E’ risaputo che la conformazione geo-topografica della “sub regione amalfitana”, da Vietri a Positano ed oltre, si sviluppa in verticalità più che in orizzontalità e che la creatività paziente e sapiente degli abitanti ha spinto a privilegiare, tra non poche difficoltà, lo sviluppo in direzione della collina e della montagna. E’ nata da questa esigenza una ricca e varia agricoltura, con le connotazioni uniche ed irripetibili altrove con un paesaggio rurale unico al mondo, esaltato ed ufficializzato anche nella motivazione dell’UNESCO, che dichiarava il territorio “patrimonio dell’umanità”: “La Costiera Amalfitana è un’area culturale in cui lo stile di vita si tramanda di generazione in generazione contribuendo a mantenere alte le tradizioni. La ricchezza paesaggistica, frutto sia dell’intervento dell’uomo, sia della mano benevola della natura, la rende inoltre un luogo ricco di fascino e di suggestione dove il mare e la montagna, passando attraverso ampi spazi delle coltivazioni si fondono in perfetta armonia”. E’ d’obbligo, allora, aggiungere alla orizzontalità ed alla verticalità anche la RURALITA’ con tutto lo scrigno ricco e vario dei suoi valori. Pertanto ritengo che sia monca, riduttiva e miope una politica dello sviluppo che non inglobi e privilegi le zone alte di Positano (Montepertuso e Nocelle), di Praiano, limoneti e vigneti delle colline che dirupano verso a Praia o ariose brillano nella luce inerpicandosi fino alla Parrocchiale di San Luca ed oltre verso Sant’Angelo a Tre Pizzi; di Conca e Furore, che arabescano di coltivi a cercare cielo nella gloria del sole verso Agerola; di Amalfi che seduce con la bellezza delle campagne di Pogerola, Vettica, Lone e Pastena che scivolano a mare e di Valle dei Mulini e Madonna del Rosario che espongono, memorie prestigiose di storia e tesori di bellezze inutilizzate, o quasi, nel silenzio assorto del fondovalle in gara con Pontone e Scala, che vi incombono con dirupi di orrida bellezza mozzafiato. E che dire di Atrani che, attraverso l’imbuto del Dragone, cerca cielo all’assalto ardito e sospirato di villa Cimbrone, vanto di Ravello, che espone all’ammirazione del mondo ville, chiese e monumenti, alberghi da guinness di primati, ma ignora, o quasi, la solare Torello o la schiva Sambuco, dove da secoli i contadini cantano il peana della fatica del vivere ed esaltano, con orgoglio, i coltivi degli orti che paion giardini. E potrei continuare con Minori, che recupera ed esalta funzionalità di Torre con la festa dei limoneti nel delirio di cielo e mare e con una piazza che si presta ad eventi di ineguagliabile spettacolarità, con Maiori che espone un territorio vasto, che dalla battigia s’inarca, attraverso terrazzamenti/macere, opere d’arte di contadini pazienti e sapienti a conquista di cime luminose dei Lattari; di Tramonti, che nella riservatezza operosa della gente di montagna è pronta a recitare il suo ruolo di un “brand”, come si dice oggi, dell’offerta del turismo del futuro di un territorio di “montiera” che è qualificazione, destagionalizzazione e diversificazione, con ambiente sano e ritmi umani.
Qui c’è ancora il mondo contadino con la SACRALITA’ dei suoi valori, che possiamo sintetizzare in: convivialità, tradizione, stagionalità, solidarietà, ecc.. E potrei continuare all’infinito.
Ma voglio chiudere con quella che potrebbe e dovrebbe essere un’appendice alla mia proposta di alcuni mesi fa della Istituzione del PARCO DIDATTICO DELLA MEMORIA COLLETTIVA DELLA COSTA DI AMALFI, che narri, anche visivamente, dando vita in loco a percorsi dimostrativi in giardini/attrezzati con specificità di colture (agrumi e viti, innanzitutto, ma non solo), seguendone le varie fasi dimostrative dall’impianto alla fruttificazione, quando è possibile, e ricorrendo, ove necessario, al supporto degli audiovisivi e della virtualità della telematica per completezza di “insegnamento”. Il PARCO si configura, cioè, come un MUSEO vivo, in cui si narrano visivamente le pagine esaltanti della storia del lavoro, delle attività, delle abitudini della quotidianità, come dei rari momenti di riposo e relax dei giorni di festa e, quindi, della vita nella evoluzione dei secoli delle comunità della costa, che, è bene precisarlo ancora, si configura come una sub regione in un unicum che la accomuna pur nelle immancabili diversità non sostanziali che contraddistinguono i paesi. Anche per questo si è ipotizzato in chiave socio/politica di CITTA’ COMPRENSORIO COSTA D’AMALFI con ramificazione stellare sul territorio.
Per capire a fondo la storia della Costa di Amalfi, un eventuale PARCO DELLA MEMORIA COLLETTIVA dovrebbe dedicare una sezione particolareggiata ed approfondita alle tradizioni religiose, soprattutto quelle legate ai Santi Patroni. E ne spiego, da laico, il perché in una breve sintesi.
I Santi Patroni consentono il recupero di un pezzo di storia religiosa, ma con un discorso aperto agli aspetti politici, civili, economici e di costume di un territorio che ha vissuto da sempre in equilibrio armonico tra terra e mare, montagna e costa. E i pericoli da cui chiedere protezione ai Santi vengono, in egual misura, dal mare e dalla terra. Il primo, quando si imbufalisce, può tentare assalti devastanti alle case adagiate pigramente nelle anse o appese, colorate, su rocce a strapiombo; e, quando è calmo, facilita approdi a predoni famelici di bottino e violenze. La seconda, se gonfia di pioggia, può spaccare muri di contenimento e tracimare nei corsi d’acqua limacciosi alberi e detriti a tumultuoso scivolo di morte verso la costa. Ed è per questo che Santi e Madonne, in statue lignee di mirabile fattura o in artistici busti argentei vegliano sulla incolumità dei fedeli nelle chiese trafitte da lame di luce attraverso vetrate policrome. E a più riprese, nel corso dell’anno, caracollano nella danza dei portatori tra piazze, strade e vicoli alla rifrangenza delle luminarie tra l’esplosione festosa delle granate a ricamo di cielo. Hanno suggestioni poetiche e tensioni emotive, le processioni: momenti magici di abbraccio corale tra Santo Protettore e comunità di fedeli. Le chiese della Costa sono, tutte o quasi, degli autentici musei per la ricchezza di dipinti d’autore, statue reliquari, preziosi arredi sacri, oggetti legati, per lo più, alla committenza di importanti personaggi storici. Si tratta di un patrimonio che va fruito sempre e dal maggior numero possibile di persone. Il turismo religioso in chiave culturale è un filone scarsamente considerato, eppure dai risvolti carichi di fecondi sviluppi, perché immette sul mercato chiese e santuari che già di per sé sono beni di straordinario interesse artistico e che acquistano ulteriore valore se si pone l’accento sullo scrigno dei tesori di cui sono custodi.
Proprio per questo, un itinerario attraverso chiese e santuari della Costa di Amalfi potrebbe essere ufficializzato in un depliant agile in grado di consigliare percorsi alla scoperta delle tante chiese, che, a volte, sono autentici gioielli d’arte. E’ un compito questo che di certo non può trascurare un Parco didattico della Memoria Collettiva teso a recuperare ed esaltare un territorio famoso in tutto il mondo per una ulteriore promozione in chiave di TURISMO CULTURALE .
Io, nonostante tutto, ci credo ancora. Se ci sono Politici, a tutti i livelli, che si sentono di correre l’esaltante avventura per loro e per il futuro delle loro comunità, mi contattino. Io ci sarò. A puro titolo indicativo ritengo che il PARCO vada allocato tra Maiori e frazioni basse di Tramonti, per la centralità rispetto all’intero territorio della Costa e per la ricchezza di spazi di cui dispone.
Giuseppe Liuccio