”
Negli anni sono stati diversi i centri che hanno chiesto di svincolarsi dall’area Parco. Al riguardo, nel 2015 il consiglio comunale di Ottati ha manifestato la volontà unanime di intraprendere ogni azione utile per fuoriuscire dal perimetro del Parco del Cilento Vallo di Diano e Alburni.
In tal senso l’amministrazione ha posto l’accento sul divieto di cacciare i cinghiali. Provvedimento che, stando a quanto sostenuto, avrebbe contribuito a danneggiare il territorio e le colture.
In riferimento, poi, al Vallo di Diano, anche il Comune di Sanza ha avviato una raccolta firme per uscire dal Parco. L’iniziativa è stata promossa dal Comitato cittadino “Basta soprusi”.
La raccolta di firme ha contraddistinto anche il centro di San Mauro Cilento. I residenti, nel caso specifico, hanno richiesto un referendum popolare, al fine di poter decidere se restare o meno nell’area Parco. Alla base dell’insofferenza sempre i troppi vincoli, che secondo i promotori, hanno gravato sulle attività quotidiane dei cittadini.
E’, quindi, una questione “antica” quella legata all’abbinare l’area Parco ad un limite o ad un’opportunità. I prodotti tipici, la biodiversità, le peculiarità storico-artistiche, le tradizioni, insomma tutto ciò che rientra nel patrimonio materiale ed in quello immateriale rappresenta un elemento fortemente caratterizzante un territorio e la propria identità.
E il Parco del Cilento, Vallo di Diano e Alburni un’identità chiara ce l’ha, così come risultano spiccate le peculiarità dell’area.
Ma quanto tutto questo si riflette sulle singole comunità?
Quanto il Parco dà ai comuni che comprende? E quanto essi danno al Parco?
La risposta presupporrebbe un lungo approfondimento, che ci riserviamo di fare prossimamente.
Per quanto riguarda, infine, dati e caratteristiche, il PNCVDA è stato istituito nel 1991. L’area naturale protetta misura circa 181mila ettari ed include i territori di 8 Comunità montane e di 80 Comuni. Il comune più piccolo è Serramezzana, mentre il più grande è Capaccio Paestum.
I vincoli e le restrizioni che gli enti rientranti nell’area devono rispettare, sono, ovviamente, diversi.
Il relativo piano del Parco suddivide il territorio in zone con differente grado di tutela e protezione.
Le categorie generali sono 4 e prevedono:
zone A, di riserva integrale;
zone B, di riserva generale orientata;
zone C, di protezione;
zone D, di promozione economica e sociale.
Nella zona A la fruizione ha carattere esclusivamente naturalistico, scientifico, didattico e culturale, e gli interventi sono conservativi.
Nella B gli usi e le attività hanno carattere naturalistico, e comprendono la fruizione che può avere anche carattere sportivo o ricreativo. Sono ammesse le attività agricole tradizionali e di pascolo brado.
Nella zona C gli interventi tendono alla manutenzione e riqualificazione del territorio agricolo e del patrimonio edilizio, al recupero delle aree degradate e alla conservazione delle risorse naturali.
La D, infine, è l’unica zona dove è possibile operare con maggiore libertà, pur sempre assicurando il rispetto della flora e della fauna.
Cono D’Elia