“Boschi e foreste nel Next Generation EU” prevede che nei prossimi 10 anni dovranno essere piantati oltre 200 milioni di alberi in più in Italia di cui 50 milioni entro 5 anni da oggi!
Sembrerà strano ma la “regione verde” compresa nel perimetro del Parco Nazionale dei Cilento Vallo di Diano e Alburni è ancora una volta in vantaggio rispetto a tante altre realtà dell’Italia.
Unitamente a tutte le altre aree protette del “Bel Paese” il nostro territorio ha già dato un contributo immenso nel compensare la presenza di anidride carbonica presente immessa nell’aria dopo la “rivoluzione industriale” e, in particolar modo, negli ultimi 50 anni a causa dell’aumento dell’uso idrocarburi per l’autotrzione che hanno alimentato la crescita delle problematiche ambientali in modo esponenziale nelle aree iper urbanizzate.
I presidii verdi istituiti all’inizio degli anni ’90 del secolo scorso hanno contribuito a mantenere in parte sotto controllo la qualità dell’aria almeno nelle realtà periferiche. Contestualmente, quelle stesse aree sono andate desertificandosi perdendo tanta parte della presenza umana che nei secoli precedenti avevamo contribuito a mantenere in equilibrio il sistema idrogeologico.
Lo spopolamento ha messo a dura prova la capacità della natura a conservarsi in piena efficienza per assolvere al compito di garantire condizioni minime di salvaguardia che consentissero l’esistenza in vita a flora e fauna autoctona e, in alcuni casi, anche importata da altre realtà alterando l’equilibrio preesistente: l’immissione di cinghiali provenienti dalle regioni balcaniche da parte delle associazioni venatorie è stata disastrosa!
Il decremento demografico, poi, ha ridotto il numero degli abitanti delle aree interne in modo preoccupante procurando “smottamenti” urbanistici per la mancanza di manutenzione del patrimonio abitativo abbandonato a sé stesso: chiusura delle scuole, riduzione dei servizi, scarsa manutenzione della strade di collegamento, travaso della popolazione attiva sulla fascia costiera o, come nel Vallo di Diano, nelle cittadine sull’altopiano, investimenti milionari per ristrutturare chiese, che restano chiuse, scuole da dove non giunge voce di bambini, conventi e palazzi rifatti e poi inutilizzati, strutture realizzate ex novo e destinate ad essere incubatrici di startup che non hanno mai aperti i battenti …
Solo gli interventi sui boschi Vetusti e gli studi progettati dal PNCVDA in collaborazione con alcune università, finanziati dal ministero dell’Ambiente e realizzati dalle imprese esecutrici, hanno dato un contributo significativo al mantenimento in vita del sistema boschivo salvaguardandone le peculiarità ambientali e scientifiche.
Una volta tanto siamo avanti rispetto a tante altre realtà che, nel tempo, hanno fatto strage del patrimonio “verde”, abbattuto boschi per far spazio all’urbanizzazione selvaggia dellepianure, costruito lungo le coste e addirittura nei canaloni fluviali …
Il buon senso dovrebbe smuovere le coscienze di quanti hanno a cuore la qualità dell’ambiente dove si vive che non è altro la stessa qualità della vita che oggi sono in tanti ad invidiarci: sono imolti a volersi spostare nei piccoli borghi italiani per vivere e lavorare in località dove trovare “spazio” è più importante del tempo necessario a svolgere le proprie attività.
In fondo, quello che serve oggi è la massima velocità e capienza di connessione al mondo tramite la rete e la massima tranquillità di vivere con la propria famiglia in posti dove si può respirare aria buona e muoversi in spazi aperti e commisurati alla dimensione umana.
Saremo capaci di trovare un equilibrio tra la nostra necessità di valorizzare il patrimonio ambientale che la sorte ha voluto preservare proprio per noi che lo abitiamo, oppure, ancora una volta, dovremo accontentarci delle briciole che, come nel passato, hanno lasciato quelli arrivati da altri “pianeti” e sono stati in grado di capire più di noi l’importanza del patrimonio che abbiamo ricevuto in eredità dalla “Storia”?
Bartolo Scandizzo
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